La lectio magistralis del presidente boliviano Evo Morales che si è tenuta il 29 ottobre pomeriggio all’Università La Sapienza, ha costituito una buona occasione per apprendere il segreto del successo indiscusso di quella esperienza di governo, che ha raccolto perfino il plauso del Fondo monetario internazionale (scherzosamente Evo ha detto che si sono chiesti in cosa avessero sbagliato per avere tale plauso), nonché qualche patetico commento volto a distinguere i buoni (la Bolivia) dai cattivi (altri Paesi latinoamericani).
All’inizio hanno provato ad intimidirci, ha detto Evo. “Se fate le vostre scelte perderete gli investitori e vi faranno un vero e proprio blocco economico”, si affannavano ad ammonire i soliti disinteressati “scienziati” dell’economia. Evo ne parlò con Fidel, il leader storico di una nazione che subisce da oltre cinquant’anni un blocco economico molto pesante. Fidel ovviamente lo rincuorò e gli disse di andare avanti.
E andarono avanti. Poggiando su tre elementi, tre veri e propri pilastri della saggezza che Evo ci ha illustrato durante la sua lectio.
Primo, la Costituzione. Una Costituzione pressoché unica nel panorama internazionale, che istituisce uno Stato plurinazionale ed aspira a superare le storiche discriminazioni contro la maggioranza della popolazione, quella che la stessa Costituzione definisce “nación indígena y campesina”. Una Costituzione che, mediante vari meccanismi partecipativi e la garanzia effettiva dei diritti ha spostato il baricentro del potere dal governo al popolo. Altro che Renzi e le sue panzane neoautoritarie.
Secondo, le nazionalizzazioni. Prima, le risorse e gli impianti erano di proprietà di multinazionali che si portavano a casa loro quasi tutti i profitti. Oggi il rapporto si è invertito, grazie alla nazionalizzazioni. In alcuni casi, come per quanto riguarda l’azienda telefonica già di proprietà Telecom, è bastato un anno di profitto per pagare le indennità dovute agli espropriati.
Terzo, la redistribuzione del reddito. I soldi incamerati riprendendo il controllo delle imprese sono stati in buona parte devoluti a sussidii volti a migliorare il benessere del popolo. Non si tratta di una scelta populista e clientelare, come si affannano a starnazzare i suddetti “scienziati”, ma di un’opzione strategica. Aumentare il livello di salute e di istruzione di un popolo significa investire nel più importante capitale che esiste, quello umano. Questo i beoti neoliberisti cui interessa solo incrementare il capitale finanziario delle multinazionali non lo capiranno mai. Per questo non hanno futuro. Per questo i disgraziati Paesi che si affidano alla loro consulenza finiscono in genere molto male.
Grazie a questi tre elementi, che ovviamente sono fra loro combinati e reciprocamente dipendenti, il popolo boliviano ha ripreso il controllo del proprio futuro. Anche i dati meramente economici, come l’ammontare delle riserve e lo stato del bilancio statale, vanno bene. Ciò spiega gli elogi del Fondo monetario internazionale. Ma chissà se i tecnici del Fondo si rendono conto di quello che c’è dietro. Speriamo di sì.
Una lezione, quella di Evo Morales e del popolo boliviano che vale un po’ per tutti e anche per noi italiani, che stiamo percorrendo il cammino esattamente contrario: sempre meno diritti e poteri per il popolo; industrie svendute alle multinazionali; reddito distribuito in modo sempre più iniquo. E poi ci si stupisce se anche i dati della contabilità nazionale sono sempre peggio.
Ai tre pilastri della saggezza di Evo si potrebbero contrapporre i tre pilastri della scempiaggine di Renzi e di chi l’ha proceduto. Senza dimenticare un quarto pilastro, anche questo di fondamentale importanza, il codice morale andino “Ama Sua Ama Qhella Ama Llulla” (non rubare, non mentire, non essere pigro) che andrebbe applicato ovunque e in particolare qui da noi, a cominciare evidentemente da chi finge di governarci, accontentandosi di prendere ordine dalla Confindustria, dalla finanza, dalla Merkel o da Obama.