Dal decreto di VIA in cui si approva la realizzazione dell’impianto di stoccaggio a Bagnolo Mella – 27 Ottobre 2014
A me dispiace perché sono sempre paesi piccoli, tranquilli e immersi nel verde, che nessuno ha mai sentito nominare prima. Siamo in provincia di Brescia, Lombardia, dove il Ministero dell’Ambiente ha appena rilasciato la compatibilità ambientale per la realizzazione di un impianto di stoccaggio di gas a cavallo fra Bagnolo Mella, Capriano del Colle, Dello, Offlaga.
Era un vecchio campo di gas dismesso, dove ora verranno ora stoccati gas e CO2 per un totale di 88 miliardi di metri cubi. Pomperanno gas d’estate ed estrarranno d’inverno. Nella zona ci sarà anche la realizzazione di una centrale di trattamento. La ditta proponente era inizialmente la Edison, ma la concessione è stata poi trasferita alla GDF Suez Energia Italia, la cui casa madre è in Francia.
Tutti – o quasi tutti – hanno detto sì: la commissione tecnica di VIA, il Ministero dei beni e delle attività culturali, e poi c’è stata la regione Lombardia che non si è pronunciata, sebbene sollecitata in data 30 luglio 2012. Perché è stata zitta? A quel tempo il presidente della regione Lombardia era Roberto Formigoni e ci eravamo appena lasciati alle spalle i devastanti terremoti dell’Emilia Romagna, per i quali c’era quanto meno il sospetto che potessero essere collegati alle attività umane. Perché Formigoni non si è espresso – in positivo o in negativo – a nome della sua regione? E il presidente attuale, Roberto Maroni, ha qualcosa da dire ora su questo tema? E’ bene ricordare che l’attività di stoccaggio è considerata a rischio di incidente rilevante e soggetta alla direttiva Seveso.
La zona interessata dalle attività della GDF Suez Energia è sismica e, secondo quanto riporta il sito del circolo ufficiale del Pd della zona, sono stati registrati terremoti di intensità 4 anche nelle scorse settimane. E’ qui che si passerà adesso da un’attività estrattiva durata per decenni ad attività di immissione e di estrazione di gas a frequenza semestrale sottoponendo il sottosuolo a cambiamenti del tutto innaturali.
Il parere positivo arriva anche se manca ancora l’autorizzazione relativa alle emissioni in atmosfera e agli scarichi idrici. La ditta proponente inoltrerà le domande “appena disponibili le informazioni necessarie acquisibili solo nella fase di progetto esecutivo”
Cioè prima si approva e poi si potrà sapere cosa e quanto verrà emesso in atmosfera.
La GDF Suez Italia dovrà realizzare a sue spese una rete di monitoraggio sismico. Nel caso in cui si registrino scosse di grado 3.0 occorrerà adottare “tutti gli accorgimenti opportuni” atti a riportare la magnitudine sotto il valore 2.0. Come dice il mio amico Franco Ortolani: ma che hanno la sfera di cristallo? Quali sono questi accorgimenti per controllare, e per cambiare a piacimento le intensità dei terremoti? Chi lo sa fare? Mica uno gira una manovella e… voilà, le intensità si abbassano magicamente. Non funziona cosi! E se c’è un terremoto di magnitudine 4 o 5 o 6, dovuto magari alla sismicità naturale del territorio cosa facciamo? E poi ancora: chi controllerà tutto questo? Mistero.
Anche sui vari compensi pare tutto all’acqua di rose: il governo dice semplicemente che la ditta proponente deve concordare misure compensative con i comuni interessati. Mettetevi d’accordo voi, piccoli comuni della bresciana e colosso francese dell’energia.
La chicca finale è che tutto sarà circondato da una “idonea architettura vegetale” con piante autoctone e che il progetto esecutivo dovrà essere “integrato e corredato da specifici elaborati progettuali di armonizzazione del nuovo insediamento paesaggistico” che dovrà tenere conto, anche nella percezione visiva“del rapporto con le architetture storiche e tradizionali nonché con le colture ed il complesso sistema agricolo tradizionale”. Si dovrà assumere o usare la collaborazione di un esperto architetto paesaggista per la “sistemazione degli impianti vegetazionali”, si dovranno usare “essenze tipiche della zona” e “contenere il piano di accrescimento delle specie selezionate”.
Avremo dunque lo stoccaggio compatibile con il complesso sistema agricolo tradizionale!
Ma alberi o non alberi, in Lombardia si prevedono o sono stati già costruiti altri impianti di stoccaggio – Sergnano, Ripalta Cremasca, Settala, Romanengo, Cornegliano Laudense. Ezio Corradi è il coordinatore dei comitati ambientalisti di Lombardia che narra quello che accade a Bordolano, provincia di Cremona, dove la Stogit è già all’opera: innocui annunci di fiaccole che si trasformano in vampate di 20 metri durante le prove di produzione, faglie sismiche, nessun piano di emergenza ed il silenzio generale.