La voce più famosa della pallacanestro italiana racconta la sua passione in un libro (edito da Baldini&Castoldi) in cui si incrociano storie di sport, autobiografia e spaccati del Paese
La storia di una passione che migliora l’esistenza. Perché il basket non è vita o morte, ma aiuta nel quotidiano e si fa metafora dell’impegno civile da perseguire in altri e più importanti campi. Chi un po’ conosce Flavio Tranquillo poteva aspettarsi che Altro tiro, altro giro, altro regalo (Baldini&Castoldi, 240 pagine, 16 euro, da oggi in libreria) non sarebbe stata una semplice sfilza di fatti legati al come, quando e perché la voce italiana più famosa tra gli appassionati di basket si è innamorata del Gioco, rigorosamente con la g maiuscola. Sfruttando le curve che disegnano l’approccio e l’evoluzione del rapporto tra l’uomo e la pallacanestro – prima solo tifoso, poi arbitro, allenatore e giornalista – Tranquillo cesella spunti anche su legalità, rispetto dei ruoli e delle regole, coerenza e giustizia. Temi cari e al centro del suo primo libro, I dieci passi, un dialogo con il giudice palermitano Mario Conte.
Il basket è il centro gravitazionale, l’unico vero “reality show”, attorno al quale grazie a partite memorabili, personaggi chiave ed esperienze personali sgorga un invito agli amanti del Gioco affinché attraverso un approccio nuovo si possa rispettarlo e migliorarlo. La strada passa per il campo e la vita, che non sono la stessa cosa ma si incrociano e si sovrappongono per lunghi tratti. Espone opinioni non dogmi, ma la forza con le quali vengono argomentate le rende salde. Il resto lo fa la cura certosina nel documentare (basti pensare alle 300 penne che scrivono in 50 sfumature diverse di colori per preparare le partite) e l’amore, sbocciato nel giorno di Ognissanti del 1975 al PalaLido di Milano. Quasi quarant’anni nel corso dei quali Tranquillo ha abbandonato la veste di tifoso senza perdere quella di appassionato e attento osservatore guidato dall’esercizio del dubbio, pronto a esercitare la critica e a rendere vivo omaggio a chi è capace di emozionarlo.
Tra una fitta aneddotica sui protagonisti del gioco, da Michael Jordan a Bob McAdoo, e i richiami a Dalla Chiesa, Falcone e Borsellino spunta anche una precisa analisi della finale scudetto del 1989 tra Livorno e Milano, ritornata d’attualità proprio in questi giorni per un’altra ricostruzione apparsa nel libro del magistrato Pierfrancesco Casula. Tranquillo resta ai fatti, alle testimonianze dei protagonisti e a quanto con i suoi occhi vide in via Allende. Una giornata crocevia, quel 27 maggio, nella quale capì che le posizioni di tifoso e giornalista erano inconciliabili come e quanto individualismo e basket, sport che più di ogni altro esalta il gruppo. Dove il termine non sta per ‘annullamento del singolo’ ma è inteso come la capacità di mettere al servizio della squadra le proprie capacità per raggiungere un risultato comune anche attraverso le doti morali, catalizzatrici di energia. In uno sport che si gioca in un campo ristretto, a ritmi altissimi, non può che vincere l’insieme.
Nei quattro capitoli, uno per ogni ‘quarto’ di gioco, guardandosi allo specchio, Tranquillo, sempre più sciolto e vibrante, come se avesse a lungo tenuto dentro questa lunga dichiarazione d’amore, oggi compiuto e maturo, prende in esame i protagonisti base del Gioco: giocatori, allenatori, arbitri e media. Oltre al pre-game, la palla a due e l’overtime, delicato passaggio nel quale rivive il suo distacco professionale dal basket italiano avvenuto in seguito a continui attacchi legati anche alla necessità di mettergli per forza addosso la casacca di questa o quella squadra. Una cultura respinta al mittente.
Alla sirena finale chi ama già la pallacanestro avrà davanti motivazioni e stimoli per ricercare o migliorare la sua collocazione nella ‘tribù’, grazie a una storia di passione che non lascia indifferenti; chi ha raggiunto il suo zenit nella famiglia del basket e non ne è soddisfatto, si ricorderà che è bello farne parte a prescindere. Alcuni forse inizieranno ad amarlo, ognuno continuerà a vedere a modo proprio ogni partita. E magari qualcuno penserà che vale la pena cambiare approccio e iniziare a rispettare un po’ di più il Gioco stesso e le idee degli altri, non solo quelle relative al basket. Praticando l’analisi e inseguendo la miglior prestazione prima che il risultato, alla Tranquillo.