Musica

Battiato e Joe Patti’s Experimental Group live: tra sentimento ed elettronica

di Giuseppe Pagano

Un ritorno alle origini che celebra lo stupore del moderno. Questo è lo spirito che ha guidato Franco Battiato nell’avventura elettronica che, con il sound engineer Pino “Pinaxa” Pischetola, ha dato vita a “Joe Patti’s Experimental Group”, la nuova fatica discografica del multiforme ingegno del Maestro. Battiato ha voluto mettere alla prova il suo progetto anche con un tour, il “Joe Patti (experimental live group)”, che da fine ottobre sta toccando molte città italiane. Il passato sperimentale del Battiato a cavallo tra il ‘71 e il ‘74 è quasi come un convitato di pietra durante la prima parte del concerto. Un passato che riaffiora grazie all’accompagnamento del fedele Pinaxa ai live electronics e del pianista Carlo Guaitoli.

Sulle prime, il pubblico è un po’ disorientato dalla suite elettronica a cui sta assistendo, anche se non mancano mai gli applausi. Con l’imperturbabilità di moderni musicisti da camera, Battiato e compagni eseguono una sequenza serrata che accoglie gran parte dei nuovi pezzi. Tra distorsioni, fasce accordali di sinth, vocalizzi filtrati e campionamenti, compare anche la lezione minimalista americana, soprattutto quando le mani del Maestro si posano sul pianoforte con “Klavier” e la seconda metà di “Come un branco di lupi”. Nella prima parte del live la voce è un elemento usato con parsimonia: compare in “Leoncavallo”, che cita “Le pareti del cervello” di “New Frontiers”, oppure nelle strofe in tedesco de “L’isola elefante”, che citano “Shakleton”. Ed è sempre la voce di Battiato a regalare, più avanti, un’onirica versione di “No U Turn”.

Sul lato più strumentale, incanta l’ascesi intramolecolare incarnata da “Cern”, in grado di poter competere in solennità lisergica con il contemporaneo Burial o con gli antichi Popol Vuh. Nella setlist si nota, però, l’assenza importante di “Proprietà proibita”, nocciolo dell’operazione retrofuturista del nuovo disco. Ma ecco che il concerto cambia rotta con l’attacco de “L’ombra della luce”. Da questo momento in poi, Battiato canta con il volto diretto verso il pubblico, snocciolando ciò che i suoi fan vogliono sentire. L’artista, tuttavia, sorprende ancora una volta, e lo fa scegliendo le sue frecce da un repertorio meno noto. Su tutte, brillano le versioni di “Secondo imbrunire” e “Il re del mondo” al pianoforte. Il beat de “L’incantesimo” è reso a sua volta più trascinante dalle programmazioni di Pinaxa, mentre il medley “Fornicazione-No Time No Space” scatena l’entusiasmo del pubblico. Il giro di piano che accompagna, poi, “Lode all’inviolato” regala una potenza evocativa da brividi.

Nella prima encore il Maestro, con ironia, accenna a “una canzone degli anni 60 per distrarvi” prima di intonare un’emozionante “Te lo leggo negli occhi”. Non tardano ad arrivare anche le hit come “La stagione dell’amore”, “Prospettiva Nevskij” e “La Cura”. Fra richieste del pubblico e applausi crescenti, i tre chiudono infine il live con “E ti vengo a cercare”. Un’ora e mezza di spettacolo ha appagato tutti, sia coloro che volevano risentire il Battiato delle ardite “meccaniche elettroniche” degli esordi, sia coloro che attendevano i “sentimenti popolari” trasmessi dai successi del cantautore. Forse si poteva osare di più sulla prima parte, dando mano meno rassicurazioni al pubblico. Rimane però il fatto che il live amplifica le potenzialità del disco in modo sensazionale. Ben pochi nomi in Italia possono vantare un ringiovanimento artistico come Battiato, intendendo per gioventù non la ricerca del consenso, ma l’instancabile ricerca della prova personale.

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