Da oggi primo novembre Jean-Claude Juncker è ufficialmente il nuovo presidente della Commissione europea.
Dopo dieci anni, lascia la guida dell’Esecutivo dell’Ue José Manuel Barroso. Nonostante i due mandati consecutivi, il portoghese non entra nel pantheon dei migliori presidenti del Berlaymont (l’edificio principale della Commissione europea). Il suo ricordo rimarrà un’immagine sbiadita di una mancata leadership, di una presidenza tecnica che non ha mai fatto quello che avrebbe dovuto fare: costituire una leadership chiara e autorevole per l’Unione europea e per i suoi 28 Stati membri.
La colpa principale di Barroso in questi dieci anni è sostanzialmente una: non è stato un presidente. Nonostante i nuovi poteri attribuiti al Parlamento europeo dal Trattato di Lisbona, la Commissione europea resta il vero e proprio esecutivo dell’Unione europea, l’istituzione che non solo ha potere di proporre le leggi ma soprattutto di farle rispettare. Ebbene Barroso in questi dieci anni si è rivelato un prone esecutore del volere degli Stati forti che hanno fatto sentire la propria voce attraverso il Consiglio europeo (l’istituzione che ne rappresenta gli interessi in Europa). Non ci sono ricordi di una suo alzar la voce di fronte ad una decisione discutibile dei “falchi d’Europa”. D’altronde, molto probabilmente, era stato nominato solo per obbedire agli ordini.
È vero, in questi anni c’è stata la crisi economica e tutto quello che ne consegue. Ma proprio in questo periodo ci sarebbe stato bisogno di un presidente che facesse sentire la propria voce nell’interesse di tutti i cittadini europei, soprattutto di quelli maggiormente colpiti dalla crisi, e non di un contabile che si limitasse a fare da cassa di risonanza dei maestrini del nord Europa.
Da Jean-Claude Juncker ci si attende una sola cosa: leadership politica. Le belle parole e gli ideali europeisti non bastano più. Juncker – sul cui sito campeggia lo slogan “president elect” – deve dimostrarsi all’altezza della grancassa degli ultimi mesi che ne ha accompagnato l’elezione come “espressione del voto popolare”. Il presidente della Commissione europea deve assumere una guida politica e non tecnocratica di un’Europa in crisi non solo dal punto di vista economico ma soprattutto sociale, con sempre più cittadini che hanno perso la fiducia e orde di euroscettici ai quattro angoli del continente.
Sarebbe ingenuo aspettarsi troppo. Juncker non è certo un homo novus della politica europea. Appartiene alla famiglia dei popolari, la stessa di Barroso, e come presidente dell’Eurogruppo non si è di certo stracciato le vesti per i più deboli. Tuttavia la sua statura politica è sicuramente superiore a quella di Barroso, può contare sull’appoggio di un Parlamento europeo rafforzato e il suo collegio di Commissari è sicuramente più politico di quello di Barroso. Insomma volendo potrebbe mettere la Commissione europea sulla giusta strada. Una cosa è certa: altri cinque anni di leadership flop l’Europa non può proprio permetterseli.
@AlessioPisano
www.alessiopisano.com
Alessio Pisanò
Giornalista freelance Bruxelles
Zonaeuro - 1 Novembre 2014
Da Barroso a Juncker , la Commissione europea cambia la testa
Dopo dieci anni, lascia la guida dell’Esecutivo dell’Ue José Manuel Barroso. Nonostante i due mandati consecutivi, il portoghese non entra nel pantheon dei migliori presidenti del Berlaymont (l’edificio principale della Commissione europea). Il suo ricordo rimarrà un’immagine sbiadita di una mancata leadership, di una presidenza tecnica che non ha mai fatto quello che avrebbe dovuto fare: costituire una leadership chiara e autorevole per l’Unione europea e per i suoi 28 Stati membri.
La colpa principale di Barroso in questi dieci anni è sostanzialmente una: non è stato un presidente. Nonostante i nuovi poteri attribuiti al Parlamento europeo dal Trattato di Lisbona, la Commissione europea resta il vero e proprio esecutivo dell’Unione europea, l’istituzione che non solo ha potere di proporre le leggi ma soprattutto di farle rispettare. Ebbene Barroso in questi dieci anni si è rivelato un prone esecutore del volere degli Stati forti che hanno fatto sentire la propria voce attraverso il Consiglio europeo (l’istituzione che ne rappresenta gli interessi in Europa). Non ci sono ricordi di una suo alzar la voce di fronte ad una decisione discutibile dei “falchi d’Europa”. D’altronde, molto probabilmente, era stato nominato solo per obbedire agli ordini.
È vero, in questi anni c’è stata la crisi economica e tutto quello che ne consegue. Ma proprio in questo periodo ci sarebbe stato bisogno di un presidente che facesse sentire la propria voce nell’interesse di tutti i cittadini europei, soprattutto di quelli maggiormente colpiti dalla crisi, e non di un contabile che si limitasse a fare da cassa di risonanza dei maestrini del nord Europa.
Da Jean-Claude Juncker ci si attende una sola cosa: leadership politica. Le belle parole e gli ideali europeisti non bastano più. Juncker – sul cui sito campeggia lo slogan “president elect” – deve dimostrarsi all’altezza della grancassa degli ultimi mesi che ne ha accompagnato l’elezione come “espressione del voto popolare”. Il presidente della Commissione europea deve assumere una guida politica e non tecnocratica di un’Europa in crisi non solo dal punto di vista economico ma soprattutto sociale, con sempre più cittadini che hanno perso la fiducia e orde di euroscettici ai quattro angoli del continente.
