Potrebbe essere risentito in Procura a Roma Nicola Minichini uno degli agenti penitenziari assolti nel processo a Stefano Cucchi, il geometra 31enne arrestato nell’ottobre del 2009 a Roma e morto, una settimana dopo, all’ospedale Pertini. La sua testimonianza infatti potrebbe essere richiesta dai magistrati Vincenzo Barba e Maria Francesca Loy, anche per approfondire le dichiarazioni rese dall’agente in un’intervista pubblicata ieri dal Fatto Quotidiano.
Sono passati cinque anni e due assoluzioni da quel 16 ottobre del 2009 quando nei sotterranei di piazzale Clodio c’era anche lui. “Alle 13.30 – come ha raccontato al Fatto – è arrivato Cucchi. Lo hanno accompagnato da noi i carabinieri dopo l’udienza di convalida”. Minichini a quel punto chiamò il medico Ferri il quale notò “un livido sullo zigomo. Gli chiese come mai e lui rispose che era caduto per le scale”. Quei segni sugli occhi l’agente penitenziario Minichini ha pensato che potessero “essere anche il risultato dell’eccessiva magrezza”. Ma la magrezza di solito non comporta “un quadro lesivo della colonna vertebrale, delle fratture a livello lombo-sacrale” come aveva rivelato la perizia del consulente di parte civile Vittorio Fineschi.
“Io non ho visto il pestaggio – assicura Minichini – se c’è stato io non c’ero. Quello che so per certo è che da noi non è successo niente”. Vuole soprattutto essere lasciato in pace “per non passare il resto della vita additato come un mostro” aveva affermato ieri. Ma durante l’intervista c’è una frase che tuona più delle altre: “Sarebbe ora di allargare gli orizzonti. Non so perchè finora la Procura non ha avuto lo stesso accanimento nei suoi confronti dei carabinieri e avuto in consegna prima di noi”. Insomma bisogna indagare sull’Arma. È una testimonianza che la Procura non vuole ignorare. Il caso Cucchi quindi potrebbe riservare nuovi colpi di scena. E che ci sarà una nuova fase di inchiesta si era già capito ieri. La sorella di Stefano, Ilaria Cucchi, ha depositato una denuncia in Procura contro Paolo Arbarello, già direttore dell’Istituto di medicina legale dell’università La Sapienza che eseguì la perizia sul corpo di Stefano. “Il professor Arbarello ha sottoposto ai pm prima e alla Corte poi delle non verità scientifiche su temi di comune e banale conoscenza e verificabilità, pur di minimizzare le lesioni di Stefano ed escludere qualsiasi legame di esse con la sua sofferenza e con la morte”, viene riportato nell esposto.
“Con ciò – continua la denuncia – inducendo a ritenere che si stesse proprio realizzando quanto egli stesso aveva fatto intendere in televisione fin dal 9 novembre 2009: ossia che, da parte sua, si sarebbe cercato di dimostrare la colpa dei (soli) medici per la morte di Stefano, escludendo qualsiasi nesso di causa con le lesioni”. Secondo i familiari, a conferma delle loro parole, ci sarebbero una serie di contatti telefonici “quando i consulenti di parte degli agenti penitenziari ricevevano in qualche modo delle rassicurazioni sul fatto che sarebbe stata riconosciuta una morte naturale di Stefano indipendentemente dalle lesioni subite”.
Accuse pesanti che il medico Paolo Arbarello ieri ha ieri definito “diffamatorie e calunniose” oltre che “offensive più che per me, per tutti i colleghi che hanno lavorato con me”. Poi ha spiegato. “Noi abbiamo dimostrato che c’erano una serie di lesioni vertebrali che il povero ragazzo aveva avuto precedentemente agli eventi. Abbiamo anche detto che se fossero state fatte diverse terapie da quelle che sono state poste in atto probabilmente le cose sarebbero andate diversamente”. Come ogni denuncia depositata, adesso verrà aperto un fascicolo assegnato ad un pm.
Intanto ieri Ilaria Cucchi, insieme ai genitori, ha incontrato a Palazzo Madama il presidente del Senato Pietro Grasso, che già nei giorni scorsi aveva lanciato un monito “Chi sa parli”. Incontro giudicato positivo dalla famiglia: “È stato un momento importantissimo – ha commentato Ilaria Cucchi – è stato un momento di svolta e finalmente arrivano segnali dall’alto. Speriamo che a tutto ciò che è stato fatto in questi cinque anni si possa porre rimedio. Sono segnali positivi e che ci danno forza ma noi non ci fermeremo fino alla fine”.
da “Il Fatto Quotidiano” del 6 novembre 2014
VERITA’ PER STEFANO – LA PETIZIONE DEL FATTO
Il Fatto Quotidiano lancia una raccolta firme rivolta a tutte le autorità (Dap, carabinieri, ospedale Pertini) che hanno avuto in custodia Stefano Cucchi nei suoi ultimi giorni di vita, estendendola a chiunque altro abbia informazioni utili a ricostruire quanto accaduto.