Calcio

Arbitro di calcio, mestiere pericoloso: in Italia più di una aggressione al giorno

Nella stagione 2013- 2014 ben 375 casi, quest'anno già 42: categoria abbandonata a se stessa. Il presidente Nicchi al fattoquotidiano.it: "Mai fatto abbastanza da chi di dovere".

E’ il 9 ottobre e Alessandro Comerci, 18 anni, arbitra Virtus Sanremo-Dianese. Un dirigente della squadra di casa lo colpisce con un violento pugno allo zigomo destro: venticinque giorni di prognosi per un fischio contestato in una partita di allievi provinciali. Giosj Castangia ha 24 anni ed è una guardalinee, il 21 settembre deve gestire un caldo finale di gara tra Lerici e Ortonovo, Promozione ligure. Si becca un forte calcio al fianco destro e uno al gluteo. Dieci giorni di prognosi. Settimana scorsa, Prima Categoria piemontese, siamo al 25esimo del secondo tempo tra Vanchiglia e Carrara 90. L’arbitro Umberto Galasso sventola il cartellino giallo in faccia a un giocatore di casa che per tutta risposta lo colpisce con uno schiaffo. L’aggressione di Luigi Cannas da parte del presidente del Sanluri (Eccellenza sarda) a metà settembre e i pugni incassati dal 17enne Luigi Rosato durante Atletico Cavallino-Cutrofiano sono solo gli ultimi sintomi di un cancro silenzioso che si annida nei polverosi campi della provincia italiana. E che dall’inizio della stagione conta già 42 casi.

Un’aggressione al giorno. Alla Sicilia la maglia nera
In Italia viene aggredito più di un arbitro al giorno. Nell’ultimo anno solare l’Osservatorio violenza dell’Associazione italiana arbitri ha registrato 376 episodi. Negli ultimi cinque sono stati 2365, con un picco di 630 durante i campionati 2010/11. La stagione conclusasi a giugno ha fatto segnare un leggero rialzo rispetto alla precedente arrivando a 375, di cui 303 aggressioni fisiche gravi. Novantotto nella sola Sicilia, seguita da Calabria (44), Campania (39) e Veneto (30). Ma anche in una regione meno violenta come il Lazio (17) si rintracciano storie di ordinaria follia.

Under 19, caso Campo Boario: pugni, sputi e vestiti nel water
Uno dei 61 casi che si sono verificati nel corso di partite del settore giovanile e scolastico è accaduto a fine maggio a Terracina, in provincia di Latina. Il dispositivo del giudice sportivo relativo alla sfida tra gli under 19 di Hermada e Campo Boario sembra la sceneggiatura di un film sul bullismo. Un giocatore del Campo Boario “colpiva violentemente (l’arbitro) con un calcio alla schiena facendolo cadere con la faccia a terra e costringendolo alle cure del pronto soccorso dell’ospedale di Formia che lo giudicava guaribile in sette giorni”. Alcuni suoi compagni di squadra continuavano il pestaggio con violenti pugni ai fianchi e alla schiena, sputandogli addosso e cercando di colpirlo al volto con una bandierina. Per poi entrare nello spogliatoio “mettendolo a soqquadro” e “disponendo dei suoi effetti personali ed indumenti, questi venivano gettati dentro il water”. La giustizia sportiva ha punito otto giocatori e l’allenatore per un totale di diciotto anni di squalifica.

Nicchi: “Il mondo federale si muova”
“Sono sei stagioni che lotto con tutti i mezzi possibili per risolvere un problema sottovalutato da cento anni. Ci sono responsabilità precise del mondo federale. È sempre stato fatto poco – attacca il presidente dell’Aia Marcello Nicchi – Picchiare centinaia di arbitri all’anno viene concepita come una cosa normale, ma non è accettabile. Non devono essere sfiorati”. Fanno parte del gioco, interpretano il ruolo più delicato. Eppure sono proprio gli altri protagonisti della partita i primi a scagliarsi contro di loro. Il 64 per cento delle aggressioni avviene per mano dei calciatori, una su cinque vede coinvolti i dirigenti e nel 18% dei casi i direttori di gara vengono presi di mira dai tifosi. “È una vergogna tutta nostra – prosegue il numero uno dell’Aia – Oltretutto in controtendenza rispetto alla qualità degli arbitri, in netta crescita”.

Picchiano soprattutto i calciatori: “La Serie A dia l’esempio”
Quello di Nicchi è uno sfogo e allo stesso tempo l’ennesimo appello. Perché se è vero che si verificano episodi di violenza nell’1% delle partite disputate, questa non è una faccenda da rinchiudere nella fredda statistica: “Trovo immorale farne un discorso di percentuali. Qui si parla di cultura sportiva, di rispetto. Ben venga la disamina degli errori ma si parli anche delle nostre virtù. Prendiamo le botte ma siamo quelli che arbitrano la finale mondiale. Il buon esempio deve arrivare dai giocatori delle serie più importanti, quelle esposte mediaticamente. I loro comportamenti, i loro sorrisini, le loro urla diventano schiaffi nei campionati dilettantistici e mancanza di cultura nel settore giovanile”. Da qui la decisione: “Perseguiremo tutti quando c’è violenza. Questa gente uccide il calcio e in un Paese civile finirebbe in galera. Dobbiamo cambiare orizzonte, parlando di prevenzione e divulgazione delle regole”.

Le violenze verbali e lettera di Rosato
Anche perché, oltre ai calci e ai pugni, resiste lo sterminato sottobosco delle offese che sfugge al radar dell’Osservatorio. Basta leggere quanto ha scritto il 17enne aggredito domenica scorsa a Cavallino, ringraziando genitori, amici e colleghi: “A te mamma, grazie, perché nonostante quella sola volta che sei venuta a vedermi arbitrare, dopo solo mezz’ora, ti sei allontanata non potendo sopportare i toni e le contestazioni che mi venivano rivolti e, nonostante ieri lavavi la mia divisa sporca di sangue con gli occhi lucidi di pianto, mi hai sempre incoraggiato e sostenuto con il tuo sorriso”. Tra qualche settimana Luigi Rosato tornerà in campo, giusto il tempo di far trascorrere i 21 giorni di prognosi. Per un nuovo fischio d’inizio.

Twitter: @AndreaTundo1