Arrestati i due assalitori. Cinque attacchi in 20 giorni. Netanyahu promette nuove e più restrittive leggi contro i manifestanti pro-Palestina, Fatah paragona Hamas all'Isis
Nuovi attentati e nuovi morti in Israele. Il clima tra ebrei e palestinesi si è di nuovo infiammato a causa di una serie di attentati e rappresaglie che hanno visto come protagonisti attivisti palestinesi, della destra israeliana e militari dello Stato ebraico. È del 10 novembre la notizia di due nuovi agguati ai danni di agenti e cittadini israeliani. In mattinata, un attivista filo-palestinese ha accoltellato e ucciso un militare 20enne israeliano vicino a una stazione ferroviaria a Tel Aviv, mentre nel pomeriggio un altro sostenitore della causa di Ramallah ha accoltellato tre abitanti degli insediamenti israeliani in West Bank, ad Alon Shvut, prima di venire ucciso dalla polizia di Tel Aviv.
Tel Aviv, palestinese accoltella soldato
La giornata è iniziata subito nel sangue a Tel Aviv. Alla stazione ferroviaria Haganah, un giovane palestinese si è avvicinato a un militare israeliano di pattuglia e lo ha accoltellato, uccidendolo, tentando anche di impossessarsi del suo mitra. Inseguito dai passanti, l’attentatore è fuggito entrando in un palazzo vicino al luogo dell’agguato. L’edificio è stato poi circondato dai militari che, poi, sono riusciti ad ammanettarlo. A riportare l’accaduto è la stessa polizia della capitale israeliana che, attraverso un tweet del suo portavoce, Micky Rosenfeld, parla di “attacco terroristico”. L’assalitore, fanno sapere alcune fonti interne alla polizia, è un ragazzo di 18 anni che vive nel campo profughi di Nablus, in West Bank, e che è entrato clandestinamente nel Paese. Il giovane è sottoposto a interrogatorio, ma dalle prime informazioni raccolte si sospetta possa essere un affiliato di Hamas. Sul web, infatti, girano foto che lo raffigurano con la bandiera del gruppo dei miliziani palestinese”.
Coltellate alla fermata del bus, muore una 25enne
Nel pomeriggio, riporta l’Associated Press, un altro attentato ha scosso la popolazione di Alon Shvut, uno degli insediamenti costruiti da Israele in territorio palestinese. Un attivista filo-palestinese ha teso un agguato a tre passanti di origine israeliana in attesa alla fermata del bus, attaccandoli con un coltello. Una delle 3 persone colpite, una ragazza di 25 anni, è morta dopo la corsa in ospedale, mentre l’attentatore, ferito dagli spari della polizia, è stato arrestato.
Netanyahu: “Ora basta, risponderemo alle violenze”
Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, commenta promettendo nuove e più restrittive misure di controllo che impediscano ad aspiranti attentatori di poter agire in libertà. “A tutti coloro che dimostrano contro lo Stato di Israele e per la Palestina dico una cosa semplice: vi invito a passare dall’altra parte, verso l’Autorità nazionale palestinese o a Gaza. Non vi creeremo difficoltà”, ha detto il premier israeliano che, poi, ha continuato: “Per quanti restano, opereremo per ostacolare gli scalmanati e i terroristi con tutti i mezzi a nostra disposizione, comprese nuove leggi“. Il capo del governo ha promesso che farà tutto quello che è in suo potere per fermare questa esplosione di violenza e garantire la sicurezza dei cittadini: “Quelli che incitano al terrorismo – ha dichiarato ai media – non ci vogliono da nessuna parte, né a Gerusalemme né a Tel Aviv. Prometto che questo non succederà”.
Settimane di sangue, già 5 attentati in 20 giorni
I rapporti di convivenza tra israeliani e palestinesi sono di nuovi peggiorati dopo i tentativi di dialogo tra i due governi, in seguito all’ultimo sanguinoso conflitto tra Israele e Hamas, che ha provocato oltre 2.200 vittime. Gli annunci di Tel Aviv riguardo a 1.060 nuovi insediamenti israeliani in Cisgiordania hanno scatenato la rabbia dei palestinesi. Il 22 ottobre, a Gerusalemme, un’auto guidata da un attivista si è lanciata contro la folla di passanti, uccidendo una donna e una bambina di appena tre mesi. Abdelrahman Shalodi, l’attentatore, è poi stato ucciso dalla polizia israeliana. Il 30 ottobre è stata la volta dell’attentato al rabbino Yehuda Glick, sostenitore dell’estrema destra israeliana che, all’uscita da un incontro in cui si sosteneva la necessità di costruire un tempio ebraico nella zona della Spianata delle Moschee, luogo sacro dell’Islam, è stato affiancato da un uomo su un motore che gli ha sparato. Glick è stato ricoverato ed è fuori pericolo, ma il giorno dopo gli agenti hanno fatto irruzione nella casa del presunto attentatore, che è morto durante uno scontro a fuoco. Alcuni testimoni hanno riferito che l’uomo non sarebbe morto immediatamente ma che la polizia avrebbe bloccato l’entrata alla sua abitazione, impedendo l’arrivo dei soccorsi e lasciandolo morire dissanguato. Una versione che ha scatenato la rabbia dei militanti palestinesi che, oltre ai due attentati del 10 novembre, hanno sferrato altri due attacchi il 5 novembre: nel primo, un’auto si è lanciata contro tre militari israeliani, ferendoli, mentre nel secondo un altro mezzo guidato da un militante filo-palestinese ha investito un gruppo di persone a una fermata del bus, in Cisgiordania, uccidendo una persona e ferendone altre 11.
Fatah: “Hamas e Isis, due facce della stessa medaglia”
Gli ultimi episodi di violenza attribuiti ad Hamas hanno creato l’ultima e, sembra, definitiva rottura tra Fatah e il movimento estremista palestinese. Il portavoce del gruppo al governo, Ahmad Assaf, ha paragonato i miliziani che operano sulla Striscia di Gaza a quelli dello Stato Islamico: “Sono le due facce della stessa medaglia – si legge in una nota – Quando Hamas ha fatto saltare in aria le case e gli uffici del movimento di Fatah e il mausoleo dell’ex presidente palestinese Yasser Arafat ha detto che l’Isis è responsabile, dimostrando che il suo agire non è diverso da quello dell’Isis”. Le parole di Assaf arrivano alla vigilia delle celebrazioni del decimo anniversario della morte di Yasser Arafat, leader e fondatore del gruppo, nel 1959. Proprio le celebrazioni previste a Gaza sono state rimandate per pericolo di scontri con i miliziani di Hamas che lo hanno considerato un nemico da quando optò per la negoziazione con il governo israeliano.