Il nero in Italia è ovunque. Anche nel gioco d’azzardo. E lo Stato resta a guardare. Nessuno si è filato l’sos sui giochi fuori controllo. Neppure Matteo Renzi, il destinatario della paginata pubblicitaria uscita simultaneamente su Repubblica, Corriere della sera, Messaggero, Milano Finanza, Tirreno. Non una volta, ma tre: il 16 ottobre, il 5 agosto (qui l’avviso era rivolto alla moglie Agnese Landini) e il 23 luglio. Una barcata di soldi tirati fuori da Snai, l’associazione di categoria che raggruppa la maggior parte degli operatori nel settore delle scommesse ippiche e sportive, per gridare invano aiuto al governo.
Ora, premesso che il gioco d’azzardo non ha ragione di esistere, è un cancro che distrugge uomini, donne, troppe famiglie, che per di più è causato direttamente da chi dovrebbe tutelare il nostro benessere, cioè lo Stato, che è raccapricciante perfino provare a difendere chi lo pratica in modo legale, la realtà non può essere ignorata. Soprattutto quando si tratta di mercato nero, un cancro nel cancro dell’azzardo. Il signor Maurizio Ughi, amministratore di Snai servizi, firmatario dell’sos, scrive a caratteri cubitali che “esiste una rete in forte espansione da circa un decennio che vende giochi e scommesse senza autorizzazione dello Stato italiano”.
La conseguenza? “Lo Stato rinuncia a 500 milioni di euro l’anno” (di entrate erariali). I giochi “transfrontalieri”, così vengono chiamati in gergo, ottengono la licenza in un altro Paese dell’Unione europea, in particolare Malta, Vienna, Liverpool, e vendono in Italia le puntate attraverso dei centri di trasmissione dati. Non solo. Si tratta di scommesse private che non sono ammesse dalla Repubblica italiana. Il palinsesto è libero: si possono rischiare denari anche sulla caduta dalle scale della Merkel. Morale: “Si stima che i concessionari italiani autorizzati abbiano perso in un anno circa un miliardo e mezzo di euro”. Oggi i negozi illegali sono 5.500, addirittura più di quelli legali (3.500). E i nostri governatori stanno in silenzio.
L’iniziativa dell’sos è stata promossa da Obiettivo 2016, la campagna via web degli operatori infuriati con lo Stato che non sana il problema dei bookmaker fuori legge. Il punto è che secondo tre sentenze della Corte europea le società estere sono state discriminate dai bandi di gara pubblici emessi in Italia. Quindi loro si sentono autorizzate a fare le abusive da noi facendo profitti stratosferici. Nel 2016 lo Stato dovrà indire un nuovo bando e si spera che la situazione nel frattempo venga risolta.
Non fa mai male rispolverare la diagnosi del cancro. Il gioco d’azzardo ha un giro d’affari di 90 miliardi di euro. Quello illegale ne fattura dieci. È la terza impresa del Paese e non conosce crisi. Sono 800 mila i giocatori dipendenti e 2 milioni quelli a rischio. Per la patologia, inserita nei Lea (Livelli essenziali di assistenza), lo Stato non ha mai sborsato un centesimo. Lo Stato (che non è mai stato) ci deve delle spiegazioni.
Dispiace sapere che a Milano il Tar ha dato torto al Comune, che saggiamente aveva stabilito orari limitati per le sale slot, dalle 9 alle 12 e dalle 18 alle 23 (che è già un lasso di tempo mostruoso per concedere alla gente di buttare via soldi e cervello). Dispiace anche che il Tar abbia deciso lo stesso a Pavia, altra amministrazione che aveva ridotto l’attività delle macchinette. E dico grazie a quei sindaci che lottano contro la ludopatia. Come quello di Sori (Genova), che ha proposto di scontare del 10 per cento la tassa sui rifiuti ai gestori che eliminano le slot machine dai locali. Quello di San Giorgio (Mantova), che ha annunciato di toglierle dai centri sportivi.
Grazie anche a tutti quelli che aderiscono alla campagna nazionale “Mettiamoci in gioco”, al Movimento “No slot” , a Senzaslot.it (i bar senza slot) e a tutte le altre iniziative nate per contrastare il gioco pericoloso.