Politica

Renzi, lo strappo col sindacato segue calo di consensi delle sigle tra elettori

Negli ultimi 5 anni la fiducia verso Cisl e Uil è scesa dal 26 al 16 per cento, mentre quella verso la Cgil è passata dal 35 al 22 per cento. Elettori Pd nella media, che in un anno è dimezzata

Passione cittadini-sindacato in caduta libera. Negli ultimi 5 anni la fiducia verso Cisl e Uil è scesa dal 26 al 16 per cento, mentre quella verso la Cgil è passata dal 35 al 22 per cento. Lo riporta Repubblica citando un sondaggio Demos & Pi dell’ottobre 2014 e sottolineando che oggi tra gli elettori del Pd, i simpatizzanti della confederazione di Susanna Camusso sono circa il 25 per cento mentre nel 2012 erano il 53% e nel 2009 oltre il 60 per cento. “Così, Renzi ha fatto della Cgil il simbolo della sinistra della nostalgia, che si accontenta del 25%. E, anche per questo, è finita ai margini del PD di Renzi”, sottolinea il quotidiano di Carlo De Benedetti. Secondo il quale “tuttavia, la “caduta” della fiducia nella Cgil fra gli elettori del Pd (come ha osservato, fra gli altri, Lorenzo Pregliasco, di Quorum) costituisce anche un indice (e una conseguenza) dei cambiamenti avvenuti nella base elettorale del Pd. Che, coerentemente con le intenzioni del leader, si è allargata verso il centro e il centrodestra”.

Più rapidamente è poi cambiata anche la “base sociale” del partito che, sempre in base al sondaggio Demos, alle elezioni politiche del 2013 ha ricevuto il voto del 20% degli operai del Paese, dato salito al 34% alle europee del 2014 per poi scendere al 28% dopo lo scontro sull’articolo 18. Quello che invece è cresciuto in maniera costante e sensibile è il peso degli imprenditori e dei lavoratori autonomi che è passato dal 13% alle politiche del 2013 al 28% alle europee, fino al 40% oggi. Il Partito Democratico di Renzi, insomma, “oggi è più forte fra gli imprenditori e i lavoratori autonomi — ma anche fra i dirigenti, gli impiegati e i liberi professionisti — che fra gli operai. E se il suo peso, fra gli studenti, è cresciuto (oggi è il 40%), la categoria sociale che garantisce al Pd i maggiori consensi resta quella dei pensionati: 58%”, nota ancora Repubblica secondo la quale “anche la fiducia nel governo Renzi, peraltro, risulta molto elevata fra i pensionati, gli imprenditori e i lavoratori autonomi. Mentre appare decisamente bassa fra gli operai e, soprattutto, i disoccupati”.

Quindi “è come se Renzi avesse, davvero, spezzato i legami della “sua” sinistra con il passato. Con la sinistra storica, rappresentata dal Pci, dalla Cgil. E con il riferimento sociale — simbolico — da cui ha tratto senso e radicamento. Il lavoro dipendente. La classe operaia. E, inoltre, con gli “esclusi” (dal mercato del lavoro). Già da tempo, d’altronde, la sinistra, in Italia (e non solo) ottiene i maggiori consensi fra i pensionati e i dipendenti pubblici. Fra le professioni “intellettuali”. Gli operai sembrano, invece, sempre più attratti dalla Lega di Salvini e dal M5s“. Il problema, però, è la conclusione “è che, così, anche il futuro politico di Renzi e del Pdr rischia di divenire instabile e precario. Come il lavoro. Come le organizzazioni e le identità politiche del passato. Dissolte, insieme ai vecchi partiti”.