Ho letto le 12 proposte emerse dal Tavolo 12 del convegno di Renzi alla Leopolda in tema di Sanità: si tratta di consuete enunciazioni di buona volontà analoghe ai vari “necessita, serve, sarebbe auspicabile, adotteremo, introdurremo, studieremo” che i politici ripetono da anni sui media.
“Insegnamento e formazione non solo accademica ma anche ospedaliera, calata sul territorio così da dare ai futuri professionisti sanitari una preparazione completa.” Questo già viene fatto nelle Scuole di specialità, dove i medici sono soggetti a frequenza obbligatoria, sono retribuiti per formarsi e partecipano attivamente al lavoro clinico-chirurgico (anche perché sono indispensabili, dato che le assunzioni sono bloccate da anni).
“Selezione per l’entrata nelle facoltà basata su un metodo oggettivo”. Questa è veramente una grande idea: visto che da anni i concorsi per accesso sono basati su quiz, che sono un metodo soggettivo, il sig. Crimì propone il passaggio al metodo oggettivo, che può essere inteso sostanzialmente in due step: la valutazione della documentazione presentata dal candidato (come da collocamento presso un ufficio statale, quindi con punteggio per i figli di reduci di guerra o invalidi per lavoro o servizio, di madre vedova invalida al 100% con accompagnamento, situazione economica familiare sotto la soglia di povertà, residenza in località decretata sinistrata da eventi naturali, massima votazione universitaria cum laude, etc.) e la simpatia suscitata al momento dell’interrogazione orale.
“Aggiunta di una valutazione motivazionale a intraprendere il corso di studi di medicina, da inserirsi nel percorso scolastico delle superiori, attraverso un colloquio.” La valutazione non inciderà sul punteggio d’ammissione alla facoltà. Ma allora a cosa serve? Le motivazioni agli studi di Medicina, oggi come ieri, sono solo tre: sono figlio di medico e farò il medico, sono povero e voglio arricchirmi (oppure sono ricco e voglio essere socialmente importante), credo nella missione di salvare l’umanità (lascio a voi attribuire a ciascuna di queste ragioni la relativa percentuale).
“Definizione precisa degli ambiti professionali anche attraverso una riforma degli ordini“. Frase di dubbio significato, che solitamente prelude ad un ingiustificato sconfinamento di attività a bassa professionalità in campi di alta specializzazione: ricordo il tentativo di far accreditare la professione dell’optometrista come un ideale collegamento tra ottico ed oculista, cercando di erodere le competenze di quest’ultimo; forse bisognerebbe spiegare bene al sig. Crimì la differenza tra giornalista e giornalaio, entrambi rispettabilissime professioni, ma non certo analoghe, ed attinenti solo per il supporto cartaceo della stampa.
“Dare maggiori responsabilità e ambiti di competenza, legalmente definiti, alle professioni sanitarie (infermieri, logopedisti, tecnici radiologi, ostetrici e fisioterapisti) così da creare il vero team-working che permetta di migliorare l’assistenza al paziente.” Forse il sig. Crimì non è mai entrato in un ospedale italiano: si sarebbe accorto che i medici non fanno gli infermieri, tantomeno eseguono radiografie e non fanno fare neppure ginnastica ai pazienti, già ora ognuno ha le proprie competenze.
