Secondo quanto spiegato sulla rivista Science Translational Medicine, una volta giunti a destinazione, gli anticorpi bloccano l’enzima che produce i frammenti di beta-amiloide che si accumulano nel cervello dei malati
Anticorpi terapeutici che – somministrati per iniezione – possono raggiungere il cervello navigando nel sangue e, una volta giunti a destinazione, fermano la produzione delle sostanze tossiche alla base della malattia, i frammenti di proteina beta-amiloide. È l’ultima frontiera della lotta contro l’Alzheimer, la forma più diffusa di demenza senile che colpisce 25 milioni di persone nel mondo, destinati a triplicare entro il 2030.
Messi a punto e testati su scimmie gli anticorpi sono stati progettati proprio per garantirgli un facile accesso al cervello: iniettati nel sangue, usano come scialuppa una proteina di trasporto – la transferrina – la quale può penetrare agevolmente nel cervello. Secondo quanto spiegato sulla rivista Science Translational Medicine, una volta giunti a destinazione, gli anticorpi bloccano l’enzima che produce i frammenti di beta-amiloide che si accumulano nel cervello dei malati.
Secondo dati resi noti a Pistoia in occasione dell’ultimo congresso nazionale della Società Italiana di geriatria e gerontologia (SIGG) in Italia i malati di demenza corrono verso quota 1,3 milioni, cifra che potrebbe raddoppiare nel 2050 a causa del progressivo invecchiamento della popolazione. La malattia è caratterizzata dall’accumulo di sostanze tossiche che avvelenano e uccidono i neuroni, i frammenti di peptide beta-amiloide. Uno dei metodi più promettenti nella corsa mondiale verso una cura è appunto proprio l’eliminazione di questi frammenti che formano placche e grovigli tossici. Le vie tentate finora non sono poche ma, ogni qualvolta si provi a curare una malattia cerebrale, vi è un grande ostacolo: è difficile creare un farmaco capace di raggiungere il cervello e cioè di oltrepassare la cosiddetta “barriera emato-encefalica”, un muro di cinta che protegge il cervello da tutte le sostanze in transito nel sangue.
È qui la svolta degli anticorpi terapeutici testati sulle scimmie: loro sono intelligenti e quindi capaci di farsi ‘dare un passaggio’ dalla ‘transferrina’, molecola di trasporto che viaggia nel sangue e che ha libero accesso al cervello. Gli anticorpi riescono così a giungere a destinazione e nel cervello bloccano l’enzima che produce i frammenti di beta-amiloide, riducendone la concentrazione e la tossicità. Se questa tecnica si dimostrasse efficace anche su pazienti, si potrebbero somministrare loro iniezioni quotidiane o settimanali di questi anticorpi terapeutici per tenere a bada la malattia neurodegenerativa.