Questa mattina era stata aperta e chiusa la Spianata delle Moschee dopo gli scontri avvenuti tra manifestanti palestinesi e polizia. Gli incidenti sono avvenuti quando un gruppo di attivisti ebrei è voluto entrare per pregare per la salute del rabbino Yehuda Glick, ferito nei giorni scorsi
Dopo il cessate il fuoco all’ultimo conflitto tra Hamas e Israele e il tentativo di intavolare un dialogo tra il governo di Benjamin Netanyahu e lo Stato palestinese, nelle ultime settimane è tornata a crescere la tensione a Gerusalemme. L’ultimo episodio di violenza è avvenuto nella mattinata del 5 novembre, quando un uomo, considerato componente di Hamas, ha travolto con un furgone alcuni passanti nella zona di Gerusalemme est nel rione di Sheikh Jarrah. Un attentato che ha provocato un morto e dieci feriti e che nella modalità richiama quello avvenuto due settimane fa, quando un palestinese si è lanciato con il suo mezzo contro un gruppo di persone in attesa alla fermata del tram, uccidendo una bambina di tre mesi. Secondo quanto riporta radio Gerusalemme, il palestinese alla guida è stato ucciso dalle forze dell’ordine israeliane. Il portavoce della polizia Micky Rosenfeld parla di un attentato terroristico. A gettare benzina sul fuoco, il 4 novembre, aveva pensato anche il ministro all’Urbanistica e all’Edilizia d’Israele, Uri Ariel, che, secondo quanto riporta l’International Business Times, citando il Middle East Monitor, non ha escluso di rimpiazzare la moschea al-Aqsa, luogo sacro dell’Islam, con un tempio ebraico.
Prima investe le persone con l’auto, poi le colpisce con una spranga
L’attentato si è svolto in due tempi: nel primo, il palestinese ha travolto un gruppo di persone accanto alla fermata del tram, ai margini di un rione di ebrei ortodossi. Poi, è entrato nel quartiere di Sheik Jarrach, zona mista della città, e ha investito altri israeliani. Infine, è sceso dall’auto e ha colpito le persone con una sbarra di ferro. A questo punto è stato colpito a morte dalla polizia. Parlando attraverso la tv di Hamas, i miliziani palestinesi hanno salutato “chi oggi si è immolato per difendere la Moschea di Al Aqsa“, incitando la popolazione “a prenderne esempio”. Secondo i media, che citano un sito della jihad islamica, il nome del sospettato è Ibrahim al-Akari, di Shuafat a Gerusalemme est, fratello di uno dei detenuti palestinesi rilasciato nell’ambito dell’accordo per la liberazione del soldato israeliano Gilad Shalit.
Il ministro israeliano: “Possiamo chiudere al-Aqsa”
La dichiarazione del ministro Uri Ariel, che il 4 novembre ha aperto alla possibilità di sostituire la moschea sacra per tutto il mondo musulmano con un tempio ebraico, potrebbe essere la causa scatenante dell’ultimo attentato a Gerusalemme. “Lo status quo non può continuare perché la Moschea sorge nel luogo più sacro per l’ebraismo”. Frase che ha fatto scattare sull’attenti il mondo musulmano che teme, così, di vedersi privare del suo “cuore” pulsante, la Spianata delle Moschee.
Area che, nella mattinata del 5 novembre, è stata prima aperta e poi chiusa, dopo gli scontri avvenuti tra manifestanti palestinesi e polizia israeliana, scatenando l’ira del governo giordano che ha deciso di ritirare il proprio ambasciatore in Israele. Secondo i media, gli incidenti sono avvenuti quando un gruppo di attivisti ebrei è voluto entrare nell’area per pregare per la salute del rabbino Yehuda Glick, ferito da un presunto attentatore palestinese perché si batteva per la costruzione di un tempio ebraico nella Spianata.
Israele: “Oltre mille nuove costruzioni a Gerusalemme Est”
Il popolo palestinese non ha digerito anche gli ultimi provvedimenti del Governo israeliano che, da diverse settimane, spinge per la costruzione di nuovi insediamenti nei territori occupati. Nei giorni scorsi Tel Aviv aveva anche annunciato la costruzione di 1060 case proprio a Gerusalemme est, mentre ieri forze dell’esercito israeliano avevano demolito due abitazioni nel quartiere arabo di Silwan: nel solo 2014 le demolizioni sarebbero state già 350 abitazioni in Cisgiordania e a Gerusalemme est. Una politica, quella del governo Netanyahu, che ha provocato la denuncia della maggior parte della comunità internazionale, compresi gli Stati Uniti, alleato storico d’Israele, e della nuova Lady Pesc Federica Mogherini: è l’ora che Israele metta “fine alla politica degli insediamenti a Gerusalemme est e in Cisgiordania“, ha dichiarato l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. E’ del 3 novembre, inoltre, l’annuncio della costruzione di 500 nuovi alloggi nel rione ebraico ortodosso di Ramat Shlomo che aveva provocato la reazione di disappunto del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti.