Sono lontani i momenti in cui la Festa della zucca in provincia di Piacenza era chiamata la “Capalbio del nord”, con l’immancabile sfilata di big del partito e ministri del Carroccio. Ora che il nuovo corso di Matteo Salvini è stato avviato da esattamente un anno, di feste se ne celebrano addirittura due. La Lega Nord si è divisa con un doppio evento sull’Appennino piacentino: a Ziano, sulle colline della Valtidone, la festa ufficiale con il segretario nazionale, il governatore lombardo Bobo Maroni, Mario Borghezio e il candidato del Carroccio alla presidenza dell’Emilia Romagna Alan Fabbri. Ma la festa ‘storica’ è stata per il nono anno consecutivo a qualche chilometro di distanza a Pecorara, una ‘Halloween padana’ che come di consueto ha avuto come ospiti d’onore Umberto Bossi e Giulio Tremonti.
Ancor più dei chilometri, una trentina, che dividono le due “kermesse”, la distanza appare ormai ideologica. Lo spostamento a destra del partito non è infatti avallato dal Senatur: “La Lega è nata con i valori dell’antifascismo” ha detto davanti a un piatto di tortelli e pochi fedelissimi al seguito, “non poteva essere altrimenti, io vengo da una famiglia di combattenti partigiani”. Il riferimento è all’alleanza tra il segretario del Carroccio, Matteo Salvini, e Casapound sancita due settimane fa in piazza a Milano, ma anche all’intervista del leader leghista alla trasmissione Piazza Pulita di lunedì 27 ottobre. In quell’occasione, il segretario su domanda del conduttore Corrado Formigli (“Lei è antifascista?”), ha risposto: “No io sono antirazzista”. Insomma, la frattura sancita proprio il 31 ottobre scorso, non solo sembra rimanere ma paiono sempre maggiori le distanze. I numeri sono impietosi, come venne registrato già dodici mesi fa quando, per scalare il partito, Salvini si spinse fino a Pecorara per stipulare con il Senatur il “patto della zucca” con il quale Bossi diede il via libera alle “primarie”. Anche allora, come oggi, poche decine i reduci al terremoto che aveva investito i vertici che decisero di tornare a Pecorara. Molti, invece – come oggi – coloro che si spostarono con il nuovo leader a Ziano, in quella che si può definire una Festa della zucca 2.0 in linea con il nuovo corso.
Quest’anno all’attuale segretario federale non è più stato necessario neppure rendere omaggio al fondatore della Lega con un saluto di passaggio. Anzi, tra il dolcetto o lo scherzetto, per Halloween, ha deciso di liquidarlo con il secondo, cioè una battuta: “Devo mantenere la linea, non mi posso permettere di partecipare a due feste”.
Un chiaro segnale di forza, con il quale Salvini ha spazzato via vent’anni di riunioni intorno al fuoco dell’immancabile castagnata, durante le quali Bossi e Tremonti, attorniati da ministri, sottosegretari ed esponenti locali da ogni parte del nord Italia, decidevano tra le altre cose le spartizioni di incarichi e di fondi del partito. Salvini, sempre seguito dai suoi fedelissimi “Giovani padani”, ha fatto un lungo tour elettorale nel Piacentino ma di Pecorara non ne ha proprio voluto sentir parlare. Ha manifestato contro l’ospitalità ai venti profughi alloggiati a Calendasco all’ostello “Le tre corone”, si è spostato a Rottofreno per un aperitivo con i militanti e ha trovato tempo perfino per portare solidarietà ad alcuni agricoltori aggrediti nei giorni scorsi a Sarmato.
I temi portati a Piacenza sono i cavalli di battaglia del “Matteo padano”. Sull’immigrazione: “E’ un tour della giustizia – ha detto davanti a un ostello che ospita venti profughi a Calendasco -, queste strutture devono tornare a disposizione degli emiliani che una casa non ce l’hanno. Mi sono stufato di pagare colazione, pranzo e cena a gente che bivacca, che non ha futuro, che non porta nulla e alla fine viene ritenuta clandestina. Qui dentro voglio gli italiani, mentre i profughi vorrei vederli andare a spalare un po’ di fango”. Oppure sul candidato alla presidenza per il Pd: “L’Emilia può liberarsi da settant’anni di regime. Stefano Bonaccini è il fantasma rosso che crede già di aver vinto, dopo tutti i disastri che ha fatto il suo partito con il sistema delle cooperative che ha ammazzato migliaia di imprese sane”.
La frattura, però, non è solo fisica ma anche ideologica. Perché la Lega Nord di Salvini si è chiaramente spostata a destra, prima con l’apparentamento europeo al Front National di Marine Le Pen e poi in casa nostra strizzando l’occhio a movimenti estremisti come Forza Nuova e Casa Pound, che infatti hanno risposto alla chiamata il 19 ottobre scorso davanti a piazza Duomo per la manifestazione intitolata: “Stop invasione”.
Una conversione sulla via elettorale per l’ex capolista della corrente dei Comunisti padani, che grazie ai “compagni” di allora, nel ’98, divenne segretario provinciale di Milano, che però non viene avallata dal vecchio leader. Nella stessa sera, seppur indirettamente, da Pecorara è arrivata la scomunica “storica” allo spostamento a destra. “La Lega Nord è nata in opposizione al centralismo e quindi in contrasto con il nazionalismo, che è accentratore – ha detto Umberto Bossi -, in più il movimento è dalle sue origini chiaramente antifascista. Non poteva che essere altrimenti, io vengo da una famiglia di combattenti partigiani”.