Il compleanno di Rombo di tuono è l'occasione per ricordare il grande Cagliari di Scopigno, lo scudetto del '70 e quel rapporto indissolubile tra l'isola e il campione che rifiutò le grandi per rimanere sardo
Il 25 ottobre 1970 il Cagliari, con lo scudetto cucito sulle maglie, gioca a Milano contro l’Inter: finisce 2-1, doppietta di Gigi Riva. Qualche giorno dopo sul Guerin Sportivo l’immenso Gianni Brera scrive: “Il Cagliari ha umiliato l’Inter a San Siro. Oltre 70mila spettatori: se li è meritati Riva che qui soprannomino Rombo di Tuono”. Quel giorno la figura di Gigi Riva, uno dei calciatori italiani più forti di sempre, campione d’Europa nel 1968 e vicecampione del Mondo nel 1970, attuale detentore del record di gol in nazionale con 35 reti, si trasforma in epica. Il suo aspetto ieratico, la faccia scolpita nel marmo che nell’immobilità tradisce una moltitudine di emozioni, i suoi silenzi, la storia personale di riscatto e sofferenza, la carriera da giocatore capace di ascese vertiginose cui ogni volta corrispondono rovinose cadute, sono ingredienti di un romanzo che trascende il calcio e segna la storia del paese. Oggi Gigi Riva compie 70 anni, e la sua leggenda è sempre declinata al presente.
Gigi Riva nasce il 7 novembre 1944 a Leggiuno, e quel cielo padano plumbeo è presagio di atroci lutti e sofferenze famigliari. Nel calcio, prima al Laveno Mombello e poi al Legnano, trova l’unica via di fuga possibile da quella cappa scura in cui è difficile respirare, da quel collegio di preti in cui non vuole stare. A furia di legnate tirate con il sinistro nelle porte avversarie, una dopo l’altra per trovare un barlume di felicità, Riva attira l’attenzione del Cagliari in Serie B, e a diciannove anni parte per la Sardegna. Nell’isola Riva è adottato con un amore che mai ha potuto conoscere prima, e a lei si dà tutto, e per sempre si darà senza mai lasciarla. Nell’isola Riva conosce anche il suo maestro, il tecnico Manlio Scopigno, e la cavalcata verso l’alto è inarrestabile prima dell’inevitabile e fragorosa caduta. Durante una tournée americana Scopigno esagera con l’allegria nella villa dell’allora ambasciatore a Washington, e nel 1967 è allontanato da quel Cagliari in procinto di diventare grandissimo.
L’anno seguente Riva si rintana ancor di più nell’isola, e circondato da pochi e fidati amici resiste alle prime pressanti lusinghe di mercato. Nel paese il baby boom, periodo di crescita demografica e degli elettrodomestici e dell’automobile per tutti, è oramai un lontano ricordo. La crisi comincia a farsi sentire e gli autunni a farsi sempre più caldi, il 1968 è foriero di enormi cambiamenti, anche culturali, e la figura di Gigi Riva comincia a intrecciarsi con quella degli eroi maledetti degli Spaghetti Western. Come Django, Armonica e Cuchillo, Riva decide di appoggiare la causa dei perdenti, quella del piccolo Cagliari, nella lotta contro l’oppressione dei latifondisti, ovvero le grandi e ricche squadre del nord che vincono, assoggettano la legge (leggi gli arbitri) e si rinforzano sempre di più. L’atto di resistenza di Riva alle suadenti sirene delle grandi squadre dona nuova consapevolezza al Cagliari.
Quell’anno poi è anche il primo trionfo della nazionale italiana dai tempi del fascismo. L’Europeo giocato in casa e vinto in finale contro la Jugoslavia grazie ai gol di Anastasi e, ovviamente, Gigi Riva, è il preludio. Il ritorno di Scopigno a Cagliari il primo atto. Dopo un secondo posto in campionato dietro alla Fiorentina, nella stagione 1969-70 Gigi Riva guida il Cagliari al primo storico scudetto in Serie A, e in estate l’Italia alla finale nei Mondiali di Messico ’70. Lo scudetto del piccolo Cagliari non è solo un successo sul campo, ma è subito letto come una rivincita etica e morale dei vinti nei confronti dei vincitori. Un atto di giustizia. Ma negli Spaghetti Western non c’è lieto fine, e pochi mesi dopo, giusto qualche giorno dopo quel 25 ottobre 1970 in cui Gianni Brera lo battezza Rombo di Tuono, la sconfitta dell’eroe si palesa. In un match di qualificazione europea a Vienna con l’Italia, il terzino austriaco Hof gli frattura tibia e perone. Riva si ferma, Cagliari implode.
Di nuovo, come araba fenice Gigi Riva rinasce dalle ceneri del dolore e si ripresenta più forte di prima. Rombo di Tuono accetta la sua condizione di difensore dei deboli, assume su di sé il pesante fardello dell’eroe e per questo va di nuovo incontro all’inevitabile e tragico destino della sconfitta. Continua a segnare caterve di gol, e a portare su di sé il peso della storia, mentre piano piano la squadra sprofonda da dove era venuta. Per questo i grandi squadroni del nord tornano a fargli la corte spietata. Il dirigente bianconero Boniperti lo segue ovunque, ma Riva non cede. Il suo gran rifiuto alla Juventus è gesto simbolico degli anni della contestazione: Rombo di Tuono dice no alle lusinghe potere, si sottrae allo spettacolo e sceglie di restare umano. Nella sua isola, taciturno. Tra i suoi pochi amici, pensieroso. Un ultimo grave infortunio lo costringe ad abbandonare il calcio a soli trentuno anni. Ma nella storia del calcio e nell’epica della rivoluzione, il volto impassibile di Gigi Riva è scolpito in eterno.