Durante un incontro con un gruppo di studenti di storia a Mosca, il leader del Cremlino ha affrontato il tema del Patto Molotov-Ribbentrop stretto tra Germania e Russia nel 1939: stabiliva la non belligeranza e sanciva la spartizione delle due diverse sfere di influenza sui Paesi dell’Europa orientale
“I metodi di politica estera di allora erano quelli. Che cosa c’è di male se la Russia non voleva combattere?”. Sta avendo grande risalto sui media britannici quando dichiarato nella giornata di mercoledì 5 novembre dal presidente russo Vladimir Putin, durante un incontro con un gruppo di studenti di storia a Mosca. Parole che, secondo il Daily Telegraph e altri media del Regno Unito, dimostrano la difesa d’ufficio, da parte di quello che secondo il magazine Forbes è al momento l’uomo più potente del mondo, del patto fra la Germania nazista e la Russia sovietica, nel 1939. Un accordo di non belligeranza (poi fallito, come noto) chiamato anche “Patto Molotov-Ribbentrop”. Parlando con gli studenti, Putin è stato chiaro. La storiografia occidentale, ha affermato, avrebbe interpretato a suo uso e consumo quegli eventi. “Ma non c’era nulla di male”, ha detto il presidente russo, “del resto dovevamo difenderci”. Come a dire, a volte bisogna fare patti anche con il diavolo.
L’accordo del 1939 stabiliva che nessuno dei due Paesi avrebbe attaccato l’altro, ma, sotto il tavolo, di nascosto, sanciva anche la spartizione delle due diverse sfere di influenza, nazista e sovietica, sui Paesi dell’Europa orientale. Quella divisione a tavolino fu negata dall’Unione Sovietica fino al 1989 e ancora rappresenta un argomento di discussione fra gli storici di tutto il mondo. “I metodi erano quelli”, ha comunque detto Putin, nulla di cui sentirsi in colpa, quindi, per il capo del Cremlino. Secondo il Daily Telegraph e gli altri media, tuttavia, con questa mossa l’ex agente del Kgb non starebbe facendo altro che giustificare le azioni russe in Ucraina e in Crimea, al centro di contese e anche di scontri armati negli scorsi mesi.
Ma, secondo il quotidiano conservatore londinese, Putin incontrando gli studenti avrebbe detto ancora di più. Il Daily Telegraph cita infatti alcuni “documenti del Cremlino” che mettono in bocca a Putin un’accusa alla Francia e al Regno Unito, “colpevoli” di non aver fatto altro che accelerare la guerra. L’accordo di Monaco del 1938, al quale parteciparono il Paese transalpino e la Gran Bretagna allora guidata dal primo ministro Neville Chamberlain, secondo Putin sarebbe stato un dare il via, da parte delle potenze occidentali, alla politica nazista in Cecoslovacchia, dove il regime stava invadendo l’area abitata dai Sudeti, e all’inasprimento della furia di Hitler, che tanti danni avrebbe poi provocato.
Tutte cose comunque scritte nella maggior parte dei libri di storia del pianeta e discusse tante volte, ma è praticamente la prima volta che Putin, in pubblico, ha puntato ufficialmente il dito contro Londra per questo motivo. L’accusa del Cremlino è semplice: con l’accordo di Monaco, Francia e Regno Unito avrebbero ritardato la creazione di un vero fronte antinazista. Per il presidente russo, comunque, questo è sicuramente un momento d’oro, anche a livello di copertura mediatica. Nella classifica dei leader più potenti del mondo stilata ogni anno da Forbes, Putin figura al primo posto davanti al presidente americano Barack Obama, quello cinese Xi Jinping, Papa Francesco a la cancelliera tedesca Angela Merkel.