Il governo americano sapeva già a inizio maggio dove l’Isis deteneva James Foley, reporter statunitense ucciso e decapitato ad agosto dallo Stato Islamico. Ma la missione per liberarlo, poi fallita, fu approvata solo a luglio. È quanto rivela Fox News. Un ritardo di oltre cinque settimane che, secondo il network americano, è legata al fatto che l’amministrazione Usa voleva maggiori approfondimenti da parte dell’intelligence sull’operazione per salvare gli ostaggi americani e britannici. “Abbiamo avuto molte informazioni utili e specifiche su dove erano tenuti in ostaggio”, ha rivelato una fonte anonima a Fox News, aggiungendo che i rapitori dello Stato islamico si sentivano così sicuri nella loro roccaforte di Raqqa, in Siria, che gli ostaggi americani e britannici sono stati spostati poche volte.
Tanto che, sempre secondo l’informatore nel canale americano, “in tarda primavera i sequestrati sono stati detenuti per almeno tre settimane nella stessa struttura”. Nuove rivelazioni che contraddicono quanto finora sostenuto dall’amministrazione Usa, ovvero che la Casa Bianca autorizzò la missione non appena l’intelligence diede il suo avvallo. “Il raid fallì – aveva reso noto il Pentagono – perché, arrivate nel luogo in cui erano detenuti gli ostaggi, le forze americane non li trovarono“. Ora le “rivelazioni” di Fox News, che arrivano con una tempistica precisa: oggi negli Stati Uniti i cittadini di 40 Stati sono chiamati alle urne per le elezioni di medio termine, un appuntamento elettorale che i repubblicani (schieramento politico di riferimento di Fox News) hanno avuto buon gioco nel presentare come un referendum sull’operato di Barack Obama.
Ansar beit al Maqdis nel Sinai: “Aderiamo allo Stato Islamico”
In Medio Oriente lo Stato islamico continua ad espandere la propria sfera di influenza. Dopo l’annuncio da parte dei jihadisti dell’istituzione di un Califfato islamico in Sinai (definendolo “il primo passo sulla strada dell’invasione di Gerusalemme“), la formazione jihadista che opera nella penisola del Sinai Ansar beit al Maqdis annuncia la propria adesione allo Stato islamico e nomina Abu Bakr al Baghdadi “califfo di tutti i musulmani in Iraq, Siria e in tutti i paesi islamici”. Il gruppo si impegna a proseguire le sue operazioni contro l’esercito e i servizi di sicurezza in Egitto. Notizia però smentita da un altro profilo Twitter legato al gruppo jihadista operante nella penisola: “Il comunicato pubblicato dai media a proposito dalla nomina di un califfo dei musulmani non ci riguarda – si legge nel post pubblicato sul social network – I media devono essere precisi nel riportare le informazioni che ci riguardano attraverso le nostre fonti ufficiali”. La nota di stamani era tuttavia stata diffusa da un altro account, tradizionalmente usato dal gruppo per comunicare con i media.
L’Iran provoca: “L’Isis è un prodotto del Mossad”
In un’intervista al sito libanese al-Ahd il vice ministro iraniano degli Esteri, Hussein Amir Abdullahian, ha detto che l’Isis è il “prodotto” dell’agenzia israeliana di intelligence, il Mossad. Secondo Amir Abdullahian “alcune agenzie di intelligence regionali e internazionali vogliono distruggere la regione e la falsa rivoluzione in Siria rientra nei loro piani”. Per il vice ministro, la rivoluzione siriana è diversa da quelle in Egitto, Bahrain, Tunisia e Yemen. “A Daraa – ha detto, riferendosi alla città siriana in cui, a suo dire, ha avuto inizio la rivoluzione – c’è stato un complotto di agenzie di intelligence straniere. Quindi l’opposizione è stata armata da queste agenzie, che gradualmente hanno introdotto terroristi e diversi tipi di armi in Siria”. Secondo il vice degli Esteri, l’obiettivo non è solo distruggere la Siria e l’Iraq, ma anche il Libano, dove “hanno tentato di creare un’altra falsa rivoluzione per far fronte alla resistenza di Hezbollah“. “Se l’Isis fosse onesto – ha aggiunto il vice ministro – punterebbe le sue armi contro Israele invece che contro i musulmani. Ma invece dice che non è tempo di uno scontro con Israele. Questo prova che collabora con il regime sionista, da cui riceve aiuti militari e finanziari”.