Il lavoro nobilita l’uomo. Ma quale lavoro? Il posto fisso non esiste più, con o senza l’articolo 18, per quello chi ce l’ha se lo tiene stretto. E’ come un piano tariffario telefonico così buono che l’operatore non lo vende più: chi ce l’ha non lo cambia di certo.
Gli uffici sono pieni di gente che sta a scaldare la sedia tutto il giorno per giustificare il proprio stipendio, mentre le persone più creative e intraprendenti vengono parcheggiate in un angolo. Non c’è spazio per le novità ma solo per operazioni commerciali già collaudate con guadagno sicuro o rischio calcolato.
In particolare gli uffici marketing delle aziende digitali, quelle della new economy per capirci, sono pieni di persone molto spesso incompetenti che passano le giornate a discutere con i loro sottoposti del nulla: la larghezza del pulsante, il colore dell’intestazione, se scrivere “gratis” grande o grandissimo.
Poi ci sono gli analisti: persone che trascorrono la propria vita a guardare tabelle su fogli excel per capire se vendeva di più il pulsante verde largo 35 pixel con scritto “gratis” o il pulsante rosso largo 25 con scritto “gratis” (in minuscolo).
Tutto per vendere di più un prodotto a qualcuno che non lo vuole. Ma che lavoro è?!
Se Steve Jobs avesse ragionato così, a quest’ora probabilmente non ci sarebbe (almeno) un computer in ogni casa, spenderemmo una fortuna per ascoltare la musica che ci piace e ci perderemmo ancora nei labirintici menu dei nostri cellulari solo per togliere la suoneria. Il progresso, purtroppo o per fortuna, ha bruciato tanti posti di lavoro e ne distruggerà sempre di più.
Pensate alla Kodak, fatta fallire dalle fotocamere digitali ormai di serie in tutti gli smartphone, o a Blockbuster, mandato in bancarotta dal download peer-to-peer e dallo streaming via Internet, o ancora ai negozi di abbigliamento che non possono più competere con gli store online che vendono le stesse cose a metà prezzo.
Dovunque lavora un commesso, un operatore, un intermediario in generale, potrebbe esserci un posto da tagliare, un impiegato da sostituire con un software, una persona che presto o tardi si ritroverà in mezzo a una strada senza reddito.
Gli esseri umani dovrebbero ripensare totalmente il sistema che regola le proprie esistenze. La natura si adatta magnificamente ai cambiamenti dell’ecosistema, l’essere umano no: continua a pensare al passato invece che al futuro.
Ma, se è vero che a sopravvivere non è la specie più forte né la più intelligente ma quella che si adatta meglio al cambiamento, allora mettiamo a lavorare le macchine; impieghiamo la nostra intelligenza per fini più nobili del profitto; nobilitiamoci con la musica, i film e l’arte in generale, una delle poche cose che ci contraddistingue dagli animali. Chi l’ha detto che con la cultura non si mangia? Tremonti, appunto.
Altrimenti si rischia che molti finali dei film di fantascienza diventino realtà: un giorno le macchine potrebbero sviluppare una propria intelligenza e decidere che sia giunto il momento della nostra estinzione, sempre che nel frattempo non ci saremo scatenati addosso una guerra termonucleare che abbia già distrutto il pianeta.