Il braccio di ferro sul gasdotto che dall’Azerbaijan dovrà sbarcare sulle coste salentine si trasforma in guerra di carte bollate. Regione Puglia da un lato, multinazionale Tap dall’altro. Nel mezzo, il pacchetto di disposizioni sul rischio di incidenti rilevanti, la cosiddetta normativa Seveso. Non un dettaglio, visto che è un contenzioso che potrebbe minare alle fondamenta la Valutazione di impatto ambientale, il via libera che l’opera ha già incassato dal Ministero dell’Ambiente lo scorso 28 agosto. Non un orpello, dato che sulla quantità di gas che sarà presente nell’impianto e sui relativi pericoli a pochi passi da case e centri abitati Tap continua a tacere, non avendo fornito i chiarimenti più volte richiesti dagli enti.
La questione è lunga e complessa e rispolvera leggi, sentenze e conflitti di competenze che ora spetterà al Tar Lazio districare. È a questo che si è rivolta la società, che ha presentato, inoltre, ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Due strade diverse per impugnare provvedimenti dello stesso tenore, le note con cui il Servizio Rischio Industriale della Regione Puglia, il 15 gennaio prima e il 30 aprile poi, ha ritenuto necessario il rispetto della disciplina Seveso. “A nostro avviso, il metanodotto, considerato nel suo complesso di tubo e centrale di depressurizzazione, ne è soggetto. Per questo abbiamo deciso di resistere in giudizio”, conferma Loredana Capone, assessore regionale allo Sviluppo Economico. Il gasdotto, infatti, dopo il suo arrivo sulla spiaggia di San Foca, sulla costa adriatica leccese, dovrebbe penetrare per 8,2 chilometri nell’entroterra. Un percorso interrato, un lungo serpentone tra campagne, aziende e case, fino ai dodici ettari che accoglieranno il terminale di ricezione (Prt), il centro di supervisione e controllo dell’intero mega tubo, il cervello da cui misurare, controllare e immettere gas naturale nella rete di Snam.
Nelle more del contenzioso, il Comune di Melendugno ha diffidato il comando dei vigili del fuoco a non rilasciare il nulla osta di fattibilità, uno dei documenti fondamentali che Tap dovrà acquisire. E che al momento, evidentemente, non avrà: la questione, infatti, sarà, assieme alla scelta contestata della localizzazione dell’approdo, uno dei nodi da affrontare in sede di conferenza di servizi, convocata per il 3 dicembre dal Ministero dello Sviluppo economico. Per la società non ci sono dubbi: il metanodotto è esonerato dall’assoggettabilità alla normativa Seveso perché è un tipo di impianto non industriale, in cui non si fa né lavorazione né stoccaggio di gas. Lo dice forte di una nota del comando provinciale dei vigili del fuoco di Lecce. Lo dice supportata, soprattutto, dai pareri dei ministeri dell’Ambiente e dell’Interno.
Quello che preoccupa, però, è ciò che la multinazionale non dice. “La Regione le ha chiesto due volte di calcolare quanta sostanza pericolosa sarà presente nella condotta e nel terminale di ricezione. Per farlo, avrebbe bisogno dei dati su diametro e lunghezza dei tubi, pressione e temperatura, per ricavare volume dei cilindri e densità del gas. Nulla, quelle cifre non vengono fornite”. Alessandro Manuelli, l’ingegnere che ha coordinato il secondo controrapporto depositato a Roma dal Comune di Melendugno, non si spiega i silenzi.
È sua la stima che, in assenza di certificazioni precise della società, fa drizzare i capelli e che, va precisato, sarebbe calcolata per difetto, non tenendo conto della sostanza contenuta nel Prt, su cui nulla si sa: “Avendo a disposizione solo i numeri sul diametro del tubo lungo il percorso a terra e presumendo una temperatura tra i 10 e i 15 °C, si arriva a quantitativi che oscillano tra le 638 e le 664 tonnellate”. È molto o è poco? È il triplo della soglia di 200 tonnellate di gas imposta dal decreto legislativo 334/1999, la “Seveso III”. È il sestuplo del tetto di 100 tonnellate previsto dalla legge regionale di attuazione, la numero 6/2008, più restrittiva, impugnata dal Presidente del Consiglio dei ministri, ma considerata legittima dalla Corte Costituzionale nel 2009. E a chi spetta stabilire, poi, se quei limiti vanno rispettati? Per Tap, essendo un’opera di interesse strategico, deve pronunciarsi lo Stato e non la Regione. Ma anche su questo dovrà essere la magistratura a fare chiarezza. Ciò che è certo è che lo stesso Ministero dell’Ambiente, nell’elenco delle autorizzazioni ambientali ancora da acquisire contenuto nella Via concessa ad agosto, riporta che l’autorità competente a rilasciare il nulla osta di fattibilità è il Comitato tecnico regionale. E se così sarà, sarà un bel guaio. La legge pugliese del 2008, al suo articolo 14, infatti, è inequivocabile: “La procedura di valutazione di impatto ambientale non può essere conclusa in assenza del rilascio del nullaosta stesso”. Ecco perché traballa l’intero impianto che ha finora benedetto il gasdotto.