Appartenenti a una generazione cresciuta con aspettative che col passare del tempo sono andate via via deluse, i Fast Animals And Slow Kids, band formata da quattro ragazzi quasi trentenni e nata a Perugia nel 2007, sfogano la loro rabbia suonando musica punk rock e scrivendo canzoni dai testi duri per costeggiare un presente assai più aspro e rumoroso di quello immaginato. Alaska è il loro terzo album, che la band definisce freddo come un Solero al Mojito in gennaio: “Ci piaceva molto il richiamo alla freddezza e alla desolazione del disco”. Già, perché un luogo freddo e inospitale come l’Alaska rende bene l’idea e il messaggio che i FASK vogliono far passare: “Un luogo lontano da tutto, che viene cercato, ma che fa paura. Un posto in cui è necessario stringersi e fare gruppo, per scaldarsi e reggere l’onda d’urto che viene da fuori”.
Li abbiamo intervistati per saperne di più su di loro, la loro musica, le loro ambizioni.
Ragazzi, mi parlate di questo nuovo album, raccontandomi se ci sono aneddoti, curiosità… e, naturalmente, mi spiegate perché avete deciso di intitolarlo Alaska?
Alaska è il nostro terzo disco, nato spontaneamente mentre eravamo in giro per l’Italia con il tour di Hybris. Avevamo una decina di canzoni abbozzate, provini su provini con nomi strani nei nostri computer. Dopo un mese di prove avevamo in mano il disco, dovevamo solo registrarlo. Ci siamo chiusi in studio per l’intero mese di maggio, dove il cosiddetto ‘studio’ altro non era che una casa colonica appena sopra il lago di Montepulciano; ci siamo poi fatti prestare l’attrezzatura da amici a cui saremo per sempre grati e abbiamo inciso tutto ciò che ci passava per la mente. Sono stati trenta giorni di musica intensa. Abbiamo deciso di chiamarlo Alaska dopo una delle tante serate passate seduti al tavolo del nostro ristorante cinese preferito dove festeggiamo da anni gli eventi più importanti: ci piaceva il richiamo alla freddezza e alla desolazione del disco.
Mi parlate delle canzoni? Iniziamo dalla Ouverture.
È un giro di basso che si ripete per tutto il pezzo, arpeggi di chitarra classica e archi. Sopra a tutto questo tappeto sonoro una voce che si scusa insistentemente per tutto il malessere che arriverà poco dopo. Il Mare Davanti. È il primo pezzo che abbiamo scritto per Alaska. All’inizio doveva chiamarsi Soundtrack Punk. Ok, un nome che non piaceva a nessuno, ma che ben descrive cos’è questa canzone: batteria e chitarre a 180 bpm nella più fiera tradizione punk rock e orchestrazioni che nei nostri intenti volevano assomigliare al finale di un film di guerra. Come Reagire Al Presente. Una domanda alla quale, purtroppo, non abbiamo risposta nemmeno noi Fask. L’unica cosa di cui siamo certi è che tra trent’anni vorremo ancora ricordarci del periodo della nostra vita in cui la musica era al di sopra di tutto, il periodo in cui non facevamo altro che suonare e sperare che potesse durare in eterno. Coperta. Parla di quando fuori nevica e non ti ricordi più dove hai messo il piumone. Te Lo Prometto. Amici che non capiscono la stupidità delle promesse a lungo termine. Calci in faccia. Suonare davanti a un sacco di persone non ti aiuterà per sempre. Con Chi Pensi Di Parlare. Creare problemi alla gente a cui vuoi bene è una sorta di effetto collaterale dell’essere un musicista. Odio Suonare. La maggior parte delle volte che abbiamo cercato risposte in una canzone avremmo potuto fare qualcosa di più costruttivo. Il Vincente. La sensazione di aver vinto una gara in cui eri l’unico partecipante. Gran Final. L’universo è in espansione, così come la popolazione terrestre. Riusciamo a trovare conforto in questo.
Quali sono le vostre ambizioni riguardo a questo disco?
Le nostre aspettative su questo disco si sono già ampiamente avverate: moltissime persone l’hanno ascoltato e siamo personalmente soddisfatti del risultato. Ora vogliamo suonare il più possibile e portare Alaska in tour sperando che chiunque ci verrà a sentire non rimarrà deluso.
Avete programmato una tournée per promuoverlo?
Sì, abbiamo programmato un tour del quale, per ora, è uscita solo la prima tranche fino a gennaio. Dopo la “data zero” di Perugia ci siamo esibiti a Bergamo e stasera a Padova. Tra qualche giorno suoneremo a Firenze, Torino, Milano, Bologna e Roma. Stiamo provando tantissimo.
Voi siete una delle più belle sorprese in ambito rock, a mio parere. Cosa rispondete a chi dice che il rock in Italia non ha mai avuto cittadinanza?
Che non ha studiato e che verrà bocciato all’esame di ‘storia del ruoc end ruol’ se continuerà con questo andazzo. Il rock in Italia ha sempre avuto un suo pubblico e una sua dignità, indipendentemente dal quantitativo economico o sociale che è riuscito, nel tempo, a smuovere.
Qual è il messaggio che sperate chi ascolta il vostro disco riesca a cogliere?
In realtà, se dovessimo inviare una qualche sorta di messaggio sociale, questo non sarebbe legato a ciò che scriviamo nei dischi, ma al semplice fare musica per sfogarsi e star bene con se stessi. Noi, tramite le nostre canzoni, esorcizziamo i problemi stupidi e irrilevanti che ci capitano e che, il più delle volte, affrontiamo in maniera sbagliata; sarebbe quindi bello se ogni ascoltatore facesse lo stesso ma nel proprio personalissimo modo. 2cool4school!