Il consorzio nato da 5 atenei è diventato il più importante centro di calcolo in Italia. Uno status ambiguo tra pubblico e privato gli ha consentito di ricevere fondi pubblici con affidamenti diretti, ora al vaglio di Consiglio di Stato e Corte dei conti. Poi la grana dei test di medicina. E il Fisco reclama 12 milioni
Ente pubblico non profit al servizio dell’Istruzione. Ma anche soggetto privatissimo, che con l’attività d’impresa fa fior di affari. Su questa ambiguità di fondo l’informatica di Stato ha fatto crac, illuminando di colpo un buco nero che inghiotte milioni e restituisce errori su errori, insieme a un codazzo di episodi di mala gestione che si trascina pesanti ipotesi di danno erariale. Parliamo di Cineca, il consorzio interuniversitario tornato alla ribalta delle cronache per la vicenda del flop dei test di medicina che a fine ottobre ha gettato nel panico 12mila candidati. I vertici hanno annunciato le dimissioni, i dipendenti si sono accollati la colpa del “mero errore materiale” dello scambio di tracce per via telematica. Fine della storia? Non proprio perché scavando più a fondo si scopre che la vulnerabilità dei servizi erogati dal consorzio non è un fatto episodico. Si ritrova, ad esempio, nella relazione degli ispettori della Ragioneria Generale dello Stato che ha inchiodato la gestione della direzione ricerca del Miur retta da Antonio Agostini, l’uomo appena nominato dal governo a capo della sicurezza nucleare. In questo caso, si tratta del “potenziamento” dell’infrastruttura informatica utilizzata per la gestione dei fondi comunitari per la ricerca. Costatato quattro milioni di euro, il sistema non permetteva neppure di rilevare le duplicazioni dei richiedenti e dei progetti a valere su diverse linee di finanziamento, tanto che per evitare doppioni si è tornati a incrociare manualmente i dati su classici fogli di Excel. Che cosa hanno in comune questi episodi? L’erogazione “facile”, forse troppo, di soldi pubblici. Dove facile sta per senza gara, in affidamento diretto e dunque senza una reale garanzia che il fornitore unico Cineca fosse quanto di meglio sul mercato in termini di efficienza, capacità tecnica e convenienza del servizio.
Da tempo la questione è nel mirino di diverse autorità di controllo: l’Autorità garante per la concorrenza del mercato (Agcm), la Corte dei Conti, fino al Consiglio di Stato. ll punto è lo stesso per tutte: se l’ordinamento del consorzio è quello di un organismo “in house”, in sostanza un prolungamento del ministero stesso, allora è corretto che abbia ricevuto negli anni finanziamenti e commesse per milioni di euro affidati direttamente, bypassando le procedure di gara, le valutazioni comparate delle offerte di altri operatori, sempre in nome di uno scopo di servizio ancorato al pubblico e sganciato dal profitto. Viceversa, se è un soggetto con personalità giuridica privata e opera sul mercato facendo attività d’impresa, allora gli affidamenti da parte del Miur dovevano passare per gare ad evidenza pubblica, con tutto quel che ne discende.
Sul punto, si diceva, dovrà pronunciarsi il Consiglio di Stato che lo stesso Miur ha interpellato nel dicembre 2012. Il quesito però è ancora lì. Il Cds è andato tre volte in adunanza, due volte lo ha discusso e una volta rinviato, chiedendo al Miur di fornire ulteriore documentazione (che non è mai arrivata). Nell’adunanza del 13 febbraio il presidente della seconda sezione del Consiglio ha firmato un parere interlocutorio e riassunto così i termini della questione: “Una società partecipata dal pubblico per poter essere incaricata direttamente della gestione di un compito non deve presentare alcuni caratteri, tra i quali la presenza di privati al capitale sociale o anche la mera previsione statutaria di una futura ed eventuale privatizzazione; la presenza di previsioni statutarie che permetterebbero alla società di acquisire una vocazione commerciale tale da rendere precario il controllo da parte dell’ente pubblico”.
Proprio la situazione di Cineca, che da piccola centrale informatica del Nord diventa un colosso nazionale che muove 40 milioni di euro l’anno tra costi e ricavi. La sigla sta per “Consorzio interuniversitario per la gestione del centro di calcolo elettronico dell’Italia nord orientale”. Nasce nel 1977 per fornire a cinque università elaboratori e sistemi informatici. Nel tempo si fa largo, aderiscono 80 università e l’attività si estende a settori d’intervento diversi e su tutto il territorio nazionale. Anche la fisionomia originaria di soggetto “non profit” cambia: nel 2008 assume la definizione di persona giuridica privata sottoposta alla disciplina tributaria degli enti commerciali, dal 2011 è iscritta al registro delle imprese di Milano. La conferma della mutazione nei conti: nel triennio 2009-2011 – stima la magistratura contabile – il consorzio rilevava che solo il 5% dei ricavi derivava dalla produzione “istituzionale”, cioè da progetti di ricerca affidati prevalentemente dal Miur. Il 95% dei ricavi proveniva dalla “produzione commerciale”: università, enti di ricerca, imprese industriali e amministrazioni pubbliche e private.