Sarebbe ingenuo aspettarsi troppo. Juncker non è certo un homo novus della politica europea. Appartiene alla famiglia dei popolari, la stessa di Barroso, e come presidente dell’Eurogruppo non si è di certo stracciato le vesti per i più deboli. Tuttavia la sua statura politica è sicuramente superiore a quella di Barroso, può contare sull’appoggio di un Parlamento europeo rafforzato e il suo collegio di Commissari è sicuramente più politico di quello di Barroso. Insomma volendo potrebbe mettere la Commissione europea sulla giusta strada. Una cosa è certa: altri cinque anni di leadership flop l’Europa non può proprio permetterseli.
@AlessioPisano
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Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi aerei non scoraggeranno i ribelli yemeniti, i quali risponderanno agli Stati Uniti. Lo ha scritto sui social Nasruddin Amer, vice capo dell'ufficio stampa degli Houthi, aggiungendo che "Sana'a rimarrà lo scudo e il sostegno di Gaza e non la abbandonerà, indipendentemente dalle sfide".
"Questa aggressione non passerà senza una risposta e le nostre forze armate yemenite sono pienamente pronte ad affrontare l'escalation con l'escalation", ha affermato l'ufficio politico dei ribelli in una dichiarazione alla televisione Al-Masirah.
In un'altra dichiarazione citata da Ynet, un funzionario Houthi si è rivolto direttamente a Trump e a Netanyahu, che "stanno scavando tombe per i sionisti. Iniziate a preoccuparvi per le vostre teste".
Damasco, 15 mar. (Adnkronos) - L'esplosione avvenuta nella città costiera siriana di Latakia ha ucciso almeno otto persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale Sana, secondo cui, tra le vittime della detonazione di un ordigno inesploso, avvenuta in un negozio all'interno di un edificio di quattro piani, ci sono tre bambini e una donna. "Quattordici civili sono rimasti feriti, tra cui quattro bambini", ha aggiunto l'agenzia.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Almeno nove civili sono stati uccisi e nove feriti negli attacchi statunitensi su Sanaa, nello Yemen. Lo ha dichiarato un portavoce del ministero della Salute guidato dagli Houthi su X.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Sono lieto di informarvi che il generale Keith Kellogg è stato nominato inviato speciale in Ucraina. Il generale Kellogg, un esperto militare molto stimato, tratterà direttamente con il presidente Zelensky e la leadership ucraina. Li conosce bene e hanno un ottimo rapporto di lavoro. Congratulazioni al generale Kellogg!". Lo ha annunciato su Truth il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Oggi ho ordinato all'esercito degli Stati Uniti di lanciare un'azione militare decisa e potente contro i terroristi Houthi nello Yemen. Hanno condotto una campagna implacabile di pirateria, violenza e terrorismo contro navi, aerei e droni americani e di altri paesi". Lo ha annunciato il presidente americano Donald Trump su Truth. Senza risparmiare una stoccata all'ex inquilino della Casa Bianca, il tycoon aggiunge nel suo post che "la risposta di Joe Biden è stata pateticamente debole, quindi gli Houthi sfrenati hanno continuato ad andare avanti".
"È passato più di un anno - prosegue Trump - da quando una nave commerciale battente bandiera statunitense ha navigato in sicurezza attraverso il Canale di Suez, il Mar Rosso o il Golfo di Aden. L'ultima nave da guerra americana ad attraversare il Mar Rosso, quattro mesi fa, è stata attaccata dagli Houthi più di una decina di volte. Finanziati dall'Iran, i criminali Houthi hanno lanciato missili contro gli aerei statunitensi e hanno preso di mira le nostre truppe e i nostri alleati. Questi assalti implacabili sono costati agli Stati Uniti e all'economia mondiale molti miliardi di dollari, mettendo allo stesso tempo a rischio vite innocenti".
"L'attacco degli Houthi alle navi americane non sarà tollerato - conclude Trump - Utilizzeremo una forza letale schiacciante finché non avremo raggiunto il nostro obiettivo. Gli Houthi hanno soffocato le spedizioni in una delle più importanti vie marittime del mondo, bloccando vaste fasce del commercio globale e attaccando il principio fondamentale della libertà di navigazione da cui dipendono il commercio e gli scambi internazionali. I nostri coraggiosi Warfighters stanno in questo momento portando avanti attacchi aerei contro le basi, i leader e le difese missilistiche dei terroristi per proteggere le risorse navali, aeree e di spedizione americane e per ripristinare la libertà di navigazione. Nessuna forza terroristica impedirà alle navi commerciali e navali americane di navigare liberamente sulle vie d'acqua del mondo".
Whasington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno affermato che gli attacchi aerei contro l'arsenale degli Houthi, gran parte del quale è sepolto in profondità nel sottosuolo, potrebbero durare diversi giorni, intensificandosi in portata e scala a seconda della reazione dei militanti. Lo scrive il New York Times. Le agenzie di intelligence statunitensi hanno lottato in passato per identificare e localizzare i sistemi d'arma degli Houthi, che i ribelli producono in fabbriche sotterranee e contrabbandano dall'Iran.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno detto al New York Times che il bombardamento su larga scala contro decine di obiettivi nello Yemen controllato dagli Houthi - l'azione militare più significativa del secondo mandato di Donald Trump - ha anche lo scopo di inviare un segnale di avvertimento all'Iran. Il presidente americano - scrive il quotidiano Usa- vuole mediare un accordo con Teheran per impedirgli di acquisire un'arma nucleare, ma ha lasciato aperta la possibilità di un'azione militare se gli iraniani respingono i negoziati.