Alla faccia della crisi dell’home video. La “banda anarchica” di distribuzione cinematografica RaroVideo compie 15 anni. E l’annuncio spedito come nota stampa recita che il compleanno verrà festeggiato il 13 novembre 2014, direttamente sulla 67esima strada di New York, all’Italian Trade Commission, dove verrà lanciata l’edizione in Blu-Ray de Il Conformista di Bernardo Bertolucci. Astenersi non cinefili. Perché dalla mente di Gianluca e Stefano Curti, oltreché dai suggerimenti preziosi di Enrico Ghezzi, nel novembre 1999 nacque la sfida di raccogliere in vhs, dvd e dal 2015 perfino su piattaforma web on demand, ogni sorta di rarità cinematografica proveniente dall’universo mondo.
“Ancora ricordo l’aspro confronto lungo un anno con mio fratello Stefano che proveniva da Londra con un bagaglio culturale musicale”, spiega al fattoquotidiano.it Gianluca Curti, presidente RaroVideo, nonché produttore cinematografico di film di Abel Ferrara, Asia Argento e Marco Risi, “l’idea finale fu quella di un’etichetta indipendente trasversale e sperimentale delle immagini in movimento per l’home video”. Detto, fatto. Il primo prodotto sfornato è Vinyl di Andy Warhol, poi seguono i lavori di Bill Viola, Carmelo Bene, Jan Svankmajer, Alejandro Jodorowsky, Derek Jarman, Shinya Tsukamoto, l’opera omnia di Fernando Di Leo, il recupero dall’oblio di Romano Scavolini; e ancora negli anni a venire Chabrol, Lynch, Kieslowski, Rocha, Wakamatsu, Il generale della Rovere di Roberto Rossellini, La Rabbia di Pier Paolo Pasolini e Giovanni Guareschi, Sbatti il mostro in prima pagina di Marco Bellocchio, La classe operaia va in paradiso di Elio Petri.
Circa 230 titoli in catalogo, cinema di genere e d’autore, frutto di un attento lavoro di restauro del negativo originale con brani e spezzoni inediti sempre nel rispetto del volere filologico degli autori, e ricchissimi di contenuti extra. Opere tutte rintracciabili sul sito www.rarovideo.com dove basta digitare un complesso nome proprio in giapponese e il film mica esce: “In 15 anni abbiamo costruito un mondo. Un lavoro che ci è stato riconosciuto in Europa, in Giappone e negli Usa”, continua Curti, “Nel 2013 eravamo a cena a New York con il nostro socio americano Lorber e un critico del New York Times ci avvicina e ci dice, ‘Pare che alla Library of Congress abbiano trovato il 16mm originale di Fear and Desire di Kubrick’. Ora è nel nostro catalogo e viene venduto in tutto il mondo”. Parecchi i casi “limite” di cui la famiglia RaroVideo va fiera: Totò che visse due volte di Ciprì e Maresco, ma anche quando con i due fratelli Curti che non sanno una parola di giapponese e il regista Shinya Tsukamoto che non ne sa una d’inglese si incontrano e firmano per distribuire Tetsuo I e II: “Noi abbiamo un gruppo di fedelissimi acquirenti cinefili che oserei definire il “nicchione”. Loro ci sono. Sembra assurdo, ma la crisi ha fatto scendere i nostri affari del 30-40%, mentre per i prodotti mainstream si parla di crollo del 60-70%. Noi non ci arrendiamo e per questo a gennaio 2015 lanciamo una piattaforma web on demand dove ci rivolgiamo anche alle nuove generazioni under 30”.
Le generazioni cinefile post Nouvelle Vague cambiano, ma i Curti di certo non si fermano, anche se a qualche tradizione consolidata della loro visibilità pubblica hanno dovuto rinunciare. A partire da quello spazio fuori dal Palazzo del Cinema durante il Festival di Venezia che quest’anno è scomparso: “Non c’eravamo perché tra la recessione, il buco con gli scavi di fianco al Casinò, ci hanno pure proposto un affitto insostenibile. Nel 2004 pagavamo 3mila euro, nel 2013 eravamo a 8500. Alberto Barbera è un amico, ma gli ricordo con pacatezza che noi in uno spazio di 3 metri per 3 abbiamo portato aggregazione e pubblico e nessuno ci è venuto incontro”. Eppure ai festival ancora fibrilla quel fermento di scoperta, di mercato dell’invisibile e del raro, linfa vitale per i ragazzacci romani: “Piccoli o grandi che siano rimangono spazi d’incontro, ricchezza e divulgazione. Già in Italia abbiamo perso il Mifed di Milano nel 2004 ora tra i festival di Venezia, Torino e Roma io non vorrei chiudesse e venisse sacrificato nessuno. Certo Venezia non è ancora riuscita a costruire un mercato e Roma quasi; viceversa Roma non ha i titoli d’autore di Venezia, ma noi non possiamo permetterci di cancellare nessuna kermesse altrimenti quello spazio verrebbe occupato da qualcun altro nel mondo – chiosa Curti – Ma vi ricordate cos’era Berlino non più di dieci anni fa? Ora è diventato un luogo mastodontico dove ogni anni devono inventare nuovi spazi per vendere e distribuire i film prodotti. Ricordiamoci sempre che un euro investito in cinema ne porta a casa 3”.