“Il testo licenziato dalla commissione ci sta bene a 90%” fanno sapere dal ministero della Giustizia. Ma restano sul tavolo alcuni nodi importanti che potrebbero complicare la vita parlamentare del ddl varato dal governo il 29 agosto scorso
L’arma del decreto legge sulla responsabilità civile dei magistrati resta l’estrema ratio, ma allo stato non è un’ipotesi in campo. Il ministero della Giustizia guarda con attenzione a quanto deciderà domenica l’Assemblea nazionale dei magistrati. Le toghe sono sul piede di guerra e potrebbero arrivare a minacciare lo sciopero. E fondamentale sarà per Orlando anche il faccia a faccia con il plenum del Csm (che già bocciato il testo) previsto per lunedì. A Palazzo dei Marescialli – trapela ancora dal ministero – Orlando porrà il seguente quesito: l’attuale legge Vassalli garantisce o no il diritto del cittadino ad ottenere un risarcimento nei confronti del magistrato almeno nei casi di responsabilità gravissima? Per l’inquilino di via Arenula si tratta di una domanda retorica: c’è un motivo se l’Europa ci chiede di correggere la norma e sta tutto nei numeri e cioè le quattro condanne dal 1988 ad oggi a fronte delle 460 richieste di risarcimento, di cui oltre 250 ritenute non ammesse a causa dello strumento del filtro che oggi si intende abolire. La magistratura, come noto, la pensa in maniera opposta ed è pronta a dare battaglia certa che quella della responsabilità civile dei giudici così come i toni usati dal governo sulla questione delle ferie e le insinuazioni sui mega stipendi siano tutti tasselli di una strategia precisa del governo che va nel senso del depotenziamento se non della delegittimazione della magistratura.
Quel che è certo è che Orlando vuole scongiurare la procedura d’infrazione sul tema della responsabilità civile dei giudici e si è impegnato a correggere la normativa italiana entro dicembre. Il ddl arriva il 12 novembre in aula a Palazzo Madama dopo l’approvazione del testo base durante una concitata seduta notturna mercoledì. Nel corso dell’esame in commissione i toni che avevano determinato il ministro della Giustizia ad agitare l’ipotesi di un decreto per accontentare l’Europa si sono fatti più concilianti e, alla fine è stata scongiurata l’ipotesi di un rinvio avanzata dal presidente Nitto Palma di Forza Italia. L’approvazione degli emendamenti riformulati ad oltranza fino alle due di notte ha prodotto un testo su cui il relatore Enrico Buemi ha ricevuto il mandato a riferire in aula dove si conta di ‘aggiustare’ ulteriormente il provvedimento.
“Il testo licenziato dalla commissione ci sta bene a 90%” fanno sapere dal ministero della Giustizia. Ma restano sul tavolo alcuni nodi importanti che potrebbero complicare la vita parlamentare del ddl varato dal governo il 29 agosto scorso. Tra i punti che creano più polemiche quello dei casi in cui il magistrato debba motivare le decisioni prese in dissenso con l’orientamento delle sezioni unite della Cassazione su cui insiste il centrodestra. Mentre Ncd sembra intenzionato a porre anche in aula la questione della responsabilità contabile dei magistrati ripresentando un emendamento che è stato bocciato in commissione grazie all’asse Pd-M5S e che aveva spinto il capogruppo Sacconi alle dimissioni, rientrate solo dopo un chiarimento con il presidente del Consiglio in persona. Nessun rischio di maggioranze spurie – ha assicurato Renzi ai colleghi di Ncd che continuano però a guardare con sospetto alle aperture degli ultimi giorni del Pd ai 5S.
Poi c’è la questione dei rapporti tra governo e magistratura. “Un punto di caduta – spiega Buemi – è quello che riguarda il filtro alle azioni di responsabilità: se i magistrati, magari sotto la spinta del clamore mediatico, ottenessero dal governo la reintroduzione di questo strumento che il ddl cancella, sarebbe una cosa inaccettabile e si determinerebbe un problema di tenuta complessiva. Ma io resto fiducioso anche perchè il ministro mi pare non voglia cedere e ha già mandato dei segnali molto chiari, sia nel confronto in tv con Sabelli, sia in commissione Giustizia al Senato quando è intevenuto per ben due volte sul tema del recupero del quantum, insistendo che si trattasse di un terzo e non di un quinto dello stipendio come io stesso – che sono sempre guardato con sospetto per la mia storia socialista – avevo chiesto. Si tratta di segnali precisi quelli che vengono da Orlando, anche se poi le cifre sono comunque minime, duecento euro circa su stipendi di 4-5 mila euro”.