Economia & Lobby

F-35, gli americani ci dicono anche dove possiamo volarci

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Diciamo che io sia un fanatico di automobili (non è vero, non ho neppure la patente), così fanatico da essere disposto a spendere cifre pazzesche per averne una di cui tutti parlano. Dicono sia una ciofeca, ma la voglio lo stesso: al cuor non si comanda. So già che, se la compro, non potrò modificare nulla. Neppure cambiare il clacson. Il costruttore dice che, se voglio fare modifiche, ci pensa lui. Vabbè, che sarà mai?, un’auto è un’auto: deve mettersi in moto, accelerare, sterzare, frenare. Insomma, fare le solite cose che fanno tutte le automobili.

Un giorno decido di andare, metti, in Val di Fassa. Chessaramai? Devo digitare la destinazione sul navigatore (di serie con l’auto: naturalmente, con quello che costa). Se non lo faccio l’auto non va: grandezza dell’informatica e del Gps. Scrivo Moena, hotel Stella Alpina (non so se esiste, ma in ogni posto di montagna c’è un hotel Stella Alpina). “Non trovato, inserire i dati corretti per l’area ricercata”. Maledetti computer. Ritento, nulla: su Moena non ci sono informazioni. Provo Canazei, lì vicino: nulla, nihil, nisba. Chiamo l’assistenza della ditta e mi dicono che se vogliono possono inserire loro i dati, ma gli devo mandare la mia rubrica degli indirizzi, altrimenti non funziona. Protesto: gli indirizzi sono miei, privati. Non gli interessa. Mi dicono: quando ha comperato la macchina ha firmato un documento con il quale si impegna a non modificare il software di bordo.

Questa storiellina sembra una gag dell’assurdo di Sacha Baron Cohen (avete presente il giornalista kazako Borat o lo stilista Brüno?), ma è invece la situazione in cui si troveranno davvero l’Aeronautica militare italiana e la Marina militare appena entreranno in servizio i cacciabombardieri F-35. Lo denuncia una interrogazione presentata oggi dai deputati del Movimento 5 Stelle che riprendono alcune dichiarazioni del tenente generale Chris Bogdan, program executive officer del più costoso programma di armamento della storia. Secondo Bogdan gli acquirenti dell’F-35 avranno adesso la possibilità di modificare (lui dice “customize”, personalizzare) i mission data package, i pacchetti dei dati di missione. Detta così potrebbe non voler significare granché. Ma per un aereo da guerra è tutto o quasi perché questi pacchetti contengono le notizie necessarie perché un caccia possa compiere la propria missione: informazioni sul terreno da sorvolare, sulle forze amiche e nemiche, sui sistemi missilistici presenti nell’area, sui potenziali obiettivi. Insomma, tutto quello che fa di un aereo militare un, appunto, aereo militare, non un fenicottero a reazione. Ma, spiega Bogdan, la personalizzazione si potrà fare solo in certi laboratori, negli Stati Uniti, sotto la supervisione di tecnici americani. Come dire: vada come vada, siete comunque nostri prigionieri. Testuale: “Le nazioni partner (partner, davvero?) costruiranno le strutture per riprogrammare gli F-35 negli Usa ma non avranno un accesso libero (unsupervised access) ai sistemi di missione, in quei laboratori ci sarà la loro gente ma anche la nostra”.

Si sapeva già che comprando gli F-35 non avremmo potuto modificare alcune cose se non trattando con gli americani e con la Lockheed. L’integrazione di certe armi, ad esempio, sarebbe possibile solo con il loro accordo. Come spiega Riccardo Ferretti, direttore del mensile Panorama Difesa, “le dichiarazioni di Bogdan dimostrano che la questione della “sovranità nazionale” riguardo al programma F-35 è ben più grave di quanto finora ipotizzato. Non solo i paesi partner non avranno la possibilità di integrare i sistemi e le armi di propria scelta, se non previo accordo con gli Stati Uniti e facendo fare il lavoro di integrazione a Lockheed Martin, ma non potranno neanche pianificare e preparare autonomamente le missioni dei propri aerei. In pratica gli F-35 potranno essere impiegati solo come e dove gli Stati Uniti vorranno. Si tratta di una cessione di sovranità senza precedenti per l’Italia, visto che anche nell’immediato dopoguerra potevamo far volare i nostri aerei a piacimento, senza dover chiedere il permesso agli Usa”.

Qui andiamo ben oltre il non poter imbarcare un missile o una bomba: gli F-35 possono volare solo dove vogliono gli americani, e comunque non potremmo modificare i pacchetti di missione se non cedendo previamente agli americani stessi i nostri segreti. Segreti che attualmente sono gestiti ed elaborati da un reparto dell’Aeronautica, il Restoge (Reparto Supporto Tecnico Operativo Guerra Elettronica), a cui si sta affiancando il Centro Interforze per il Supporto Operativo alla Guerra elettronica (Cisoge), entrambi con sede sull’aeroporto di Pratica di Mare.

Tenendo conto che queste informazioni sono tra le più segrete tra quelle in possesso di una forza armata, rinunciarvi o cederle ad altri se non è alto tradimento, ne siamo molto prossimi. Dice sempre Ferretti: “Non bisogna trascurare il fatto che le Forze Armate italiane dovranno trasferire  tutte le informazioni raccolte sui teatri di potenziale intervento, cioè il  frutto di un delicato e costoso lavoro di intelligence che comprende rilevamenti satellitari, georeferenziazione e analisi delle minacce e dei possibili bersagli, elaborazione delle rotte d’attacco e di rientro, ecc. Si tratta di informazioni segrete, che anche tra alleati vengono scambiate in minima parte e solo quando strettamente necessario, ma che con il programma F-35, di fatto, gli Stati Uniti potranno “estorcere” ai propri partner”.

Insomma, gli americani adesso sembrano voler concedere più autonomia ai loro alleati/clienti, allentando un po’ il guinzaglio al quale ci eravamo legati in piena consapevolezza, purtroppo. In realtà dietro questa improvvisa disponibilità sembra ci sia tutt’altra storia: gli americani non ce la fanno a produrre tutte le librerie elettroniche di cui hanno bisogno, neppure quelle destinate ai loro aerei. Lo ammette lo stesso Bogdan: entro luglio 2015 per far volare gli F-35B dei Marine dovrebbero essere disponibili le librerie per almeno due zone del mondo. Ne hanno, al momento, solo una e i loro programmatori non ce la fanno a fare tutto il lavoro. Di qui la furbata: facciamolo fare ai partner (partner, davvero?) e gli diciamo che è una concessione. Già me li vedo, i nostri generaloni a ringraziare come tanti ascari soddisfatti. E la Pinotti, che in tanto disprezzo tiene il Parlamento, in un sussulto di autonomia perché non batte i pugni sul tavolo e manda agli americani un bel fuck off? Beh, sarebbe ben poco renziano come gesto. Ma vuoi mettere la soddisfazione?