Aumentano gli arrivi ma anche i ragazzi "irreperibili". E, a causa di un pasticcio burocratico, molte strutture di accoglienza di Campania, Puglia e Sicilia non ricevono dallo Stato i pagamenti dovuti. Intanto il coordinamento italiano delle organizzazioni denuncia che il governo, per ridurre i costi, intende ridurre gli standard di qualità
Oltre 3mila tra bambini e ragazzi “irreperibili”. Mentre l’Italia archivia la missione umanitaria Mare Nostrum in favore del progetto europeo per il controllo delle frontiere Triton, i dati del ministero del Lavoro e delle politiche sociali danno le dimensioni di un’emergenza che resta sottotraccia: quella dei minori stranieri non accompagnati in arrivo dal Nord Africa. Dalle tabelle aggiornate a fine settembre emerge che dall’inizio dell’anno ne sono stati registrati più di 12mila (contro gli 8.400 del 2013 e i 7.500 del 2012). Ma 3.163 di questi ragazzi, un quarto del totale, sono spariti. Quasi 1.800 in Sicilia, la regione che per evidenti ragioni geografiche registra il maggior numero di sbarchi, 348 in Puglia, 309 nel Lazio, 148 in Emilia Romagna e 123 in Lombardia. Le associazioni che si occupano di disagio sociale e accoglienza ai minori avvertono che la situazione, finita anche al centro di un’interrogazione parlamentare della senatrice Pd Silvana Amati, è “drammatica e di difficile gestione”: le comunità sono sature e insufficienti rispetto al numero di arrivi e di conseguenza molti bambini e ragazzi rimangono senza collocazione. Vale a dire che nel migliore dei casi vengono inseriti in strutture per adulti, nel peggiore finiscono per strada. Un quadro aggravato dal fatto che da tempo, a causa di un pasticcio burocratico, molte comunità per minori stranieri non accompagnati di Campania, Puglia e Sicilia non ricevono dallo Stato i pagamenti dovuti. E ora sono pronte a scendere in piazza e perfino a dimettere i ragazzi ospitati per rivendicare i propri crediti e denunciare che il governo, per ridurre i costi, intende rivedere al ribasso gli standard di qualità dell’accoglienza. A fronte di questo, sostengono, vale poco il fatto che con la legge di Stabilità l’esecutivo abbia incrementato di 12,5 milioni gli stanziamenti per il fondo destinato a questa emergenza, portandolo a 120 milioni di euro.
“La legge sui servizi sociali 328 del 2000 prevede che dei minori non accompagnati si faccia carico, dal punto di vista economico, il “Comune di primo rintraccio”, cioè quello in cui arrivano e vengono identificati”, spiega Antonio Di Pinto, presidente del Coordinamento italiano comunità di accoglienza minori (Cicam), che raccoglie un centinaio di comunità del Sud Italia. Gli enti ricevono poi dallo Stato un rimborso forfettario appena aumentato da 20 a 45 euro pro capite, comunque troppo poco a fronte di rette (stabilite dalle Regioni) che oscillano tra i 70 ai 120 euro. “Ma un’ordinanza emanata nell’aprile 2013 dalla direzione generale Immigrazione e politiche di integrazione del ministero del Lavoro ha stabilito diversamente, disponendo che la responsabilità passi a quelli in cui hanno sede le comunità di accoglienza”. Risultato: da allora si è creato un rimpallo di responsabilità che ha portato al blocco dei pagamenti. Insomma, per togliere le castagne dal fuoco ai Comuni in cui si concentrano gli arrivi dei migranti è stata partorita una soluzione che di fatto impedisce alle comunità di tirare avanti.
I crediti vantati hanno superato così i 10 milioni di euro, come è emerso quando la Procura di Roma (Il Fatto Quotidiano ne ha dato conto il 23 ottobre) ha chiesto l’archiviazione nei confronti del ministro dell’Interno Angelino Alfano, di quello dell’Economia Pier Carlo Padoan e di quello del Lavoro Giuliano Poletti, indagati per “rifiuto o omissione di atti d’ufficio” nell’ambito di un’inchiesta sui mancati pagamenti nata dalla denuncia di una ventina di cooperative sociali associate al Cicam. Motivazione dei pm: se il governo non ha pagato non è stato per “rifiuto intenzionale” ma a causa del deterioramento delle condizioni di finanza pubblica che ha determinato una “protratta e generalizzata condizione di insolvenza”. Resta il fatto che, come ha commentato l’avvocato delle coop Francesca Conte (che ha impugnato la richiesta di archiviazione), “a pagare le conseguenze sono degli innocenti: le strutture e i loro ospiti”.
L’incontro del 28 ottobre tra i rappresentanti del Cicam, il sottosegretario al Lavoro Franca Biondelli (che ha la delega su politiche sociali, integrazione e famiglia) e il capo dipartimento all’Immigrazione del ministero dell’Interno, Mario Morcone, si è concluso con un nulla di fatto. Di Pinto attende una nuova convocazione per i prossimi giorni. “Ma difficilmente sarà risolutivo. E siamo preoccupati perché sappiamo che nel frattempo il governo sta studiando una revisione complessiva del sistema mirata a contenere i costi. Ci risulta che l’idea sia quella di rivedere al ribasso i parametri oggi richiesti, a partire dal numero di educatori e mediatori in rapporto ai ragazzi. Il che comporterà il licenziamento di parte del personale. In alternativa l’assistenza ai minori italiani manterrà gli standard attuali mentre quella per gli stranieri sarà di qualità inferiore”. Un trattamento “di serie B” che il Cicam ritiene inaccettabile. Di qui la richiesta che il governo ritiri l’ordinanza del 2013 e si faccia carico del problema nell’ambito dell’ampliamento del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), la rete degli enti locali che ricevono finanziamenti per gestire progetti di accoglienza dei migranti con lo status di rifugiato o in attesa di ottenerlo.