Sarebbe dovuto finire nello stesso carcere che ospitò il terrorista italiano Cesare Battisti, da anni in esilio. Ma Henrique Pizzolato, l’ex dirigente del Banco do Brasil condannato per la tangentopoli brasiliana del Mensalão, fuggito a Modena nel novembre 2013 e lì arrestato dall’Interpol nel febbraio 2014, resterà libero in Italia. Secondo la giustizia del nostro Paese in Brasile le condizioni delle carceri sono “tali da rendere concreto il pericolo che l’estradando sia sottoposto a un trattamento avente un obiettivo carattere inumano e degradante, in violazione dei diritti fondamentali”. A una settimana dalla decisione della Corte d’Appello di Bologna che ha negato l’estradizione, le motivazioni del presidente della Terza sezione penale, Donatella Di Fiore e delle sue due colleghe Marinella De Simone e Danila Indirli chiariscono il perché di una scelta che nel grande Paese sudamericano ha fatto molto discutere. “Episodi recenti e gravissimi documentati dai media a livello internazionale fra cui la decapitazione di tre detenuti all’interno del penitenziario Petrinha a Sao Luis”, scrivono i giudici, “il World Report del 2014 pubblicato delle organizzazioni non governative Human Rights Watch e dall’organizzazione non governativa internazionale brasiliana Coneictas direitos humanos, testimoniano come a oggi la condizione delle carceri brasiliane non sia ancora migliorata e il rischio torture sia ancora concreto”.

Pizzolato, ex dirigente sindacale e uomo vicino al Pt, il Partito dei lavoratori oggi al governo in Brasile, è stato condannato a 12 anni e sette mesi per peculato, corruzione passiva e riciclaggio nell’ambito del grande scandalo Mensalão. Una vicenda che ha segnato la vita politica del Brasile e per poco non costò al presidente Lula (fondatore e primo presidente del Pt) la rielezione nel 2006. Una decina d’anni fa infatti venne a galla un sistema di tangenti pagate con cadenza mensile (da qui la parola Mensalão) a deputati di altre forze politiche da parte di ambienti vicini al partito di governo, proprio per garantire i voti a quest’ultimo. I fondi sarebbero provenuti direttamente dalle casse di aziende, come lo stesso Banco do Brasil, appartenenti allo Stato. Per quei fatti 25 sono state le persone condannate tra cui un ex primo ministro e un ex presidente del Pt.

Quando Pizzolato, che ha doppia cittadinanza italiana e brasiliana, fu arrestato a Maranello a febbraio, spiegò di volere chiedere un processo giusto: “Ho deciso di far valere il mio legittimo diritto di libertà per essere sottoposto ad un nuovo giudizio in Italia, in un tribunale che non è sottoposto alle imposizioni dei media controllati dall’imprenditoria, come è previsto nel trattato di estradizione tra Brasile e Italia”. Ma ora la Corte d’appello di Bologna non vuole entrare nel merito delle accuse a lui rivolte. Di certo, per la giustizia italiana, la sua condanna non è ‘politica’: “I reati per i quali Pizzolato è stato condannato non sono reati di opinione, tipicamente ‘politici’, ma reati, comuni, peraltro non connotati da ‘politicità’ della condotta illecita. Né si ritiene – spiegano i giudici italiani – che l’estradando sia stato sottoposto nello stato straniero richiedente a un processo non equo”.

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