Trattative, accordi segreti, patti scellerati. E’ il maledetto filo rosso che lega e intreccia avvenimenti raccapriccianti che hanno attraversato e attraversano la nostra recente storia repubblicana. La trama è sempre la stessa: ci sono pezzi di Stato che brigano e perseguono con tutti i mezzi leciti e illeciti precisi obiettivi. Scavi e riscavi e ti trovi di fronte sempre i soliti ristretti ambienti istituzionali, servizi segreti deviati, entità coperte, pubblici dipendenti infedeli, logge.

L’interrogatorio a cui si è stato sottoposto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e le oggettive ammissioni del Capo dello Stato fatte davanti ai pubblici ministeri palermitani che conducono con caparbietà le indagini sul periodo stragista degli anni Novanta sono una eloquente conferma. Alle volte davvero sembra di assistere a film già visti che hanno cambiato e condizionato la storia del nostro Paese. Scusate ma a distanza di oltre 30 anni non è ancora avvolto dal mistero più fitto il rapimento dell’ex assessore regionale ai Lavori pubblici il democristiano Ciro Cirillo? All’inizio degli anni Ottanta per liberare l’importante esponente doroteo, era uomo di Antonio Gava all’epoca dei fatti ministro dell’Interno, pezzi dello Stato ingaggiarono una trattativa serrata con il camorrista Raffaele Cutolo, il capo della Nco. Nessuna novità, già era accaduto in passato. Il super boss nella sua detenzione nel carcere di Ascoli Piceno – in quei giorni roventi – incontra esponenti nazionali della Dc, senatori, deputati, politici, vertici dei servizi segreti civili e militari tra l’altro tutti o quasi appartenenti alla loggia P2 del venerabile Licio Gelli. Tra loro c’era anche il prefetto Vincenzo Parisi, futuro capo della polizia, ai tempi delle stragi di Capaci, via D’Amelio e delle bombe di Roma, Milano e Firenze. Si entrava e si usciva dagli istituti di pena, nulla veniva annotato nei registri insomma un protocollo farfalla ante litteram. Addirittura un killer e perfino latitante del calibro di Vincenzo Casillo, braccio operativo di Cutolo, fu dotato di tesserino dei servizi segreti. L’obiettivo era liberare a tutti i costi il dominus della ricostruzione del post-terremoto del 1980.

Ciro Cirillo fu rapito dalle brigate rosse: “Abbiamo espropriato al boia Cirillo, alla sua famiglia e al suo partito di affamatori, alla sua classe di sfruttatori un sacco di soldi. E’ condannato a morte in quanto boia della speculazione del terremoto”. Così recitava il comunicato di rivendicazione dei terroristi fatto ritrovare dopo il rapimento. Non c’erano nulla che facesse sperare nella liberazione del politico. Dopo 89 giorni in cui fu segregato in un covo l’ex assessore però fu rilasciato dietro pagamento di un miliardario riscatto raccolto attraverso una colletta tra imprenditori che poi avrebbero partecipato alla grande spartizione della ricostruzione. Una parte dello Stato non ci pensò su due volte e si affidò alla camorra per far recedere i terroristi dal portare avanti il loro piano. Qualche anno prima toccò un destino diverso allo statista Aldo Moro: prevalse un sorprendente “partito della fermezza”. Il boss Cutolo chiese segnali concreti di serietà da parte dei suoi interlocutori e li ebbe. Oltre 400 detenuti – tutti affiliati alla Nco – furono trasferiti in carceri più “comodi” e vicine alle proprie abitazioni, ministro della Giustizia non era Conso. Strategici spostamenti di celle e salvacondotti speciali per i vertici della cosca e per alcuni terroristi. Al capo della Nco fu promesso la scarcerazione e la gestione – come poi avvenne – di tutti i sub appalti della ricostruzione. Chi provò ad indagare vedi l’allora pm Carlo Alemi fu bloccato e apostrofato dall’allora presidente del consiglio Ciriaco De Mita:“Alemi è un giudice che si è posto fuori del circuito istituzionale”.

Basti pensare che quando Cirillo fu liberato i servizi bloccarono la polizia e presero in custodia l’ex assessore. Pochi minuti e a casa di Cirillo si presentarono il ministro dell’Interno Gava e il segretario nazionale della Dc Flaminio Piccoli. Chi tentò d’indagare fu ammazzato è il caso del vicequestore e capo della mobile partenopea Antonio Ammaturo. Agguato non isolato, ne seguirono altri  per mettere a tacere chi sapeva troppo. Ci pensò poi l’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini a sbattere il boss Cutolo nel carcere di super sicurezza di Pianosa. Strana quella durezza. Neppure c’era ancora il 41 bis. Il Capo dello Stato adottò quel singolare provvedimento a trattativa chiusa. Pertini sapeva i fatti? Fu d’accordo? La sua reticenza autorizzò lo scendere a patti dello Stato con la camorra? E dopo oltre un trentennio resta il buco nero. Ad esempio dove sono e chi ne ha possesso dei “verbali” d’interrogatorio di Cirillo redatti dai terroristi? Che fine hanno fatto i bigliettini e le lettere di garanzia scritte dai vertici della politica e dei servizi e indirizzati a Cutolo? La documentazione in possesso della sorella del padrino che fine ha fatto? Quei segreti se li porterà nella tomba Cutolo, e lo stesso Cirillo che al grande Giuseppe D’Avanzo dopo 20 anni concesse un’intervista molto sibillina: “…io non le racconterò la verità del mio sequestro. Quella, la tengo per me, anche se sono passati ormai 20 anni. Sa che ho fatto? Ho scritto tutto. Quella verità è in una quarantina di pagine che ho consegnato al notaio. Dopo la mia morte, si vedrà. Ora non voglio farmi sparare…”.

A chi fa paura la verità? Dov’è finita la borsa del Generale Dalla Chiesa? Chi ha cancellato la memoria del Pc di Giovanni Falcone? Chi ha rubato l’agenda rossa del giudice Paolo Borsellino? Uno Stato fondato sulle reticenze, sugli omissis, sul cinismo, sui poteri criminali non ha alcun futuro ed è destinato a soccombere perché ci sarà sempre qualcuno pronto a ricattare. La nostra Repubblica sembra fondata sulla gestione dei segreti inconfessabili o degli ‘indicibili accordi’. Dal terrorismo nero, al terrorismo rosso passando per le mafie e le camorre, il nostro è uno Stato baro. Qualcuno dirà: alla fine è servito. Mafiosi, camorristi e terroristi non hanno vinto e sono in galera. Lo Stato ha fatto lo Stato. Ma a che prezzo? E con quali risultati? E siamo sicuri che questa sia una democrazia? Solo la verità rende liberi e quel sangue innocente versato dai tanti servitori dello Stato quello onesto aspettano ancora giustizia.

Twitter: @arnaldcapezzuto

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