Sento spesso definire il presidente Renzi un ragazzo anni 80. È un retaggio che intravedevo anch’io qualche tempo fa vedendolo camminare tra le stanze di Palazzo Pitti e glorificare i protagonisti del Made in Italy. Poi con l’ultimo incontro alla Leopolda e in particolare per la presenza di Patrizio Bertelli (marito di Miuccia Prada) ho capito che il presidente Renzi per il lusso nutre una autentica passione.
Magari non per il lusso in sé come prodotti, ma come modello di business, come terreno di rilancio. Lo trovo inquietante, perché se alla Leopolda si fosse svolto una specie di processo a chi avesse maggiormente approfittato e trasformato in utile il debito pubblico in crescita esponenziale dagli anni ‘80, ebbene sul banco degli imputati ci sarebbero molti tra gli acclamati stilisti del Made in Italy, con la complicità di media e pubblicitari. Inoltre il sistema moda che il presidente sembra riunire nel grande calderone delle “eccellenze italiane” non è un semplice comparto, ma rispecchia una visione di mondo e società, di business e gestione industriale, il più delle volte assai simile a quelle descritta nell’ultima puntata di Report. Dobbiamo esserne fieri?
A parte casi di indiscutibile talento, l’esplosione del Fashion System è avvenuta in periodi in cui l’emergenza politica ed economica da noi trovava possibili e temporanei rattoppi nel settore tessile, povero per definizione, con uno Stato disposto a finanziarne le attività come in nessun altra parte del mondo. Chi ha vissuto quei tempi lo ricorda, era un continuo aprire negozi e boutique, comprare e spendere, il tasso d’inflazione raggiungeva le due cifre incentivando un’evasione divenuta poi strutturale, mente i media diffondevano i modelli di vita tra denaro facile, sesso, successo, moda, divertimento. In questo processo la società si è imbarbarita e abbiamo annientato le nostre migliori qualità.
Bertelli sa bene queste cose perché ha visto crescere proprio in quegli anni la sua fama come tanti altri. In quegli anni si è creato il terreno per quello che è venuto e che abbiamo subìto tutti quanti nel ventennio successivo. Quando vedo nel 2014, che nei luoghi dove si vuole rilanciare il paese, si esalta una economia fallimentare e da dimenticare, la trovo un’enorme delusione. E spero che Renzi si faccia ben consigliare in merito. Sono certo che quando parla di competitività alla Leopolda sappia bene che la Germania è in grado di vendere al governo cinese alta tecnologia, come il treno monorotaia Pechino-Shangai, e che al contrario il vestire e il mangiare lo sanno produrre tutti i popoli del mondo.
Continuiamo a parlare dei nostri problemi con una visione domestica e autocompiaciuta, mentre i nostri ricercatori e le vere eccellenze che ci servono oggi trovano spazio e affermazione solo all’estero.
Il Paese ha bisogno mai come ora di capire perché abbiamo vissuto quegli anni felici e spensierati e cosa significa uno Stato indebitato e uno in regola. Quando Renzi glorifica quel tipo di Made in Italy non è sulla buona strada se vuole cambiare a fondo il paese.