Non è solo un tributo di sangue e vite umane spezzate quello che i brasiliani pagano per la violenza inarrestabile che frusta il Paese. Uno studio realizzato per l’Annuario della Sicurezza Pubblica, mostra quanto le spese sostenute come conseguenza della criminalità arrivino a ben 258 miliardi di real all’anno (80 miliardi di euro): circa il 5,4% del pil verdeoro. I dati statistici provano in maniera inconfutabile quanto l’epidemia di violenza abbia effetti nefasti e tangibili sull’economia. E per la prima volta l’Annuario, elaborato dal Forum brasiliano di sicurezza pubblica e realizzato dall’Instituto di ricerche economiche (Ipea), calcola nel dettaglio le voci di spesa. Il responsabile della ricerca Daniel Cerqueira, a margine della presentazione del lavoro, ha dichiarato che fare comparazioni con altri paesi è difficile, ma certamente il Brasile è uno dei Paesi in testa alla classifica. Di certo perché è uno tra i più violenti del mondo, come testimoniato soprattutto dal numero di omicidi che viaggia a un tasso di 25 assassinii per ogni centomila abitanti.
Il calcolo dell’istituto è diviso in vari “capitoli”. Il primo riguarda il “capitale umano”: in questo caso la perdita per le casse di Brasilia è stimata in 114 miliardi. Le persone che muoiono in generale sono strappate alla vita in maniera prematura, smettono dunque di produrre e consumare. Un valore economico che è quasi fastidioso da calcolare in termini di umanità, ma che inserito tra gli sterili dati economici significa qulcosa di grave per il gigante sudamericano. A questi si devono poi aggiungere i 36 miliardi spesi per assicurazioni contro furti e rapine, i 3 miliardi che pesano sul servizio sanitario nazionale e i 39 milioni spesi in contratti per servizi di sicurezza private. Il parziale del “Costo sociale della violenza” schizza a 192 miliardi. Ma non finisce qua. Altra voce da aggiungere tra quelle calcolate tra i costi della violenza è quella relativa ai 4,9 miliardi destinati alle prigioni, unità di correzione e centri socioeducativi.
In ultimo poi vanno sommati i ben 61,1 milardi di investimenti governativi per la sicurezza pubblica. Dato quest’ultimo particolarmente interessante da analizzare. E’ evidente infatti quanto i problemi della mancanza di sicurezza e della violenza non siano da ascriversi a stanziamenti carenti, bensì all’uso che viene fatto del denaro che copioso esce dalle casse nazionali. Il cattivo utilizzo delle risorse è avvilente, e la quantità di denaro destinato al comparto è inversamente proporzionale ai risultati raccolti. Nel 2013 l’investimento pubblico in tema, è cresciuto dell’8,65%. La spesa federale, degli stati e dei municipi ha rappresentato l’1,26% del Pil. Gli Stati Uniti spendono l’1%, l’Unione Europea l’1,3%. La differenza sta però tutta nel fatto che in Brasile si registrano 24,8 omicidi ogni 100mila abitanti, negli usa 4,7 in Europa l’1,1%. L’impunità non fa che peggiorare la situazione: in Brasile in media non più del 15% dei casi di omicidio viene risolto, la magistratura inquirente e il potere giudiziario in generale hanno dati di efficienza imbarazzanti. La polizia è tra quelle che uccide di più al mondo e non ha una formazione moderna, rimanendo ancorata ai metodi della dittatura. La capacità di indagine della polizia civile è bassissima.
Per ottenere risultati migliori bisognerebbe raggiungere una maggiore coordinazione tra governo federale e governi statali; tentativi di riforma che sono stati avanzati in passato durante i due governi del presidente Lula, ma caduti inesorabilmente nel dimenticatoio. A livello staduale poi sarebbe completamente da rivedere il raccordo investigativo tra Ministério Público (la Procura) e la polizia civile (polizia giudiziaria) e militare. Intanto miliardi finiscono in fumo, i cittadini continuano a pagare tasse per un servizio che non avranno mai e migliaia di brasiliani continuano a morire.
Twitter: @luigi_spera