Nel 1994 usciva un disco destinato a diventare un inno generazionale. Cristiano Godano: "C'era qualcosa del nostro modo di essere musicisti ragionevolmente sopra le righe. E di sicuro avevamo meno consapevolezze di ora"
Maggio 1994: nella giovane e brulicante scena alternativa italiana si impone Catartica, disco d’esordio della band cuneese Marlene Kuntz. L’incipit potrebbe essere quello comune a tante band emergenti. Riccardo Tesio e Luca Bergia, rispettivamente chitarrista e batterista, compagni di scuola, cercano un cantante per il loro progetto: la scelta ricade su Cristiano Godano, all’epoca nei Jack On Fire. Finalisti di Rock Targato Italia nel 1993, vengono immediatamente notati da Gianni Maroccolo, che decide di produrli per lo storico Consorzio Produttori Indipendenti. La cosa non comune è che i Marlene Kuntz stavano consegnando alla storia uno dei migliori dischi d’esordio della musica indipendente in Italia. Catartica diventa un inno generazionale: da Sonica a Nuotando nell’aria, da Lieve a 1°, 2°, 3°, l’album inanella una sequenza di brani mozzafiato, miscelando il noise rock dei Sonic Youth e dei Pixies a un’attitudine melodica tutta italiana, con testi all’altezza della miglior tradizione cantautorale elegantemente stuprati dall’impeto rock. Che emerge furioso dal vivo, dove i Marlene raggiungono l’apice della loro potenza sonora e scenica: in tour infiammano palchi e animi con distorsioni, feedback, rabbia, seduzione e sudore. E proprio dai palchi di tutta Italia attraggono adepti, e Marlene diventa una dea da adorare.
Maggio 2014: Catartica compie 20 anni, e i Marlene nel 2015 ne festeggeranno 25 di carriera, segnata da 19 pubblicazioni, tra dischi, ep e DVD, costellata da successi e riconoscimenti e caratterizzata da ammirevole onestà intellettuale, capacità di sperimentare rimanendo fedeli a se stessi e, cosa (rara) di cui la band va fiera, senza aver mai cercato il compiacimento del pubblico. Una scelta di libertà che ha reso il rapporto di Marlene non sempre idilliaco con i suoi fan, specialmente con il cosiddetto zoccolo duro, che non sempre ha dimostrato la stessa sensibilità al cambiamento e all’evoluzione artistica della band; ma anche la dimostrazione tangibile di quella coerenza che da band di nicchia li ha condotti fin qui. Proprio in occasione dell’anniversario dal loro esordio, la band ha deciso di pubblicare Pansonica [settembre 2014] un EP contenente brani esclusi, all’epoca, da Catartica e Il Vile [ CPI/1996], e risuonati oggi. Mentre, parallelamente, inizia il Catartica Tour 994/014: un fittissimo calendario concerti in cui la band ripropone i brani contenuti in Pansonica ma anche e soprattutto i successi di Catartica, e che sta registrando numerosi sold-out. Un regalo graditissimo ai fan, vecchi e nuovi ma anche un anello di congiunzione tra passato e presente. Un momento di bilanci, soddisfazioni e suggestioni. Ne parliamo con Cristiano Godano.
Chi erano i Marlene Kuntz vent’anni fa, e chi sono adesso?
Mi sembra che l’unica risposta possibile sia quella che potrebbe dare una qualsiasi persona assennata a cui venisse posta la medesima domanda: vent’anni fa eravamo dei giovani (ma neanche poi tanto, visto che vent’anni fa ne avevamo già tra i 26 e i 28) vogliosi di spaccare il mondo e/o conquistarlo, con determinazione, grinta, metodo, buone dosi di rabbia (a volte però un po’ troppo mitizzata dal nostro pubblico, secondo me), e attitudine casinista (l’eufemismo giusto in questi casi è “sperimentale”). C’era qualcosa, del nostro modo di essere musicisti, ragionevolmente sopra le righe, e di sicuro avevamo meno consapevolezze di ora. Per cui ora siamo persone più mature (l’assennatezza di cui sopra) e come musicisti siamo molto più bravi a suonare. In tutto ciò la nostra essenza non è cambiata in nulla: si è solo definita meglio nella sua complessità, e la sappiamo valutare, riconoscere, gestire.
Quanto dei Marlene Kuntz di oggi c’è in Pansonica?
Tutto quello che serve a rendere il disco decisamente credibile. I musicisti più bravi che siamo diventati si sono messi al servizio dei musicisti di allora per far sì che si potesse tirar fuori il meglio da pezzi che allora suonavano ingenui (qua e là) e un po’ sopra le righe (penso soprattutto alle mie interpretazioni vocali). Se queste parole dicono il vero, allora dimostrano che la nostra essenza non è cambiata in nulla, come dicevo poco sopra.
Marlene e il suo pubblico. Possiamo definirvi un gruppo “transgenerazionale”?
Perché no? In fondo è pur vero che a ogni tour che riparte lì sotto al palco vedo facce di giovani-giovanissimi (sono coloro che si sbattono di più per tenere le prime file durante i live… Si sa che alle prime file ci arrivi se ti sbatti, no?), e dunque, siccome è un dato di fatto che a ogni tour che si rinnova noi invecchiamo, vuol pur dire che ogni nostro nuovo disco arriva anche ai ragazzi giovani. Questa cosa mi inorgoglisce non poco, visto che MK non fa nulla per ammiccare programmaticamente e spudoratamente ai giovani/giovanissimi. Se arrivano loro a noi vuol dire che il nostro modo è…transgenerazionale.
Qual è l’elisir di giovinezza di Marlene?
Siamo talmente coinvolti in ciò che facciamo, lo amiamo così tanto, ci teniamo così tanto, che non abbiamo le frustrazioni di chi non è soddisfatto nella vita e vorrebbe altro per sé. Ci consideriamo terribilmente fortunati nel fare musica, e cerchiamo di onorare la cosa sempre e comunque nel miglior modo possibile. Questa sintonia con il nostro lavoro ci permette di mantenerci giovani. O meglio: di non invecchiare oltre il dovuto.