Un dispositivo di sicurezza era previsto, ma il segretario della Lega Nord Matteo Salvini non l’avrebbe rispettato. E’ questa la ricostruzione dei fatti della questura di Bologna che con un comunicato stampa ha detto di non essere stata informata degli spostamenti del leader del Carroccio sabato 8 novembre. Salvini, in Emilia per un comizio nel campo nomadi di via Erbosa, è stato poi aggredito da un gruppo di attivisti dei centri sociali. La tensione cresce anche in vista delle prossime elezioni regionali (23 novembre prossimo): il segretario leghista nelle scorse ore è andato a visitare un campo profughi a Imola (Bo) e davanti all’ingresso ha intonato “Bella ciao” insieme al suo staff in segno di protesta. Nei prossimi giorni invece farà tappa a Reggio Emilia e Parma, e ha assicurato tornerà al campo rom di Bologna.
La polemica ora però si sposta sulle comunicazioni con le forze dell’ordine. “Essere sottoposti a tutela presuppone l’accettazione di regole”, ha dichiarato a Repubblica Felice Roma, segretario del Siulp. “Uno come Salvini è obbligato a comunicare tempestivamente dove e quando intende spostarsi. Si sapeva, quindi, che il leader del Carroccio sarebbe arrivato a Bologna per visitare il campo nomadi, ma non ha mai comunicato alla questura di Milano, che si occupa della sua tutela, il dove e il quando né il programma del viaggio. Esisteva, quindi, un dispositivo di sicurezza per proteggere il segretario della Lega ma lui avrebbe preferito evitarlo. Sabato mattina Salvini non avrebbe avvisato la questura di Milano della sua partenza, né quella di Bologna del suo arrivo. Nonostante gli accordi della viglia. Secondo il Corriere della Sera, già il 6 novembre la Digos aveva preso accordi con la consigliera leghista Lucia Bergonzoni (assalita pochi giorni prima nel campo rom di via Erbosa) per avere comunicazione degli spostamenti della delegazione leghista. Tutte posizioni smentite da Salvini: “Ovviamente la polizia era a conoscenza della mia posizione”, ha detto intervistato da Radio24.
La ricostruzione dei fatti è contenuta in un comunicato diramato dalla Questura di Bologna sabato, dopo l’assalto all’auto su cui viaggiavano, oltre a Salvini, anche Alan Fabbri, candidato alla presidenza della Regione per Lega Nord, Forza Italia e Fratelli d’Italia, e la Borgonzoni. “Nella mattinata odierna, un centinaio di aderenti ai locali gruppi e collettivi antagonisti si era radunato nei pressi del campo nomadi, dove erano già schierati i contingenti in servizio di ordine pubblico – si legge nella nota – nel frattempo, gli uffici della Questura di Bologna avevano preso contatti con la tutela del Segretario della Lega Nord al fine di ottenere utili informazioni sugli spostamenti dello stesso; si apprendeva così che l’esponente politico si era recato nel capoluogo emiliano senza scorta. Sempre nel corso della prima mattinata, il Consigliere Comunale Borgonzoni, da giorni in contatto con la Digos bolognese, assicurava che avrebbe comunicato tempestivamente l’arrivo al casello autostradale di Bologna del Segretario della Lega, al fine di consentire la predisposizione dei necessari servizi di tutela. (…) Soltanto alle ore 11.50, in seguito ad ulteriore richiesta via sms della Questura, si apprendeva che l’On. Salvini era giunto nel parcheggio dell’Hippobingo. Nella circostanza, veniva rappresentato all’europarlamentare che era necessario, per evitare turbative, entrare nel campo sotto scorta del Reparto Mobile e della Digos, dei quali venivano spostati per raggiungerlo. Subito dopo, il consigliere comunale Borgonzoni comunicava telefonicamente che alcuni individui avevano tentato di bloccare l’autovettura dell’Onorevole Salvini, colpendola con un casco, calci e pugni (…)”.
“Prendersela con i poliziotti è inaccettabile. Non si comprende perché si sia volto creare a tutti i costi un caso da scaricare su funzionari e agenti”, dichiara Daniele Tissone, della Silp Cgil, al Corriere. “Salvini era a caccia di voti razzisti – attacca su Repubblica il presidente nazionale dell’Opera Nomadi, Massimo Converso – è venuto in via Erbosa non per tutelare i bolognesi dai pericolosi nomadi, ma per raccattare voti facili. Averlo aggredito è soltanto fargli una straordinaria pubblicità”.