“Introdurre un meccanismo concorsuale più oggettivo e meritocratico con valutazione anche a posteriori del personale neoassunti.” Oggettivamente per quanto riguarda la valutazione a posteriori, questa già esiste, sia per gli infermieri che per i medici; non esiste solo per il personale amministrativo (ovvero, se sei proprio uno zero, non partecipi alla suddivisione dei premi extra che ogni Asl o Azienda Ospedaliera delibera come autopremio per il raggiungimento di fumosi obbiettivi burocratici o fantomatiche riduzioni di spesa)
“Minor influenza della politica regionale nelle scelte sanitarie: concorsi pubblici per la selezione dei direttori generali e bandi di gara regionali o nazionali per cartelle cliniche informatizzate e forniture ospedaliere.” Crimì non conosce la Costituzione, che all’articolo 117 così recita: “Lo Stato ha legislazione esclusiva… su ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali (per esempio gli ospedali) … determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale… sono materie di legislazione concorrente quelle relative a … tutela della salute … Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.” Quindi le Regioni possono fare (e fanno) ciò che vogliono in campo sanitario. Per quanto riguarda i bandi di gara per la selezione di direttori generali, aggiungerei anche quelli per direttore amministrativo e per direttore sanitario (sempre con metodo soggettivo a quiz e non con metodi oggettivi di tessera politica di appartenenza). Sui bandi regionali per le forniture ospedaliere, sono anni che questa soluzione viene suggerita, ma è come togliere l’osso di bocca alla pletora di uffici acquisti che esistono, per crearne uno solo (sperando che non abbia fauci enormi…). Sulla cartella clinica informatizzata solo con History Health il cittadino può gestire e conservare il proprio diario della salute.
“Aumentare l’efficienza del sistema pubblico per poter ridurre l’utilizzo dei fondi regionali verso il privato convenzionato.” Di cosa parliamo? L’improduttività cronica del sistema pubblico è stata proprio il motivo per cui è stata introdotta la sanità convenzionata e accreditata.
“Rivalutazione del sistema di bilancio delle società pubbliche perché non corrispondente al bilancio regionale, questo impedisce la valutazione di previsione di uscite ed entrate.” La cronica mancanza di veri piani aziendali è strettamente intrinseca al mantenimento del sistema dei carrozzoni, altrimenti le Aziende Ospedaliere pubbliche sarebbero tutte già fallite da anni. Il ricorso a autofinanziamenti regionali, o, in qualche caso, a soccorsi statali, è un leit motiv cui assistiamo da almeno vent’anni.
“Inserire un percorso di dottorato e alta formazione scientifica che possa essere frequentabile insieme alle specializzazioni mediche.” Questi percorsi esistono già. Il problema è lo sbocco lavorativo successivo, che manca. Dica Crimì come farebbe per non far fuggire all’estero i nostri migliori ricercatori, invece di limitarsi ad semplici enunciazioni
“Spostamento delle cure da una visione ospedalocentrica ad una assistenza sul territorio, improntata alla semplicità di accesso ed alla cura delle patologie croniche.” Ma se la sanità sul territorio è stata distrutta apposta per creare dei centri di controllo ospedalieri in mano ai politici! La struttura c’era già e si chiamava Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro le Malattie: bisognava solo riformarla, anziché distruggerla con la legge 833, col finto scopo di “democratizzare” la medicina, cosa che ha portato solo a consegnare la sanità in mano ai politici, ad una maggiore sperequazione di erogazione sanitaria, e, in tempi più recenti, ad arricchire gli “imprenditori della salute”.
“Finanziare la frequenza ai corsi di specializzazione di ambito sanitario non medico come già per legge disposto anche per prevenire contestazioni e ricorsi.” Questa frase non ha significato, dato che la specializzazione sanitaria non medica è completamente scollegata da contestazione e ricorsi, che purtroppo investono soltanto la classe medica (aumento del 500% di cause negli ultimi dieci anni), a meno che si intenda lo sviluppo del cosiddetto risk management, ufficio cui ricorrono le Aziende Ospedaliere (solo pubbliche) per non essere costrette a pagare in solido con i medici, come sentenze di Cassazione hanno ancora recentemente ribadito.
Perché i politici continuano a fermarsi solo all’analisi, senza mai fare e risolvere veramente qualcosa, invece di dare sempre e solo aria alla bocca? Se questa è la nuova Italia che avanza…io mi sposto e chiedo a Renzi di ascoltare le mie semplici proposte per far ripartire una nuova sanità solo dalla parte del cittadino.