Esecuzioni sommarie in Iraq e offensiva curda a Kobane, sul confine siriano della Turchia. Non si ferma la lotta allo Stato Islamico, battaglie che continuano a procedere sul doppio fronte iracheno e siriano. In Iraq, ad essere massacrati dalle esecuzioni dell’Isis sono stati 85 membri della tribù sunnita Albunimr nella provincia di Anbar, nell’Iraq occidentale. Tra loro, uccise anche diverse donne. Lo riferisce l’emittente al-Arabiya, citando fonti della sicurezza locale, secondo le quali almeno 35 cadaveri sono stati ritrovati in una fossa comune. Nei giorni scorsi erano stati scoperti oltre 200 cadaveri di appartenenti della stessa tribù, avversa all’Isis, nella provincia desertica che collega l’Iraq alla Siria. I jihadisti vogliono punire gli Albunimr per non aver appoggiato l’avanzata dei jihadisti verso Baghdad.
Siria, attivisti: “Uccidi 100 jihadisti in tre giorni”. Cento militanti appartenenti allo Stato islamico sono morti nei combattimenti degli ultimi tre giorni a Kobane, la città siriana a maggioranza curda assediata dall’Isis da oltre un mese. Lo hanno riferito sulla loro pagina Facebook gli attivisti dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, una ong con sede a Londra vicina all’opposizione. L’Osservatorio afferma che tra i 100 jihadisti ci sono anche anche agenti della polizia dello Stato islamico (hisba) venuti dalle regioni di Aleppo e Raqqa per sostenere l’assedio dell’Isis a Kobane. Tra le cause della morte dei miliziani, fa sapere sempre la onlus, non solo gli scontri con le milizie curde ma anche i raid della Coalizione guidata dagli Usa.
Onu, 1.300 morti in Iraq da inizio ottobre. Quasi 1.300 persone, di cui 856 civili e 417 membri delle forze sicurezza irachene, sono morte ad ottobre nelle violenze contro i jihadisti dell’Isis in Iraq. A dirlo un report della missione dell’Onu nel Paese. A settembre il bilancio era stato di 1.119 vittime. L’inviato della Nazioni Unite in Iraq, Nickolay Mladenov, ha espresso “la sua più grande indignazione di fronte alla morte di migliaia di persone”. Il picco di vittime in Iraq era stato raggiunto a luglio e ad agosto, con 1.737 e 1.420 morti. Più duro il bilancio dell’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), che sottolinea come i morti, solo ad ottobre, sono stati quasi 6.000, di cui 250 minori e 112 donne. Anche se la maggior parte dei morti sono miliziani, sempre secondo Ondus, ci sono almeno 1.064 vittime civili. Mentre nella trincea dei jihadisti dello Stato Islamico e dei qaedisti (Nusra) si contano 1.342 morti.
Ocalan: “I peshmerga sono arrivati troppo tardi”. Mentre continuano gli attacchi curdi contro l’Isis, venerdì 31 ottobre sono arrivati a Kobane i peshmerga inviati dalle autorità del Kurdistan iracheno per sostenere i curdi siriani delle Unità di Difesa del Popolo che combattono l’Isis. I peshmerga sono entrati nella città assediata a bordo di più di venti 20 veicoli. Secondo l’Osservatorio non si sono ancora scontrati con l’Isis. Dura la reazione del leader, in carcere, del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk): “I peshmerga sarebbero dovuti arrivare prima a Kobane”, è il commento di Abdullah Ocalan. Il leader ha comunque giudicato “positivamente” il dispiegamento dei peshmerga nella città al confine con la Turchia, dove l’Isis “ha fatto cose inaccettabili per l’umanità”, sottolineando che i combattenti inviati dalle autorità del Kurdistan iracheno possono essere di “grande aiuto ai fratelli” siriani che combattono i jihadisti.
Migliaia di curdi manifestano in Turchia. A sostegno della lotta contro lo Stato Islamico, diverse migliaia di curdi sono scese in piazza. Le manifestazioni, organizzate dal principale partito pro-curdo, il Partito Democratico del Popolo, si sono svolte in diverse città del Paese. La più grande si è tenuta a Diyarbakir, la capitale curda della Turchia, dove hanno sfilato pacificamente circa 15mila persone. A Istanbul sono scese in piazza un migliaio di persone, arrivando fino alla centrale piazza Taksim, simbolo della rivolta del Gezi Park, in mezzo ad imponente schieramento di forze dell’ordine.