L’essere diventata madre prima dei trent’anni per Maria Paola Clarizia non è stato un ostacolo al successo. Neanche con una carriera alla Nasa e una missione sui cicloni tropicali da portare a termine. Oggi, che ha 31 anni e suo figlio quattro, si rende conto che è stata fortunata e il suo destino non sarebbe stato la stesso se fosse rimasta in Italia. “Quando ho fatto il colloquio per entrare nel team della Nasa non mi hanno chiesto se ero sposata, avevo figli o avevo intenzione di farne. Sono stata io, alla fine, a precisare che ero già madre di un bimbo piccolo, che ho un compagno con un lavoro a tempo indeterminato a Southampton, dove viviamo, e che non mi sarei potuta trasferire negli Stati Uniti. E il responsabile della missione, un professore del Michigan, non ha fatto una piega e ha risposto che non cambia niente mandare una mail da oltreoceano piuttosto che tra piani diversi nello stesso ufficio. Mi ha presa al volo”.
Maria Paola è la più giovane della missione “Cygnss” (Cycolne global navigation satellite system), formata da 15 operatori, tutti americani a parte lei, che lancerà otto micro satelliti a bassa orbita intorno alla Terra per capire come si formano i cicloni tropicali e migliorarne il metodo di previsione. “Adesso il nostro compito è misurare la forza dei venti durante gli uragani usando i segnali gps riflessi dalla superficie dell’oceano”. Un posto a distanza che non pesa a nessuno. Le hanno messo a disposizione una scrivania al National oceanography centre di Southampton, non deve timbrare il cartellino e gestisce il lavoro come le pare. “L’importante è portare a casa il risultato”, così le hanno detto. E ogni tre mesi viaggia negli States per fare il punto con il resto del team. “Tutto rimborsato ovviamente. I meeting si tengono ogni volta in città diverse, l’ultimo a Los Angeles, al Jet propulsion laboratory della Nasa, dove progettano le missioni per Marte, come Curiosity”. Tanto per intenderci.
Nata e cresciuta a Telese Terme, in provincia di Benevento, per arrivare dov’è oggi ha dovuto lasciare l’Italia più volte. La prima nel 2005, mentre frequentava la facoltà di Ingegneria delle telecomunicazioni. “Vinsi una borsa di studio per tre mesi in America, al California institute of technology, mi occupai di onde gravitazionali”. Poi quattro mesi nel Regno Unito, a Southampton, presso il National oceanography centre, per fare la tesi specialistica. “Qui ho studiato la tecnica di telerilevamento del mare tramite segnali gps. Ci sono ritornata anche dopo la laurea per seguire un Phd, dal 2008 al 2012”. Avrebbe potuto fare lo stesso all’Università di Benevento, ma “mi misero in guardia dicendomi che un dottorato in Italia al massimo vale per la carriera accademica, mentre all’estero ti apre anche opportunità in azienda”. Nel frattempo si innamora di un ricercatore italiano, arruolato a tempo indeterminato al centro di oceanografia. E rimane incinta. “Ho preso un assegno di maternità di sei mesi e l’istituto era attrezzato con sale per l’allattamento al seno”.
La famiglia continua a non essere un freno. Dopo il Phd si sposta a Barcellona. “Un’azienda mi ha assunto a tempo indeterminato. Nei fine settimana tornavo in Inghilterra da mio figlio e il mio compagno”. L’esperienza dura solo quattro mesi: “La Spagna è un paese instabile economicamente, sarebbe stato rischioso mollare l’Inghilterra e trasferirmi per sempre là con la famiglia”. Maria Paola torna di nuovo a fare la ricercatrice al centro di oceanografia. Passano tre mesi e si presenta l’occasione della sua vita. “Un professore del Michigan conosciuto a una conferenza un anno prima mi propone di collaborare alla missione Cygnss della Nasa”. Sappiamo come va a finire.
E dire che in Italia ci aveva provato a trovare un lavoro ma si è vista solo chiudere porte in faccia. “Ho inviato il cv a diverse aziende, università, perfino il Cnr ma nessuno ha risposto”. Ora ha poche speranze di poter rientrare nel suo Paese, se non in vacanza. “Mi piacerebbe lavorare all’Agenzia spaziale europea, c’è una sede a Frascati. Il problema è che più stai fuori e più è difficile inserirti. È paradossale, ma funziona così. Quando torni, anche se hai un cv bomba, anziché guadagnare punti, perdi il posto nella fila”.