Assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste” per l’imprenditore Francesco Caltagirone Bellavista nel processo per lo scandalo del Porto di Imperia. Assolti con lui altri nove imputati. Due sole le condanne, a otto mesi di reclusione e a 300 euro di ammenda. Dopo la sentenza, l’imprenditore ha abbracciato i suoi legali. “Non ho parole per i giudici – ha detto l’imprenditore dopo la lettura del verdetto -. Sono contento che in Italia ne esistano così. La cosa peggiore mentre ero in carcere è stata che la Procura di Imperia mi abbia impedito la difesa, con un accanimento contro imputati innocenti”.

Il pm di Torino Giancarlo Avenati Bassi aveva chiesto 8 anni di carcere perché, aveva detto durante la requisitoria durata due udienze, quella del Porto di Imperia “è una truffa colossale, di livello pazzesco. E non mi era mai accaduto di dover discutere una causa così. Il Comune ne esce a pezzi non tanto dal punto di vista politico, ma da quello patrimoniale. Il danno è spaventoso. Anche per lo Stato”. Un’infrastruttura, il cui costo iniziale lievitò fino a 140 milioni, che secondo l’accusa dopo anni di lavori e intoppi di ogni tipo ha permesso di “arricchire Caltagirone e i suoi amici. Sono stati fatti tanti e tali pasticci che l’opera non è nemmeno collaudabile. Non potrà entrare nel patrimonio dello Stato nemmeno fra cinquant’anni. Chi ha comprato i posti barca non se ne può servire come desidera e non li può nemmeno rivendere. Senza contare l’esposizione con le banche”.

Caltagirone aveva chiesto di rendere dichiarazioni spontanee e si era difeso: “Non sono un pirata. Non sono un ladruncolo. Non merito di essere definito così, un disonesto palazzinaro di borgata, dopo oltre mezzo secolo di lavoro. Non è giusto”. L’imprenditore, chiamato in causa nella veste di dominus della società costruttrice Acquamare, aveva detto: “Dopo oltre mezzo secolo di vita professionale sono incensurato. Avevamo chiesto un finanziamento per finire le opere a terra. Avevamo proposto la ristrutturazione del debito. Avevamo presentato i ricorsi contro la decadenza della concessione. Poi, però, io e altri fummo arrestati. E l’azienda venne decapitata”. Al giorno dell’arresto, il 5 marzo 2012, Caltagirone aveva dedicato un ricordo amarissimo: “Mi aveva chiamato il sindaco, che era un ex uomo di Scajola (la cui posizione è stata archiviata, ndr), per discutere qualche questione. Andai a trovarlo. E venni fermato un minuto e mezzo dopo …”.

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