Il deputato democratico, promotore della nuova commissione d'inchiesta, commenta la richiesta del pg di Roma di indagare per concorso in omicidio l'ex funzionario Usa consulente di Cossiga. "Il Pci in versione 'europea' non piaceva né al Kgb né alla Cia"
“Steve Pieczenik stava al ministero dell’Interno per manipolare le Brigate rosse e arrivare all’omicidio di Aldo Moro“. Così Gero Grassi, vicepresidente dei deputati Pd e promotore della nuova commissione parlamentare d’inchiesta sul sequestro e l’assassinio del leader Dc commenta la decisione del pg di Roma Luigi Ciampoli di inviare gli atti alla Procura perché indaghi sull’ex funzionario del Dipartimento di Stato Usa – e consulente al Viminale dell’allora ministro Cossiga – a carico del quale ci sono ““gravi indizi circa un suo concorso nell’omicidio”. E’ stato lo stesso Pieczenik, in un libro pubblicato nel 2008, a raccontare di aver organizzato una “manipolazione strategica che ha portato alla morte di Aldo Moro al fine di stabilizzare la situazione dell’Italia”. Secondo Grassi, lo stesso Cossiga, deceduto nel 2010, ha suffragato questa tesi affermando di essere stato lui “a uccidere Moro, decidendo di non trattare”.
Storie già emerse e scritte negli atti parlamentari, ma la novità è che oggi un magistrato mette nero su bianco, in una richiesta di archiviazione, la possibile apertura di un’inchiesta incentrata sul ruolo del funzionario Usa. “Noi non sappiamo se il 16 marzo 1978 in via Fani, al momento della strage della scorta e del sequestro di Moro, fossero presenti uomini dei servizi stranieri”, spiega Grassi. “Di sicuro è stata registrata la presenza di una moto Honda con due passeggeri, che però non sono stati identificati. Ma sappiamo anche che in tutta la vicenda hanno avuto un ruolo servizi e organizzazioni straniere: Cia, Kgb, Mossad, Stasi, Eta…”.
L’ipotesi è dunque che il progetto brigatista sia stato strumentalizzato per fini geopolitici: “Con Berlinguer, Moro voleva portare il Pci nell’orbita europea per dare luogo, in Italia, a una moderna democrazia dell’alternanza”, afferma il deputato democratico. “Non si trattava soltanto del compromesso storico, ma di una svolta che non andava bene né agl Usa né all’Urss. Non dimentichiamo che durante il sequestro Moro, la Pravda accusò Berlinguer di essere un traditore perché voleva allontanare il Partito comunista dalla sfera d’influenza sovietica”.