Renzi derubrica quel mondo a una parola che sembrava persa nel tempo, sinistra radicale, dice che la minoranza del Pd non gli toglie il sonno, che se se ne vogliano andare, facciano pure. Ma c’è qualcosa che non si può gestire, “riordinare”, con la questione di fiducia in Parlamento e con il voto blindato nelle direzioni del partito. “Gli interessi dei lavoratori non sono rappresentati” da questo governo né dal Pd. E se il governo ha la fiducia in Parlamento “nel Paese non ce l’ha”. Più di Fassina, più di Cuperlo o Bersani, è il segretario della Fiom Maurizio Landini che “rischia” di parlare finalmente alla pari con il presidente del Consiglio, perché non è solo politica, questa volta, ma sono questioni di merito, sul lavoro, dice. “Voglio unire il mondo del lavoro, raccogliere fiducia sulla mia piattaforma, voglio cambiare le politiche di questo governo”. Le cariche della polizia agli operai delle acciaierie di Terni sono state un punto di svolta, molto più della manifestazione con – forse – un milione di persone in piazza San Giovanni, nella sfida a distanza con il garage della Leopolda. “Il Governo può mettere le fiducie che vuole ma noi non ci fermiamo” dice a In Mezz’ora, su Rai Tre, Landini. Il riferimento è al Jobs act e all’ipotesi che possa passare alla Camera senza modifiche (e quindi con un altro voto di fiducia, peraltro l’ennesimo posto dal governo Renzi). “Il governo può anche chiedere e ottenere la fiducia – ribatte il leader Fiom – certo che se la chiede l’avrà. Ma noi non abbiamo alcuna intenzione di fermarci perché in gioco non c’è solo l’articolo 18”. Landini promette che “metteremo in campo qualsiasi azione possibile sindacale e legale dentro e fuori le fabbriche. Il Governo si è messo d’accordo con Confindustria, ma Confindustria deve sapere che sulla strada di questa politica di riduzione dei diritti e dei salari non avrà vita facile”.
Fine della vecchia sintonia, dunque. Ora inizia il confronto. “Su Renzi ho cambiato idea quando ho capito che lui scelse le politiche di Confindustria” e di “seguire quello che gli chiedeva l’Ue. Quando incontrai Renzi parlammo di articolo 18. Lui mi disse che l’Europa premeva su di lui e io gli dissi che se avesse toccato l’articolo 18 avrebbe aperto la strada per un conflitto nel Paese. All’inizio diceva di voler cambiare Paese e io dissi ‘cambiamolo insieme'”.
“Su Renzi ho cambiato idea quando ho capito che lui scelse le politiche di Confindustria”
Dire come sta facendo #Landini che il governo Renzi e il #Pd sono contro i lavoratori è disonestà intellettuale
— Giorgio Tonini (@giotoni) 2 Novembre 2014
Quindi la sfida è, sì, nel merito, ma resta politica. “L’unico modo per far cambiare l’idea al Governo – dichiara Landini – è di convincerlo che noi abbiamo la maggioranza dei consensi. Bisogna convincere Renzi che contro il lavoro non va da nessuna parte”. D’altra parte “il premier, Matteo Renzi, ha fatto una scelta, rimettendo al centro l’articolo 18, che tende a riaprire un conflitto nel Paese”. Quelli da difendere, sottolinea il segretario della Fiom, sono “gli interessi delle persone che per vivere devono lavorare e che in questo Paese sono ancora la maggioranza non sono oggi l’interesse generale di questo Paese e non sono dentro alle politiche del Governo”. E non sono dentro alle politiche del Pd: “Allo stato attuale – aggiunge – mi pare proprio di no perché il segretario del Pd è anche premier. Le sue politiche non stanno andando verso più tutele, più diritti, meno precarietà, un rilancio degli investimenti”.
“Io in politica? No. E di fare la minoranza non me ne frega nulla. Per cambiare il Paese devi governare, non stare all’opposizione”
La prima partita sarà lo sciopero di 8 ore indetto dalla Fiom. Anzi, due. Una manifestazione si terrà a Milano il 14 novembre, un’altra a Napoli il 21. Il leader dei metalmeccanici parla di un “consenso intorno alla Cgil e alla Fiom che da tempo non si vedeva”, che “quando un Paese ha bisogno di leader, allora è un Paese malato”, en passant ricorda che il presidente del Consiglio “non è stato mai eletto dal popolo per fare quel mestiere” e che questo Parlamento è lo stesso formato con una legge elettorale che la Corte costituzionale ha ritenuto illegittima. Ma precisa di non volersi impegnare in politica: “Voglio rappresentare i lavoratori e voglio continuare a fare il sindacalista. Voglio però che sia chiaro che a me di fare la minoranza non me ne frega proprio nulla. Voglio rappresentare le persone”. E per cambiare un Paese “lo devi governare, non devi stare all’opposizione”.