Lo scrive un report dell’Oxfam, un network internazionale che si occupa di contrasto alla povertà e disuguaglianze sociali. Una delle immediate conseguenze di questa crisi sanitaria e sociale è che in Liberia, a causa della riduzione delle attività minerarie, la disoccupazione è in aumento
“L’epidemia di Ebola sta devastando l’economia dei Paesi colpiti dal virus. Occorrono più fondi dalla comunità internazionale per la prevenzione, e per scongiurare una crisi alimentare”. A lanciare l’allarme è l’Oxfam, un network internazionale di 17 organizzazioni che si occupano di contrasto alla povertà e alle disuguaglianze sociali. Secondo l’organizzazione umanitaria, che cita le ultime stime dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), i quasi 14mila contagi, di cui almeno un quinto bambini secondo l’Unicef, e i quasi 5mila decessi non rappresentano per Liberia, Sierra Leone e Guinea solo un grave problema sanitario, ma anche un danno enorme per le fragili economie dei tre Paesi africani, da poco uscite da una guerra civile.
“Secondo le stime della Banca Mondiale, la diffusione del virus Ebola costerà alla Sierra Leone 163 milioni di dollari, pari al 3,3% del Pil, e alla Liberia 66 milioni, il 12% del Pil – spiega Silvia Testi, responsabile dell’ufficio Africa di Oxfam Italia -. La chiusura dei confini ha ridotto drasticamente il commercio transnazionale, mentre il lavoro agricolo è stato interrotto. Ne consegue che c’è meno cibo nei mercati locali, ed è molto più costoso”.
La situazione, secondo l’Oxfam, sarebbe ulteriormente aggravata dal fatto che le navi che venivano utilizzate per il commercio non fanno più scalo nei Paesi dell’area, per paura del contagio. Una delle immediate conseguenze di questa crisi sanitaria e sociale è che in Liberia, a causa della riduzione delle attività minerarie, la disoccupazione è in aumento. Ma è tutto l’apparato statale dei tre Paesi dell’Africa occidentale a soffrire per la diffusione del virus. Si è, ad esempio, interrotto il normale funzionamento dei servizi sanitari, come la distribuzione dei vaccini e il trattamento e la prevenzione delle altre malattie, e le scuole sono chiuse da mesi. “A causa della chiusura delle scuole, i bambini sono confinati nelle loro case e spesso scoraggiati a giocare con gli altri bambini”, spiega Peter Salama, coordinatore globale dell’emergenza Ebola per l’Unicef.
Secondo l’agenzia Onu per l’infanzia, sono circa 4mila i bambini diventati orfani in seguito alla malattia. E, complessivamente, circa 5 milioni quelli “circondati dalla morte”, colpiti cioè indirettamente dall’epidemia, perché ad esempio “allontanati per la loro protezione in centri di quarantena, senza sapere se i loro genitori sono vivi o morti”. Una crisi umanitaria da cui non sarebbero immuni neanche altri Paesi della regione. Secondo l’Oms, nei prossimi mesi in Mali, Senegal e Nigeria si potrebbero registrare fino a 10mila nuovi casi di Ebola alla settimana, soprattutto a causa del diffondersi di panico e disinformazione tra la popolazione. “Senza le fondamentali infrastrutture sanitarie pubbliche a posto – spiega Margaret Chan, direttrice generale dell’Oms -, nessun Paese è stabile. Nessuna società è al sicuro”.
Per contenere l’epidemia, per l’Oxfam – che dall’inizio dell’emergenza ha già raccolto quasi 4 milioni di dollari e prestato assistenza a 430mila persone – occorrerebbe un investimento di 1 miliardo di dollari da parte della comunità internazionale. Secondo l’associazione, l’Italia starebbe facendo la sua parte con uno stanziamento di 6 milioni di euro, nell’ambito dei 50 milioni per l’emergenza Ebola annunciati dal governo durante la presentazione della legge di Stabilità. “Le procedure sanitarie messe in campo con l’isolamento delle persone contagiate e il trattamento dei casi di Ebola sono importanti. Ma – sottolinea Testi – adesso è sempre più cruciale lavorare assieme alla popolazione, per rendere accessibili le procedure di prevenzione. E per farlo in maniera efficace – conclude la responsabile Oxfam -, occorre lo stanziamento di più fondi da parte dei governi”.