Un vibratore comprato in un sexy shop. E messo in conto nei rimborsi della Regione. Era proprio per un sex toy, la voce che circolava all’inizio, e non per un altro articolo da sexy shop, come in ambienti giudiziari era emerso successivamente, quello scontrino da 80 euro che la guardia di finanza di Bologna aveva contestato a Rita Moriconi (Pd. La consigliera democratica è indagata insieme a 40 colleghi e ad un’impiegata per i rimborsi regionali, la cosiddetta inchiesta delle spese pazze appena chiusa dalla procura bolognese con l’invio degli avvisi di fine indagine. Il colpo di scena, che in realtà è sulla scia di quanto la consigliera dem aveva dichiarato (“un mio collaboratore? Non posso escluderlo”), è arrivato oggi, quando proprio un uomo dello staff della Moriconi quattro anni fa, Rosario Genovese, ex socialista reggiano, destinatario tra l’altro di un gran numero delle consulenze affidate dal Partito democratico oggetto di indagine, si è presentato in Procura per rilasciare dichiarazioni spontanee.
Sarebbe stato lui, il 29 novembre 2010, ad acquistare in un sexy shop di Reggio Emilia il vibratore contestato, giustificato come nell’insieme di scontrini “pranzi o cene di lavoro e hotel con amministratori locali su politiche regionali”. Genovese ha fatto sapere di essere disponibile a parlare, ma non è stato ricevuto dai pm, impegnati in altre attività. Sull’acquisto del sex toy rendicontato al consigliere regionale del Pd Rita Moriconi, Rosario Genovese – che si è presentato in Procura questa mattina – ha spiegato che “è una spesa mia personale fatta per acquistare oggetti atti al confezionamento di un regalo-scherzo per un amico che di lì a poco avrebbe compiuto gli anni, quindi non riferibile a una spesa che io possa avere fatto mentre ero in missione o per attività legate alla mia attività di collaboratore del gruppo consigliare Pd e della stessa consigliera Moriconi”. Genovese si dice “certo di aver commesso un errore materiale, in quanto mai e poi mai avrei chiesto un rimborso per una spesa personale e soprattutto riferibile a materiale di quel tipo; certo è che quanto avvenuto, visto che è stato erroneamente presentato, non poteva saperlo la consigliera Moriconi. Quando si commette un errore è corretto ammetterlo e spiegare cosa è successo, ho fiducia nella magistratura e spero si possa appurare che è stato un errore materiale, non intenzionale e attenderò con fiducia cosa la magistratura deciderà in merito”.