“Fortunatamente, per me la fotografia non è stata soltanto una professione ma anche un contatto tra le persone, uno strumento per capire la natura umana e fissare, se possibile, il meglio di ciascun individuo”. Con queste parole Nickolas Muray, fotografo americano di origini ungheresi, riassume il senso profondo della sua arte fotografica. Un modo per lui per avvicinarsi all’altro, per “rubargli l’anima” e cogliere la sua essenza attraverso la macchina fotografica in più di 10mila scatti tra attori, ballerini, politici, scrittori, sportivi che, tra il 1920 e il 1940, sono finiti davanti al suo obiettivo. E poi donne, soprattutto dive: da Marilyn Monroe a Greta Garbo, da Marlene Dietrich a Elizabeth Taylor e naturalmente la pittrice messicana Frida Kalho, compagna e amica di una vita.
“Celebrity portraits”, la prima esposizione monografica che l’Italia dedica al fotografo fino all’8 febbraio al Palazzo Ducale di Genova, raccoglie circa 200 fotografie. Dal suo primo incarico nella prestigiosa rivista Harper Bazaar fino a Vanity Fair – per la quale lavorò come inviato a Londra, Parigi e Berlino – l’esposizione racconta 40 anni di carriera di uno dei più famosi e intriganti ritrattisti d’America, i cui scatti sono diventati vere e proprie icone. Personalità eclettica, oltre a essere un eccellente fotografo, era infatti un abile schermitore olimpico e un pilota, amante delle donne. Dotato di grande talento e creatività, Muray ha fotografato tutto e immortalato tutti quelli che contavano diventando il “fotografo delle celebrità” più acclamato negli anni Venti per lo stile evocativo e inconfondibile dei suoi ritratti dall’effetto sfocato. Claude Monet, Charlie Chaplin, Martha Graham, Gloria Swanson tra gli altri celebri ritratti che si possono ammirare nell’esposizione fotografica di Genova curata da Salomon Grimberg con la collaborazione di Nickolas Muray Photo Archives e George Eastman House. Inoltre, Vanity Fair, Condé Nast e diverse collezioni private hanno fornito una selezione di immagini in bianco e nero per raccontare la bravura e la versatilità del “fotografo delle donne”.
Non a caso a Frida Kahlo, divenuta icona pop grazie allo scatto firmato da Muray pubblicato sulla copertina di Vogue nel 2012, è dedicata un’intera sezione di ritratti realizzati tra gli anni ’30 e ’40, a testimoniare la loro relazione intensa e complicata, il loro legame profondo che non si tradusse mai nel matrimonio, nonostante una frequentazione trentennale, ma restò una solida amicizia durata fino alla morte: Muray avrebbe voluto sposarla ma lei lo preferì sempre solo come amante. Molto richiesto come fotografo di moda e di design d’interni, è stato soprattutto ideatore di numerose campagne pubblicitarie, le prime a colori, per le più note riviste americane divenendo maestro della tecnica Carbro imparata a Berlino negli anni degli studi sulla fotoincisione, che utilizza dei pigmenti di colore al carbone e che ha reso il suo stile unico e innovativo nella fotografia del XX secolo.
I suoi ritratti parlano con gli occhi perché sapeva creare un’intesa perfetta e naturale tra la macchina fotografica e i suoi soggetti chiacchierando con loro durante le sedute di posa in modo che non si capisse quando avrebbe scattato per ottenere l’immagine più spontanea possibile. Ad aprire la mostra sono proprio gli occhi di Greta Garbo, diva dalla bellezza algida a cui Muray ha saputo dare morbidezza e sensualità, immortalati in due ritratti perché – spiega il curatore Grimberg – “sono gli occhi che guideranno i visitatori”.