L’Italia è stata fortunata, hanno scritto in questi giorni i giornali e i media, il ciclone non è arrivato ma ha sfiorato le nostre coste. Peccato però che a Lampedusa ed a Linosa il ciclone è arrivato facendo anche danni. Diciamo di più, Lampedusa e Linosa erano al centro di un’emergenza, ma i media italiani e non solo loro se ne sono dimenticati pensando forse che l’Italia qui non arriva. A quanto pare (il prossimo Consiglio Comunale dovrebbe riunirsi oggi stesso) paradossale è stato anche il fatto che il Comune sia stato avvertito troppo tardi rispetto all’allerta che doveva essere data, e che ancora una volta l’isola che c’è, quella reale e carica di contraddizioni – non quella costruita sulla paura dell’invasione dei migranti – è stata lasciata sola rispetto ai suoi problemi reali che permangono da decenni.
Passato il vento i lampedusani da soli, come hanno sempre fatto, hanno iniziato a rimettere i chiodi ai tetti scoperchiati, a ricostruire i muri abbattuti, a risistemare le barche. A Lampedusa ora non c’è vento ed è tornato il sole, ma restano i soliti problemi di una terra dimenticata per tutto ma non per il suo ruolo di frontiera. Non ci sono in questi giorni troupe televisive a raccontare “l’emergenza sbarchi”, e non c’è stata la solita attenzione rispetto ad un evento che invece qualche riflessione dovrebbe farcela fare. Dopo il ciclone ad esempio sono stato al porto ed ho parlato con alcuni pescatori anziani, gente con il mare nel sangue e nell’anima che conosce venti e onde meglio di chiunque altro. Tutti mi hanno detto la stessa cosa, una cosa del genere non solo non l’hanno mai vista, ma non è nemmeno presente nei loro ricordi.
Del resto qualcuno di voi lo ha mai visto un ciclone di questo tipo in mezzo al Mediterraneo? Non è questo forse un tema da dibattere? Non è forse un’emergenza la questione climatica, le bombe d’acqua e la siccità, che sta sconvolgendo il nostro paese? Non è forse un’emergenza il rapido e violento cambiamento climatico che sta subendo il nostro pianeta e che provocherà decine di milioni di profughi nei prossimi anni? A quanto pare, almeno per i media italiani le emergenze sono altre e di Lampedusa se ne parla soltanto quando c’è da commentare “l’invasione” . Del resto se uno analizza bene il dibattito dei grandi telegiornali le grandi questioni come la crisi economica, climatica, culturale che mordono il nostro paese, e le guerre civili che da qui a breve sconvolgeranno la sponda sud del Mediterraneo scompaiono sempre.
Tutti si concentrano e si catalizzando invece sui nemici perfetti di turno, figure deboli e povere che hanno una sola particolarità. Non hanno voce né storia. Per questo diventano una bellissima categoria con la quale far discutere e dividere lo show della politica. Del resto far pensare non alza lo share, e non aumenta i mi piace sui social network. Meglio allora gli “Hunger Games” della guerra tra poveri. Eppure l’Italia in crisi ha un grande bisogno di concentrarsi e discutere di se stessa a partire proprio dai suoi confini, non solo geografici ma anche sociali.
Il ciclone che ha investito in questi giorni Lampedusa è per certi aspetti una metafora significativa del nostro presente e della società in cui viviamo, così indifferente ai suoi margini rispetto ai problemi quotidiani della crisi ma sempre pronta ad “armarli” come “confine” per dividere.