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LuxLeaks, Juncker: “Non ci sono conflitti d’interesse tra me e le indagini”

“Non ci sono conflitti di interesse fra la mia posizione di presidente della Commissione europea e le indagini aperte dalla Commissione”.  Jean-Claude Juncker ha così rotto il silenzio sullo scandalo dei LuxLeaks, gli accordi fiscali siglati fra il Lussemburgo e centinaia di multinazionali resi noti da un’inchiesta giornalistica internazionale, pubblicata nei giorni scorsi in 31 Paesi. “Per tutta la mia vita ho lavorato per promuovere l’armonizzazione fiscale in Europa”, ha aggiunto intervenuto a sorpresa nella sala stampa della Commissione. “Le Decisioni fiscali sono prassi consolidata, sono dichiarate legali dalla Commissione purché non discriminatorie e questo le leggi del Lussemburgo lo prevedono”.

Questa situazione, che porta ad “una tassazione molto bassa per alcuni, è frutto dell’imposizione fiscale non armonizzata in Ue e per questo ora sto annunciando che lavoreremo per quello”, ha poi detto.  Sul piano pratico la Commissione europea lavorerà a una nuova direttiva per lo scambio automatico di informazioni sui tax ruling, gli accordi fiscali anticipati siglati fra il fisco di un Paese Ue con le aziende.”E’ stato un errore, per me, non parlare prima. Avrei dovuto pensare che ci sarebbero potuto essere tutte queste conseguenze. Avrei dovuto dare le risposte che sto dando oggi – ha quindi ammesso – ho proposto che la Commissione introduca una direttiva che permetta alle imprese di scambiare le informazioni sulle tax ruling”. In pratica “si dovranno informare gli stati membri, mi sembra essere l’unica possibilità per conferire il tasso di trasparenza di cui abbiamo bisogno a un settore delicato” quale quello fiscale. Juncker ha inoltre spiegato che nell’ambito del G20 proporrà di ampliare il sistema che sarà messo a punto dall’Ue “a tutta l’attività finanziaria internazionale, perché l’Europa deve essere una forza propulsiva”.

Le dichiarazioni sono arrivate a due giorni dall’editoriale con cui l’agenzia Usa Bloomberg aveva chiesto le dimissioni di Juncker ricordando il ruolo dell’ex primo ministro lussemburghese mentre il Paese diveniva un polo attrattivo fiscale “per almeno 340 compagnie globali, per non dire dei fondi d’investimento con almeno 3.000 miliardi di attivi netti, secondo solo agli Stati Uniti” facendo della sua popolazione la più ricca dopo il Qatar. Al centro delle accuse la segretezza bancaria “in stile svizzero” e “l’elusione fiscale benedetta dal governo” che ha prodotto, secondo Bloomberg, un’aliquota effettiva per le aziende arrivata fino allo 0,25 per cento.

La Commissione europea ricordava ancora l’editoriale “stava già conducendo un’indagine sugli accordi fiscali del Lussemburgo. Juncker ha detto che non interferirà, ma a questo punto potrebbe servire meglio il progetto europeo dimettendosi”. Anche perché “in questo momento sarebbe difficile esagerare l’importanza di ristabilire fiducia nella Ue”. Anche se tutto ciò si sapeva prima della sua nomina, secondo l’agenzia stampa le rivelazioni del consorzio di giornalisti investigativi Icij hanno messo la vicenda lussemburghese sotto gli occhi dell’opinione pubblica in un modo che “sfida la credibilità dell’Ue“. “Juncker non ha fatto nulla di illegale e non corre il rischio immediato di essere rimosso. Ma per la Ue sarebbe meglio se si dimettesse”, è stata la conclusione.

Ma le dimissioni non ci saranno. “Sono credibile quanto lo è lei”, ha risposto Juncker a chi martedì gli chiedeva se si ritenga ancora in grado di guidare l’esecutivo comunitario. Le agevolazioni fiscali? “Questa è la legge lussemburghese, e quanto fatto corrisponde a norme nazionali e internazionali”.  Concetto ribadito e rafforzato poi in Aula del Parlamento Ue. “Non mi scuso per quello che ho fatto per il mio Paese. Non ho mai dato istruzioni per un dossier fiscale in particolare. I ministri delle Finanze non devono dare istruzioni alle amministrazioni e le amministrazioni non sono tenute a riferire ai ministri delle Finanze – ha detto Juncker – Non dipingetemi come il grande amico del grande capitale”. Secondo il presidente della Commissione in Lussemburgo “il diritto tributario è sempre stato rispettato e non mi risultano pratiche illegali” e la questione Luxembourg leaks nasce dal fatto che “probabilmente c’è stato, questa è la mia impressione, un eccesso di ingegneria fiscale come in altri Paesi. L’eccesso interpretativo è stato possibile perchè c’è un’intersezione di sistemi tributari nazionali divergenti e differenti”. Questo, ha ribadito, “è il risultato della non armonizzazione fiscale in Europa”. Inoltre, ha fatto notare il lussemburghese, “le decisioni tributarie anticipate esistono in ventidue Paesi e quindi non siamo davanti a una specificità lussemburghese ma a un fenomeno diffuso”.

Il presidente della Commissione si è quindi detto sicuro che verrebbe rieletto alla guida dell’esecutivo Ue.  La commissaria Ue alla Concorrenza, Marghrete Vestager, “dispone di una larga autonomia e non intendo intervenire nelle sue decisioni” sulle indagini sugli accordi fiscali fra il Lussemburgo e le imprese, ha garantito. “Se intervenissi – ha aggiunto – perderei qualunque tipo di autorità. La Commissione continuerà il suo lavoro”.