Berlusconi sta ultimando gli ultimi ritocchi per la vendita di Mediaset Premium a Telecom: un business da un miliardo di euro con l’obiettivo di entrare nell’ex monopolista telefonico togliendo la pay tv dalla lunga stagnazione del mercato (230 milioni sono le perdite pubblicitarie di Mediaset nell’ultimo anno) collegandola agli abbonati dei servizi telefonici. Telecom pone una condizione: Premium deve pareggiare i conti. Telecom evidentemente non si fida, si sta muovendo anche con Sky. Murdoch, a sua volta, vorrebbe sbarcare definitivamente sul digitale terrestre aggiungendo a Cielo altri canali, portando l’informazione, le grandi serie e la fiction in chiaro per fare concorrenza alla tv generalista.
All’orizzonte del mercato è apparso il vero pericolo: in Italia, nel 2015, sbarcherà Netflix (60 milioni di abbonati nel mondo), la tv leader online in Francia, Germania e Gran Bretagna. Con 8-10 euro mensili si potranno vedere le serie tv e tutti i film, senza limiti, per farlo è sufficiente avere la tv collegata a Internet. Al momento l’unico ostacolo è la banda larga che copre solo parzialmente il territorio, per questo Telecom, nell’ultimo periodo, ha intensificato i lavori. La Rai, invece, ha sempre più le mani legate per colpa di un governo che strategicamente (accordo del Nazareno?) non decide.
Il sottosegretario Giacomelli aveva garantito che uno dei primi provvedimenti sarebbe stato il rinnovo della concessione di servizio pubblico in scadenza a maggio 2016 per permettere alla Rai di stare sul mercato nonostante i tagli economici: 150 milioni una a tantum e il perenne 5% del canone. All’inizio di agosto è scaduta la convenzione con l’Agenzia delle Entrate che nel 2001 ha assegnato alla Rai la raccolta del canone, prorogata solo alla fine di novembre, data entro la quale, per legge, il governo deve comunicare l’importo per il 2015. Il sottosegretario ha già annunciato che presenterà un decreto rivoluzionario: il canone passerà da un minimo di 80 a un massimo di 130 euro a seconda del reddito. È chiaro che la Rai, non avendo gli strumenti per il calcolo, che appartengono all’Agenzia dell’Entrate, rischia di perdere la concessione che ammonta a circa 10 milioni di euro. Rai Canone ha la direzione a Torino e uffici in ogni sede con alcune centinaia di dipendenti specializzati nella riscossione. Il governo, se i lavoratori non saranno assorbiti dall’Agenzia delle Entrate, avrà reso vano il faticoso dimagrimento del personale fatto dal dg Gubitosi.