Non visitò mai Roma, ma Roma gli rende omaggio con una retrospettiva ospitata alle Scuderie del Quirinale fino al 18 gennaio: “Memling, Rinascimento fiammingo” curata dallo studioso di livello internazionale Till-Holger Borchert. Si tratta della prima retrospettiva che l’Italia dedica al grande pittore fiammingo, nonostante la sua forte influenza su artisti del calibro di Leonardo, Lotto, Ghirlandaio le cui opere contengono citazioni e caratteri che rimandano proprio al maestro tedesco.
Tra gli artisti più criticamente controversi e allo stesso tempo protagonista assoluto del Rinascimento fiammingo, Hans Memling lavora nelle Fiandre dei ricchi mercanti nel pieno del Quattrocento diventando il pittore più importante di Bruges mentre il passato continua a dettare le sue regole e la modernità inizia ad affacciarsi con la sua portata innovativa. Con sette sezioni e una cinquantina di opere la mostra monografica vuole mettere in luce le eccelse qualità di Memling affrontando le tappe più importanti del suo percorso: dalle pale monumentali d’altare ai piccoli trittici portatili, nonché i numerosi ritratti, genere nel quale si distinse introducendo il paesaggio di sfondo per aumentare la carica espressiva e grazie a cui esercitò una fortissima seduzione presso gli artisti italiani del primo Cinquecento. La nitidezza e l’alta qualità della resa pittorica dei suoi dipinti, infatti, fanno di lui un precursore della pittura del Cinquecento.
Un’iniziativa ambiziosa che prova a fare il punto su molti lati oscuri e sospesi della vita del pittore e della sua opera, dai primi lavori da cui traspare la sua formazione avvenuta tra Colonia e le Fiandre, dove forte è il debito nei confronti del pittore dei duchi di Borgogna e dei re di Castiglia Rogier van der Weyden, fino a quelli in cui è evidente l’affermazione di uno stile più personale, ben definito e con caratteristiche riconoscibili che resero i suoi dipinti richiestissimi lo portarono ad aprire una bottega per soddisfare le committenze pubbliche e private ricevute fino agli ultimi anni di vita. Più di tutti i suoi contemporanei, infatti, il maestro fiammingo fu il pittore preferito della potente comunità di mercanti e agenti commerciali italiani a Bruges diventando l’erede di van der Weyden e Jan Van Eyck, perfezionatore della tecnica della pittura a olio. Memling riuscì a creare una sintesi perfetta di entrambi i maestri riscuotendo fama e considerazione dalla nobiltà italiana e dalle élite urbane che ne fecero il loro artista di riferimento.
Eccezionali prestiti hanno permesso di ricomporre alcune opere sfortunatamente separate da un diverso destino collezionistico. Sono ricomposti, infatti, per la prima volta in occasione dell’esposizione alcuni dittici e trittici come il Trittico Pagagnotti separato tra gli Uffizi di Firenze e la National Gallery di Londra, il Trittico Jan Crabbe ricomposto grazie ai prestiti del Museo Civico di Vicenza, la Morgan Library di New York e il Groeningemuseum di Bruges. Il Trittico della Resurrezione, il Trittico di Adriaan Reins, il Trittico Moreel tra gli altri capolavori in esposizione realizzati negli anni 80 del Quattrocento a rappresentare la fase più matura di Memling.
Forfait dell’ultimo minuto invece da parte del Museo di Danzica che inizialmente aveva concesso il Trittico del Giudizio Universale commissionato sei secoli fa dal banchiere fiorentino Angelo Tani e da allora bloccato nella città polacca in seguito a una razzia di pirati. Nonostante un duro braccio di ferro, il motivo del gran rifiuto da parte della Polonia pare risalire a ragioni di conservazione e, almeno nel primo periodo della mostra dunque, niente Giudizio Universale, anche se le trattative continuano. Non poteva mancare una magnifica serie di ritratti tra cui Ritratto di giovane proveniente dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia, Ritratto di uomo della Royal Collection di Londra, prestito eccezionale della Regina Elisabetta e uno dei pochi in cui si ritrova uno sfondo neutro e non un paesaggio, il celeberrimo Ritratto di uomo della Frick Collection di New York, una delle opere più suggestive della sua produzione artistica, nonché il Ritratto di uomo con moneta romana, ritenuto l’effigie dell’umanista Bernardo Bembo, proveniente da Anversa. Nella rassegna romana anche un ritratto di donna, raro all’epoca, che Memling fece a una certa Sibylla Sambetha.
Uno dei pezzi forti è il maestoso dipinto della Passione di Cristo che riconcilia in un’unica immagine gli episodi della Passione e che, attraverso un trattamento coerente della luce e dello spazio, sembra transitare dal giorno alla notte. Un’esposizione che vuole sottolineare lo stretto rapporto di Memling con l’Italia, i suoi pittori e i suoi raffinati committenti e colti collezionisti che avevano una passione per i maestri fiamminghi. “A Firenze e in altri centri la pittura italiana era influenzata in misura considerevole dai dipinti fiamminghi importati e, in tale processo, le opere di Memling ebbero un ruolo particolarmente importante. È stato un maestro del colore”, ha spiegato il curatore Till-Horger Borchert.