Sono stati diramati stamattina con un comunicato del Club i nomi dei vincitori delle Targhe Tenco 2014. Li metto qui di seguito:
Album in assoluto dell’anno (di cantautore): Caparezza, “Museica”
Opera prima (di cantautore): Filippo Graziani, “Le cose belle”
Album in dialetto (di cantautore): Loris Vescovo, “Penisolâti”
Interprete di canzoni non proprie: Raiz e Fausto Mesolella, “DagoRed”
Canzone singola: Virginiana Miller, “Lettera di San Paolo agli operai”
Dico subito che ho votato tre di queste cinque opere: Graziani, Vescovo, Raiz e Mesolella.
Come ogni anno ci sono stati due turni di votazione – preceduti però da una cernita dei dischi migliori da parte di un’apposita giuria – e anche in questa occasione non sono mancate polemiche. D’altronde è sempre così. È imbarazzante il numero elevato di occorrenze statistiche di persone (artisti, giornalisti o critici musicali) che sparano a zero sul Club Tenco e poi lo esaltano all’indomani di un premio, un’ospitata o un proprio coinvolgimento in un qualche tipo di giuria, progetto e robe del genere. Al di là di ogni sterile polemica, credo sia la spia del fatto che lo stesso Club Tenco è inopinabilmente in uno dei periodi più floridi della propria quarantennale storia.
Veniamo ora ai vincitori.
Caparezza si è aggiudicato la targa più importante, quella più difficile da vincere, quella dell’album dell’anno con “Museica”. Io penso che l’avrebbe meritata già tre anni fa col disco “Il sogno eretico”, comunque la sua vittoria fuga ogni dubbio di chi si intestardisce ancora oggi a descrivere il Premio Tenco come un covo di barbuti e sinistrosi autoreferenziali, che sonnecchiano sul giro di LA minore della chitarra lamentosa del cantautore impegnato di turno. Caparezza ha partecipato al Tenco tre volte (2004, 2006, 2008) e personalmente credo che il suo set del 2008 sia uno dei più belli e coinvolgenti che io abbia mai visto al Teatro Ariston.
Io ho votato l’album “Costellazioni” di Vasco Brondi, Le luci della centrale elettrica. L’ho votato perché credo che nessuno come lui sia riuscito a descrivere questi primi anni del Terzo Millennio, e – per quanto il giornalismo e la critica musicale continui ad avvicinarli – non è nemmeno lontanamente paragonabile ai Dente o al, simpatico, Brunori SAS. Fa un altro campionato, quello di chi canta per necessità. Peccato.
Nella categoria Opera Prima c’è la sorpresa migliore, con la vittoria di Filippo Graziani e del suo “Le cose belle” (qui la canzone eponima, finalista a Sanremo 2014). Graziani è cantautore che scuote, prima di tutto con la musica, con la chitarra. La sua musica è un manifesto contro la stagnazione cerebrale e culturale, con una voce graffiante ed espressiva su diversi registri. Una freschezza non comune. Benissimo così.
L’album in dialetto è andato al friulano Loris Vescovo con “Penisolâti”, un viaggio intorno al
, di distacco. È un disco che completa la sua artisticità con l’idea dello “spazio geografico”, perché i suoni e il movimento dei brani rimandano alla consequenzialità concettuale che sta nella lontananza delle storie che abitano il disco stesso, nelle lingua usate (italiano, friulano e inglese), nei diversi timbri.
Targa Interprete a una delle migliori collaborazioni dell’anno: Raiz e Fausto Mesolella. “DagoRed”. Del disco colpisce la struttura marmorea e precisa, con presupposti che evita accuratamente ogni ordine, però. L’idea nasce dalla rivisitazione di otto classici della canzone italiana, contaminati da influenze di luoghi delle più disparate culture: dal Mediterraneo orientale all’America, al rock, al soul, al blues, al reggae. Tutto è già presente nel titolo: «DagoRed si potrebbe tradurre approssimativamente “Rosso Terrone”, intendendo cioè il vino “rosso” degli immigrati d’origine italiana, perché Dago era uno dei molti modi in cui, con un certo disprezzo, si potevano chiamare gli italiani d’America. “DagoRed” è anche il titolo di una raccolta di racconti (e di un racconto in particolare) dello scrittore italoamericano John Fante».
Infine c’è la targa Migliore Canzone, che non è stata assegnata per alcuni anni, causa enorme dispersione dei voti per via della sovrapproduzione nel tempo di internet e dell’informatica, e reintrodotta quest’anno grazie al preliminare lavoro di cernita. È andata ai Virginiana Miller e al loro brano “Lettera di San Paolo agli operai” . Il pezzo non mi fa impazzire: lo trovo troppo didascalico e credo che i Virginiana abbiano scritto decisamente canzoni migliori. Pensare che questo possa essere considerato il brano più bello dell’intero anno (dal luglio 2013 all’agosto 2014) mi fa capire che quest’ultima sezione del Tenco, peraltro la più affascinante, continui a essere tutto sommato ancora poco attendibile.