Cultura

Pereira: “La Scala? Sempre meno elitaria. Non solo dal punto di vista economico”

"Ogni spettacolo importante avrà almeno una recita a metà prezzo... Ma l'ambizione più grande è fare uscire il teatro dai suoi muri, farlo diventare un centro di formazione, un'infrastruttura capace di dare un'opportunità al Paese", ha detto il sovraintendente al Fatto.it

di Nanni Delbecchi

“Sarà una grande avventura”. Molti sostengono che Alexander Pereira, dallo scorso settembre nuovo sovrintendente della Scala, si giochi tutto sull’Expo, inclusa la sua stessa permanenza a Milano. Di sicuro, sebbene il mandato abbia la durata di un solo anno, Pereira parla degli “80mila biglietti per spettacoli d’opera e balletto e altrettanti per i concerti che offriremo da maggio a ottobre” come se fossero solo l’inizio di una lunga strada, pur consapevole che gestire il marchio italiano più noto nel mondo dopo la Ferrari è un rigore che non si può sbagliare, anche se la porta non è vuota.

Sovrintendente Pereira, la Scala ha appena proclamato due mezze giornate di sciopero, i primi della sua gestione, con conseguente cancellazione dell’ultima replica del Simon Boccanegra. Dobbiamo aspettarci problemi anche per la prima di Sant’Ambrogio?
Spero proprio di no. Finora tutto sembrava procedere per il meglio, ma vede, uno non sa mai quando arrivano le nuvole…

Il 15 febbraio, subito dopo Fidelio, arriverà Aida, la prima opera da lei voluta alla Scala, e quindi il suo vero biglietto da visita. Le piace il rischio?
Un’altra Aida nel teatro della Callas, della Tebaldi e di Beniamino Gigli! Può essere che ci siano aspettative troppo grandi, lo capisco. Ma io cercherò di portare del buon senso, e di dimostrare che anche oggi si può fare un’ottima Aida. Peter Stein realizzerà un allestimento assai raccolto, perché, se si esclude la scena del trionfo, l’Aida è un esempio del Verdi intimo, capace di esprimere l’anima più segreta dell’Italia.

Invece per il primo maggio, giornata inaugurale dell’Expo, ha scelto la Turandot di Puccini.
Verdi e Puccini saranno i capisaldi della mia gestione. Ogni stagione la Scala presenterà sette titoli italiani su 15 in cartellone. Metteremo in scena tutte le opere di Puccini; per cominciare ho scelto la Turandot con il finale composto da Luciano Berio, perché questa è davvero un’opera sospesa tra Otto e Novecento. Anche il repertorio contemporaneo sarà una costante; l’anno prossimo, subito dopo Turandot, avremo la novità assoluta CO2 di Giorgio Battistelli su libretto di Al Gore, strettamente legata alle tematiche ecologiste dell’EXPO. Poi proseguiremo con altre novità assolute o riprese di classici del nostro tempo. Mi piacerebbe molto riportare alla Scala Un re in ascolto di Berio.

Veniamo ai progetti pensati su misura per l’EXPO.
Sono due. Il primo è una grande vetrina, che abbiamo chiamato “Tutto il mondo viene a Milano”. Abbiamo invitato le più grandi orchestre del mondo per realizzare un festival con 19 appuntamenti che non ha uguali in Europa. Io vorrei che fosse una doppia occasione: tutto il mondo imparerà a conoscere Milano, ma anche Milano dovrà imparare a conoscere il mondo.

L’altro progetto?
Quello è ancora più importante, perché è il primo passo di un progetto sociale dedicato ai giovani che non si esaurisce con l’EXPO. Tutto parte da El Sistema, il modello didattico ideato dall’ex ministro delle finanze venezuelano Josè Antonio Abreu, che avvicinando alla musica i bambini delle favelas ha creato 450mila piccoli musicisti, facendoli suonare subito in orchestra dai quattro anni in su. Abbiamo invitato alcune di queste compagini infantili venezuelane, tra cui la celebre Simon Bolivar diretta da Gustavo Dudamel, e stiamo lavorando con la Regione per farle esibire non solo a Milano, ma in tutta la Lombardia.

C’è l’intenzione di formare anche da noi orchestre infantili di questo tipo?
Sì. Il sistema Abreu che in 25 anni ha prodotto risultati artistici eccellenti, ha messo radici in Europa e anche in Italia. Quello che cercheremo di fare nei prossimi mesi sarà riunire tutte queste iniziative e gettare le basi per un nuovo nucleo di bambini musicisti, in collaborazione con l’accademia della Scala. Dopo tutto, anche se pochi lo sanno, noi abbiamo 1250 studenti.

La Scala ha invece fama di essere un teatro elitario. Quanto sarà accessibile tutta questa offerta?
Abbiamo pensato a una politica dei prezzi molto sensibile, ogni spettacolo importante avrà almeno una recita a metà prezzo…. L’ambizione è quella di rendere la Scala sempre meno elitaria dal punto di vista economico, e non soltanto. Dobbiamo aprire sempre più le porte di questo teatro alla città, come le abbiamo appena aperte con la Cenerentola riservata ai bambini, che poi sono il grande grande traino di tutta la famiglia. Ma l’ambizione più grande è fare uscire la Scala dai suoi muri, farla diventare un centro di formazione, un’infrastruttura capace di dare un’opportunità al Paese.

Lei è alla prima esperienza italiana. Non teme di dover fare i conti con una società in cui la musica classica è molto meno popolare rispetto ai Paesi del Nord Europa?
Non sono d’accordo. Ho avuto gli stessi problemi a Zurigo e ancora di più a Salisburgo, ed è proprio coinvolgendo i bambini o proponendo El Sistema che ho riscontrato che si possono cambiare le cose. Il problema che il pubblico dell’opera è troppo anziano esiste ovunque, e per combatterlo bisogna andare proprio dai bambini: se loro scoprono la magia della musica, è probabile che non la abbandonino più. Oggi nel mondo la differenza è una sola: tra chi fa programmi per coinvolgere i giovani e chi non li fa. E’ qui che si decide il futuro dei teatri.

Qui il programma aggiornato “La Scala per Expo”

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