Il giornalista riprenderà la sua posizione all'interno dell'emittente fino alla pensione e senza l'obbligo di presentarsi a lavoro. Lo prevede una clausola di salvaguardia inserita nel suo contratto dopo le vicende legate agli attacchi ricevuti da Il Giornale
L’ex direttore di Avvenire e di Tv2000, Dino Boffo, è stato riassunto, da fine ottobre, dalla Conferenza Episcopale Italiana (Cei) come “dipendente a casa”, condizione che lo “accompagnerà” fino al pensionamento. In pratica, il giornalista 62enne non sarà obbligato a svolgere alcuna mansione o presentarsi sul posto di lavoro, percependo comunque lo stipendio. Questa situazione è resa possibile da una clausola di salvaguardia presente nel suo contratto, inserita a titolo di garanzia come risarcimento morale per il precedente caso degli attacchi de Il Giornale, che fecero parlare di “Metodo Boffo”. Interpellato, l’ex pupillo del cardinale Camillo Ruini si è limitato a un “non confermo, né smentisco”.
Il giornalista era stato licenziato dalla società emittente di Tv2000, Rete Blu Spa, lo scorso 14 febbraio, con una separazione tutt’altro che consensuale. Si ipotizzava che i motivi dell’addio forzato fossero legati ai malumori della Segreteria di Stato e, in particolare, del ministro degli Interni vaticano, monsignor Giovanni Angelo Becciu, verso alcuni commenti espressi da Boffo durante le dirette degli eventi che avevano come protagonista Papa Francesco. L’allora direttore dell’emittente aveva raccontato in diretta di aver ricevuto richiami da parte della Segreteria di Stato vaticano e, per questo, era stato licenziato.
Dopo il licenziamento, il giornalista ha da subito sostenuto che la decisione della Cei non era applicabile. Per giustificare le sue affermazioni, Boffo citava proprio questa clausola presente nel suo contratto, inserita dopo le vicende legate allo scoppio del “caso Boffo”. Nel 2009, infatti, il quotidiano Il Giornale, di proprietà della famiglia Berlusconi e allora diretto da Vittorio Feltri, diede il via a una campagna di attacchi, poi risultati infondati, nei confronti dell’allora direttore di Avvenire che, da molti, venne definita “diffamatoria“, tanto da costringere Boffo a chiedere le dimissioni, appoggiate anche da Papa Benedetto XVI, al cardinale Angelo Bagnasco. Il quotidiano milanese, in seguito alle critiche rivolte dall’allora direttore di Avvenire a Silvio Berlusconi, pubblicò documenti relativi a una fantomatica condanna di Boffo per molestie, emessa dal Tribunale di Terni, e altri che, invece, avrebbero provato la sua presunta omosessualità.
Il 3 febbraio, intanto, è fissata al Tribunale di Roma l’udienza nella causa intentata da Boffo per danni morali, in seguito al licenziamento ritenuto “ingiurioso” dalla tv della Cei. In quella sede è citato anche il vertice della Conferenza Episcopale Italiana, tra cui il segretario generale, monsignor Nunzio Galantino. L’azione legale, specificano i suoi legali, è volta a garantire “l’integrità personale nel senso più ampio, la reputazione e il decoro professionale, costruiti in decenni di limpida attività costantemente concordata e verificata con l’Editore”.