Visto che i tedeschi quando vanno all'estero pagano l'autostrada, gli stranieri devono fare altrettanto in Germania. La CSU aveva fatto di questa tesi un cavallo di battaglia in campagna elettorale. E ora sta trasformando in legge quella che molti considerano una norma discriminatoria. Ma che porterebbe a Berlino un guadagno netto di 500 milioni di euro l'anno
Alla cassa, prego. Ma non tutti. Dal 2016 scatterà uno “strano” pedaggio stradale in Germania. Che secondo le ultime stime, costerà fino a 2,6 euro in meno ai tedeschi e fino a 130 euro agli stranieri. Una tariffa discriminatoria a giudizio di molti esperti di diritto comunitario, ma che Berlino sembra intenzionata a introdurre per volere della CSU, il partito di raccolta della Baviera che ne aveva fatto uno dei cavalli di battaglia nella campagna elettorale di un anno fa. Una tariffa che risulterà indigesta a molti stranieri e che frutterà un gettito netto fra i 300 ed i 500 milioni l’anno: il nuovo prezzo della possibile antipatia verso un paese che già ha diversi detrattori nel Vecchio Continente.
Il provvedimento, una concessione di Angela Merkel agli alleati, è motivato come segue dal potente governatore della Baviera, Horst Seehofer: poiché quando i tedeschi vanno all’estero pagano le autostrade, gli stranieri devono fare altrettanto in Germania. Peccato che l’uomo forte del Land più ricco del paese abbia omesso di dire ai propri elettori che negli altri paesi i pedaggi vengono corrisposti da tutti, indipendentemente dalla targa della vettura e dalla nazionalità del conducente. In nessun altro Stato comunitario il pedaggio è solo a carico degli stranieri.
Dopo le elezioni, al ministero dei Trasporti è finito il fidato Alexander Dobrindt, segretario del partito, che nel giro di meno di un anno ha messo a punto il suo progetto: gli altri partiti della coalizione non si erano opposti all’idea di Seehofer, ma solo se il provvedimento non avesse gravato sui tedeschi, sfidando così le ire dell’Austria, che ha già manifestato l’intenzione di rivolgersi al tribunale europeo. Il ministro ha trovato una formula all’“italiana” per provare ad aggirare gli ostacoli comunitari: con una norma introduce il pedaggio e con un’altra alleggerisce la tassa di circolazione nella stessa misura (un simile principio era stato già bocciato agli inizi degli anni ’90), finendo con l’addebitare l’intero costo dell’operazione agli automobilisti stranieri.
In ogni caso, non dovrebbero esserci controlli perché le rilevazioni sul pagamento verranno fatte attraverso il sistema elettronico di vigilanza che già monitora i transiti dei veicoli industriali lungo le “autobahn”. I tir stranieri sono il 37% di quelli che transitano attraverso la Germania e già finanziano per un quarto i costi annuali di manutenzione della rete (4,5 miliardi). Insomma: per i tedeschi solo una partita di giro che, nella peggiore delle ipotesi avrà lo stesso costo della tassa di circolazione attuale. Agli stranieri toccherà invece pagare per viaggiare sui quasi 13.000 km di rete autostradale: 100 euro l’anno, oppure 22 per due mesi o 10 per dieci giorni, con un sistema simile a quello della “vignette” Svizzera. Sulla rete ordinaria, invece, continueranno a non dover pagare.
Dobrindt ha già dovuto incassare diverse critiche. E, almeno in parte, ha già compiuto una retromarcia. Inizialmente il progetto prevedeva l’introduzione di un pedaggio su tutte le strade, ma alcuni land “di frontiera” come Rheinland-Pfalz, Baden-Württemberg e Nordrhein-Westfalen (e, paradossalmente, perfino dalla “sua” Baviera si erano alzate voci critiche) avevano fatto presente il rischio di una contrazione delle attività di confine.