Nel luglio 2013, su impulso del Miur, si perfeziona poi un’operazione di fusione per incorporazione dei consorzi Cilea e Caspur, con l’ingresso di nuovi soggetti privati tra i quali Bocconi, Cattolica e Iulm. Cineca, con 700 dipendenti sparsi tra Bologna, Milano e Roma diventa così il più importante centro di supercalcolo in Italia. Una posizione dominante che l’Antitrust ha messo nel mirino fin dal 2010, rilevando come la nuova configurazione risulti “ostativa alla sussistenza del requisito della partecipazione pubblica totalitaria e pertanto alla legittimità di un affidamento diretto da parte del Miur secondo il modello dell’“house”. E quindi, in soldoni, le gare per servizi vanno fatte. Il che non è avvenuto, né per il software Java su cui si sono svolte le prove dei test di medicina né per il potenziamento delle strutture informatiche a supporto dei fondi europei.
Quest’ultima partita è forse meno clamorosa ma porta allo stesso nodo che sta a monte delle performance del Cineca. Gli ispettori del Mef nella loro relazione, conclusa lo scorso aprile, analizzano il contratto tra Cineca e la direzione per la ricerca, responsabile della gestione dei fondi comunitari, avviato con un decreto firmato da Antonio Agostini: 3,8 milioni a valere su fondi europei destinati al “potenziamento” dell’infrastruttura. Un affidamento avvenuto senza gara perché i consorzi universitari, Cineca ma anche il Cilea, as usual vengono fatti passare come aziende completamente pubbliche.
Il risultato finale, anche in questo caso, lascia parecchio a desiderare. Si legge a pagina 32 del rapporto: “Alla luce della documentazione analizzata non ha reso un servizio soddisfacente in termini di performance”; e ancora: “Non è riuscito ad integrare i diversi sistemi e a evitare duplicazione dei dati inseriti”. Le unità di valutazione e controllo dei progetti finanziati dalla Ue svolgono “sulla base di una file excel da loro stessi elaborato e manualmente alimentato e che opera senza comunicare e/o attingere dati dai diversi gestionali utilizzati”. Una situazione – concludono gli ispettori – “conseguenza di un’architettura informatica mal congegnata e di un uso delle risorse destinate all’ICT decisamente non efficiente”.
Lo stesso Miur risulta consapevole dei gravi problemi del sistema informatico. A pagina 68 gli ispettori riportano parte di un verbale firmato dal comitato di valutazione Far (Fondo agevolazione ricerca) del 18 aprile 2012: “Allo stato attuale – si legge – non vi è completa informatizzazione dell’iter istruttorio di valutazione dei progetti presentati nell’ambito delle iniziative Pon (…) in particolare il sistema Sirio non consente la gestione della fase di supplemento istruttorio della domanda, per cui tale fase è gestita extra sistema senza tracciabilità informatica delle eventuali variazioni trascorse”. E ancora, qualche pagina dopo: “L’elaborazione delle risultanze definitive è stata effettuata manualmente dai componenti perché non è disponibile alla data attuale (febbraio 2011) il sistema informatico Sirio aggiornato”. Situazione che porta gli ispettori ad annotare un duro commento: “Si conferma la fragilità del supporto informatico che, a dispetto dell’impegno finanziario sostenuto dal Miur, si dimostra inefficiente in quasi tutte le fasi fondamentali di esame dei progetti di ricerca”.
L’ibrido pubblico-privato ha prodotto anche problemi gestionali e danni alle casse del consorzio e a quelle pubbliche. L’anno scorso la procura regionale della Corte dei Conti ha contestato ai vertici del Cineca oltre 5 milioni di euro per danno erariale a causa dell’indebita imputazione di alcune voci di spesa relative a contratti di lavoro e consulenze. La Gdf nel 2007 aveva passato al setaccio gli archivi imbattendosi ancora nella “anomalia”: dal 2006 il Cineca era assimilato a ente pubblico, impiegati e dirigenti venivano però assunti con contratti di natura privatistica. Il caso più eclatante è quello di un ex dirigente del Cineca, andato in pensione nel 2004 dopo 30 anni di attività ma rimasto “a libro paga” con un contratto di consulenza da 100.000 euro l’anno, quasi il doppio di quanto guadagnava da dipendente. Un altro accertamento compiuto nel 2009 sul triennio 2004-2006 ha permesso poi di rilevare debiti col Fisco per 8 milioni di euro di tasse non versate. Il pubblico ministero Antonello Gustapane aveva anche aperto un procedimento penale contro l’ex presidente, Mario Rinaldi, per dichiarazione infedele, poi archiviato perché veniva riconosciuta la sua buona fede: perfino chi dirigeva il Cineca aveva oggettive difficoltà ad individuare l’esatta “collocazione giuridico fiscale” del consorzio che avrebbe poi determinato l’errore. Ancora lui, il buco nero che inghiotte soldi e restituisce problemi.
Aggiornato il 10 agosto 2017 senza alcuna richiesta dell’interessato– I procedimenti penali e gli accertamenti contabili nei confronti di Antonio Agostini citati in questo articolo nel 2017 hanno dato esito ad archiviazioni e proscioglimenti: il Gup di Roma lo ha prosciolto, nell’ambito del procedimento N.56860/14 RGNR con sentenza 23/5/2017, mentre il Gip di Roma ha, altresì, archiviato, su richiesta della Procura, il procedimento penale RGNR5756/15. Si è concluso con l’archiviazione anche il procedimento contabile instaurato dinanzi alla Corte dei Conti del Lazio con decisione comunicata il 21/2/2017.