Come volevasi dimostrare. Tra quattro giorni scade il bando per comprare le aree dell’Expo e nessuno si è fatto vivo. Il disastro annunciato sta per verificarsi. Il peccato originale dell’Esposizione sta per generare le sue ultime conseguenze. E a pagare – statene certi – saranno i cittadini.
Nel bando d’agosto c’erano scritte le caratteristiche che deve avere quell’anima buona: innanzitutto deve sborsare 315, 4 milioni di euro (almeno); poi deve essere disponibile a lasciare la metà dell’area a parco e, sul resto, costruire il meno possibile e magari costruirci cose di uso pubblico. Insomma, più che un operatore immobiliare, cercano un benefattore, un santo. Naturalmente non lo trovano, infatti finora non si è fatto sotto nessuno. Così però viene alla luce la vera essenza di Expo: un’operazione immobiliare per “valorizzare” dei terreni in un’area sghemba al confine nord-ovest di Milano, chiusa tra l’autostrada dei Laghi e quella per Torino, tra la nuova Fiera di Rho, il carcere di Bollate e il cimitero di Musocco.
Chi ci perde, se nessuno si fa avanti a comprare? Il Comune e la Regione, che ci hanno messo 32, 6 milioni ciascuno. Chi ci ha comunque guadagnato? I proprietari delle aree vendute: il gruppo Cabassi, che ha intascato 49, 6 milioni; ma ancor più la Fondazione Fiera Milano, che ha messo in cassa 66 milioni.
L’incredibile paradosso di questo peccato originale è che, tra i venditori, la Fondazione Fiera è un privato che in realtà è pubblico, visto che è controllato dalla Regione Lombardia. E proprio qui sta il bello: la Fondazione, che aveva comprato quei terreni nel 2002 a 15 milioni, con la prospettiva futura di farci al massimo i parcheggi necessari per l’adiacente nuovo polo fieristico di Rho-Pero, dieci anni dopo – grazie alla bacchetta magica dei suoi dirigenti ciellini e dell’allora presidente Roberto Formigoni, incassa 142, 6 milioni, mettendo così in ordine i conti disastrati della sua controllata Fiera Milano. Per anni, è prevalsa la retorica dell’Expo, le belle parole, i buoni propositi, “nutrire il Pianeta, energia per la vita”. Ma alla fine, passata la sbornia, restano i conti. In rosso per Comune e Regione – cioè per noi cittadini. Le nostre tasse future serviranno così a ripianare i conti della Fiera. A meno che non salti fuori l’improbabile benefattore o qualche più probabile cementificatore.
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il Fatto Quotidiano, 7 Novembre 2014