In queste elezioni di metà mandato Obama ha perso la maggioranza, in entrambe le camere. Ai repubblicani è andata anche meglio delle più rosee aspettative: puntavano a soffiare sei seggi ai democratici, ne hanno conquistati almeno sette. Perché Obama ha perso? Alcuni attribuiscono la colpa del suo calo di popolarità alle promesse mancate e alla presunta mancanza di leadership in economia e politica estera. Il riferimento in particolare è alla guerra, secondo alcuni troppo moderata, contro lo Stato Islamico e alla sottovalutazione del pericolo Ebola.

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Ma come sostengo sempre in questi casi, i risultati ottenuti o mancati da un Governo non hanno alcun impatto sulla popolarità del leader e sui voti che prenderà il suo partito alle elezioni. Non sono fattori collegati fra loro. Infatti, a dispetto del presunto malcontento dovuto alle questioni menzionate sopra, abbiamo dei dati positivi su temi solitamente di maggiore interesse per gli elettori di un Paese, che vanno a favore dell’amministrazione Obama: non solo ha trainato gli Usa fuori dalla crisi, ma l’economia statunitense galoppa, col Pil che sale oltre le aspettative, l’occupazione cresce a ritmo costante e la difficile riforma sanitaria, l’Obamacare, sta avendo ottimi risultati.

Allora, cosa è successo? La comunicazione distrugge i modelli che essa stessa crea. Oggi per esempio facciamo il tifo per i giovani. Quando è in ballo qualche nomina in posti di rilievo, anche istituzionali, o quando si sceglie un candidato, storciamo il naso se la persona che viene selezionata è anziana. Naturale vero? Eppure se torniamo indietro anche di soli dieci anni, la nostra opinione generale era completamente diversa. Se eri giovane non venivi preso sul serio, neanche per certi lavori comuni, figuriamoci per ruoli di responsabilità. A volte si tendeva a voler sembrare più grandi per essere più credibili. Lo stesso cambiamento è avvenuto circa la valutazione che si ha delle donne in ruoli di comando.

Sbagliavamo in passato, oppure sbagliamo ora? Non ha importanza. Perché la durata nel tempo non dipende dal fatto che una cosa sia giusta o sbagliata, ma da come viene percepita in quel preciso momento dalla popolazione. E ad influenzare la percezione di una popolazione, specialmente nel secondo Paese più ignorante del mondo (secondo solo all’Italia, ahinoi), non sono i risultati tecnici o economici di un governo, dati che l’elettorato ignora quasi del tutto.

Ad influenzare la percezione, l’opinione, il sentimento di una nazione è la comunicazione che viene effettuata dagli, appunto, influencer: mass media, che riportando le considerazioni di illustri opinionisti, enfatizzando le affermazioni di carismatici leader e dando risalto a certe notizie piuttosto che ad altre, cambiano la percezione che si ha di un qualcosa che, solo pochi mesi prima, era diversa.

Il modello Obama è finito. O meglio, lo hanno fatto finire. Il nuovo pensiero che viene promosso è contrario a quello a cui eravamo abituati, che era: largo al nuovo che avanza, al cambiamento. Ora si punta a costruire un nuovo modello che possiamo esprimere così: in un momento così difficile affidiamoci a chi ha esperienza. Cioè agli anziani. Di qui a poco torneremo a diffidare dei giovani, che torneranno ad essere pericolosamente inesperti, e ad affidarci a chi ci è già passato.

Il presidente negli Usa ha solo due mandati, cambiare è d’obbligo, e come abbiamo capito da questa campagna per le elezioni Midterm e dall’attenzione posta dai media, si sta spianando la strada per una nonna alla Casa Bianca: Hillary Clinton, 67 anni, già segretario di Stato degli Stati Uniti, già candidata alle primarie per la presidenza, moglie dell’ex presidente Bill Clinton.

E la rottamazione, le facce nuove, il dinamismo dato dalla giovinezza, l’imbarazzo per le parentopoli, tutti concetti divenuti requisiti imprescindibili? Andati, ora va bene quest’altra cosa.

Renzi deve preoccuparsi. Poiché ha ricalcato il modello di Obama, lanciato dalla cultura americana che influenza anche la nostra, con la fine di esso finirà anche il suo appeal. Se le caratteristiche che ha ripreso da Obama non piacciono più, smetterà di piacere anche lui. Assisteremo in Italia al ritorno dei rottamati, rinvigoriti dalla nuova tendenza a favore di chi ha esperienza.

Ho detto che Renzi deve preoccuparsi, non che è spacciato. In Italia infatti il limite dei due mandati non esiste. Se il premier saprà quindi riadattarsi alle nuove tendenze, modificando camaleonticamente la sua comunicazione sulla base dei nuovi bisogni indotti, potrà durare a tempo indeterminato. È finita l’era della rottamazione, non necessariamente quella di Renzi.

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