L'ensemble composto da una ventina di persone è nato con l'obiettivo di dare una rappresentanza alla comunità Lgbt e usare la musica contro stereotipi e omofobia
Si fanno chiamare i “Komosnauti”, e da sei anni portano in giro per festival, rassegne e locali un repertorio che va dal rinascimento al classicismo, fino al pop e al contemporaneo. Sono i componenti del Komos, primo coro maschile gay d’Italia, ensemble di una ventina di persone nato con l’obiettivo di dare una rappresentanza alla comunità Lgbt, e usare la musica contro stereotipi e omofobia. Dal 2008 a oggi di strada ne hanno fatta, costretti anche a superare parecchi ostacoli: sono stati sfrattati dalla Curia di Bologna, censurati da quella di Pesaro, prima di trovare una nuova casa nella chiesa evangelica. E proprio qui, venerdì 7 novembre, si inaugurerà la quarta edizione della rassegna Komos&co. In tutto sei esibizioni, a ingresso gratuito, organizzate da Komos nella chiesa evangelica metodista di via Venezian, nel centro storico di Bologna.
“L’idea che guida la rassegna – spiegano gli organizzatori – è quella di creare un luogo accogliente, nel cuore di Bologna, dove ascoltare programmi musicali interessanti e fuori dagli schemi. In un’atmosfera intima e rilassata di una serata tra amici, in cui sia possibile un vero dialogo tra musicisti e ascoltatori”. L’inaugurazione sarà sulle note del barocco francese, con le Lamentazioni per il mercoledì santo, opera del 1714, di François Couperin. “Conosciute come Leçons de ténèbres saranno, saranno affidate a un ensemble barocco tutto femminile: le voci di Vittoria Giacobazzi e Anna Rita Pili, il clavicembalo e dall’organo di Paola Barbieri, la tiorba di Elisa La Marca e la viola da gamba di Stefania Pozzi”.
Il turno del Komos sarà invece domenica 9 novembre, quando si esibirà insieme al coro Giuliano del Chiaro di Poggibonsi, in quella che loro definiscono una “grande festa corale”, e dove si mescoleranno il sacro e il profano di ogni epoca. Il 15 novembre invece serata dedicata a Carl Philip Emanuel Bach, in occasione del trecentesimo anniversario della sua nascita. Sul palco il clavicembalo di Giovanni Paganelli, il flauto di Giulia Baracani e il violino di Eugenia Lentini. I tre “cureranno un approfondimento particolare su colui che è stato molto più uno dei figli di Bach, un compositore visionario e avanguardista che Mozart e Beethoven consideravano un modello imprescindibile”.
La storia di Komos inizia a Modena nel 2008, grazie all’iniziativa dell’ex direttore, il cantante e musicista Paolo V. Montanari, che attraverso un tam tam sul web e appelli sulla stampa, comincia a reclutare cantanti. I componenti del Komos non sono selezionati in base alla loro sessualità, ma semplicemente i base alla volontà di aderire a un progetto, che oltre a “ricoprire un ruolo di rappresentanza all’interno della rete sociale LGBTQ” vuole “divulgare la musica colta occidentale, in modo da abbattere gli stereotipi che circondano queste due realtà”. Negli anni le loro voci sono state ascoltate il Gay Pride, alla festa della donna, in occasione della Giornata mondiale contro l’omofobia. Anche se non sempre il coro ha avuto vita facile. Nel 2009 viene cacciato alla chiesa di San Bartolomeo della Beverara, a Bologna, dove era solito fare le prove. Una nota firmata dell’arcivescovo Carlo Caffarra impone infatti al parroco don Nildo Pirani di sfrattare i musicisti. Un anno dopo stesso copione. L’arcidiocesi di Pesaro ordina lo stop di un’esibizione già in calendario, costringendo la parrocchia del Cristo re ad annullare la partecipazione del coro gay alla rassegna Vespri d’organo.